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Mercoledì 03 GIUGNO 2015
Screening neonatale. Troppe le differenze tra Regioni. Un progetto dell’Iss per ridurle e favorire l’adozione di un modello nazionale

Obiettivo principale è stato fornire gli strumenti per consentire lo sviluppo e l’applicazione di un programma di screening neonatale esteso che riduca le differenze sull’intero territorio nazionale attraverso l’elaborazione di programmi di politica sanitaria e la messa a punto di strategie regionali organizzative. Il fine è un modello nazionale che tenga conto dell’equità, ma anche della sostenibilità e qualità dei programmi

In Italia, i programmi di screening neonatale per le malattie congenite sono caratterizzati da evidenti differenze in ambito regionale, sebbene lo screening neonatale rappresenti uno degli strumenti più avanzati della pediatria preventiva. Accanto allo screening neonatale per la diagnosi precoce di Fenilchetonuria, Ipotiroidismo congenito e Fibrosi Cistica, obbligatorio in Italia dal 1992 (art. 6 L.104/92) e che raggiunge per le prime due malattie una copertura totale, coesistono diversi modelli regionali di programmi di screening neonatale per le malattie metaboliche ereditarie (MME) che includono lo screening facoltativo (utilizza test analitici tradizionali) e più recentemente lo screening neonatale esteso (SNE) in cui la spettrometria MS/MS è in grado di analizzare più metaboliti contemporaneamente in un’unica goccia di sangue.
 
E’ soprattutto in riferimento allo SNE, che la situazione italiana è caratterizzata da una forte disomogeneità, riflettendo peraltro ciò che accade nel contesto europeo e internazionale, come dimostrato da uno studio europeo coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità.
 
Lo SNE consente, mediante un semplice test, di identificare in modo precoce neonati a rischio per MME per molte delle quali sono disponibili trattamenti e terapie che, se intrapresi precocemente, sono in grado di modificare la storia naturale della malattia. L’assenza di linee condivise di intervento a livello nazionale riguardo l'organizzazione, sviluppo e mantenimento dei programmi di SNE,  ne riduce il potenziale beneficio e gli effetti sul miglioramento dello stato di salute della popolazione.
 
In tale direzione, assumono particolare rilievo i risultati del progetto “Screening neonatale esteso: proposta di un modello operativo nazionale per ridurre le diseguaglianze di accesso ai servizi sanitari nelle diverse regioni”, i cui risultati sono stati presentati al Convegno sullo Screening Neonatale Esteso svoltosi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità, il 28 Maggio 2015.
 
Il progetto, finanziato dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie del Ministero della Salute, è stato coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare, Istituto Superiore di Sanità. I soggetti partner del progetto sono stati: il Ministero della Salute, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, il Coordinamento del Tavolo Interregionale per le Malattie Rare e Società Scientifiche quali, la Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e per gli Screening Neonatali (SISMMESN) e la Società Italiana di Genetica Umana (SIGU).
 
Obiettivo principale del progetto è stato fornire gli strumenti per consentire lo sviluppo e l’applicazione di un programma di SNE che riduca le differenze sull’intero territorio nazionale. Grazie alla realizzazione di specifici obiettivi, è stato possibile analizzare lo stato dell’organizzazione dei sistemi di screening già esistenti in Italia. Dalla complessa analisi dei dati ottenuti, è stato possibile valutare l’inquadramento generale delle attività di SNE, l’elenco delle MME sottoposte a screening in ogni regione e i criteri di selezione utilizzati, le procedure generali e specifiche per lo SNE (es: età del neonato, bisogni assistenziali speciali, etc.), personale sanitario e risorse strumentali dei laboratori per lo SNE, organizzazione, reperibilità e servizi offerti dai centri clinici di riferimento. Ciò che è emerso è stato uno spaccato dell’Italia molto eterogeneo.
 
Secondo i risultati acquisiti, 9 Regioni e una PA attuano lo SNE, in particolare, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna eseguono lo screening in Regione. Umbria e Molise si appoggiano a laboratori extra-regionali (Toscana e Lazio, rispettivamente), mentre Bolzano esegue lo SNE in ambito extra-nazionale (Austria). Il Veneto, la Lombardia e le Marche hanno iniziato il loro programma SNE in tempi successivi all’inizio di tale progetto. In 6 regioni e 1 PA  (Emilia Romagna, Liguria, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria e Bolzano), la percentuale di copertura dello SNE è totale (100% dei nati in regione), in due regioni (Lazio e Sicilia) è compresa tra il 40%-60%, mentre in Campania è di poco inferiore al 15%. In metà delle Regioni i programmi di screening sono disciplinati da delibere regionali, in un’altra metà da progetti pilota. I laboratori dedicati allo SNE sono presenti in ognuna delle suddette Regioni, il numero degli spettrometri MS/MS varia da un minimo di 2 ad un massimo di 6 per Regione (il loro impiego non è esclusivo per lo SNE). La scelta dei programmi di assicurazione di qualità variano da regione a regione.
 
In 7 Regioni (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Sardegna, Sicilia e Toscana) i centri clinici  di riferimento per la presa in carico dei neonati con MME diagnosticati con SNE, sono già centri clinici inclusi nella rete nazionale delle malattie rare (DM 279/2001). Per quanto riguarda la loro organizzazione, i risultati evidenziano che la gestione del bambino è multidisciplinare, alle visite specialistiche si può accedere tramite richiesta del pediatra di famiglia, con cui vi è una condivisione delle attività diagnostiche, di follow-up e terapeutiche.
 
Tuttavia, non in tutti i centri clinici vi è un ambulatorio unico dedicato, la riabilitazione neuromotoria non è presente spesso all’interno della stessa struttura, e il servizio di disponibilità medica specialistica H24 non sempre è garantito. In tutte le Regioni, è prevista la richiesta di un counselling genetico e nella maggior parte dei casi, la figura del dietista è inserita nell’equipe multiprofessionale. Servizi di presa in carico H24 per l’emergenza metabolica, nonché di Terapia intensiva neonatale e pediatrica sono disponibili in 9/10 casi. Particolarmente delicata è l’assistenza dell’adulto con MME non sempre condivisa con gli specialisti dell’adulto, in assenza di protocolli di gestione dedicati. Per quanto riguarda le MME incluse nel panel di analisi, i dati ottenuti evidenziano una certa eterogeneità: dalle 23 MME della Emilia Romagna sottoposte a screening, si passa alle 46 della Campania e della Sicilia, alle 49 della Liguria. Un altro importante obiettivo raggiunto dal progetto è rappresentato dalla definizione - attraverso l’identificazione di specifici criteri di selezione - delle MME da includere nel programma nazionale di SNE, la loro distinzione in panel primario, secondario e terziario, nonché il raggruppamento delle MME in malattie ad alto o basso rischio di scompenso metabolico, fondamentale per la raccomandazione al richiamo immediato del neonato.
 
Tra gli altri risultati raggiunti dal progetto, vi è la definizione del flusso ottimale che lo spot ematico deve seguire dal momento del prelievo presso i punti nascita sino al laboratorio di screening, le sue modalità di conservazione per garantire l’integrità del campione e la sua tracciabilità. Una parte del progetto è stata dedicata allo studio ed elaborazione di considerazioni sull’informativa e sul consenso informato, tra i temi affrontati, il trattamento dei dati personali, la conservazione e uso post-screening del campione, la comunicazione dei risultati dello SNE e di quelli incidentali hanno richiesto particolare impegno. L’obiettivo della formazione e divulgazione dei risultati del progetto è stato conseguito grazie alla realizzazione di brochure informative per i cittadini, la pubblicazione di documenti scientifici nazionali e internazionali, l’organizzazione di incontri scientifici e la preparazione di un corso di formazione a distanza per medici ed altre categorie professionali sui diversi aspetti legati alla prevenzione delle MME.
 
Allo stato attuale, i risultati del progetto rappresentano un solido quadro di orientamento e confronto per l’elaborazione di programmi di politica sanitaria e la messa a punto di strategie regionali organizzative al fine di costruire un modello nazionale che tenga conto dell’equità, ma anche della sostenibilità e qualità dei programmi di SNE.
 
La scomposizione degli attuali programmi di SNE in ulteriori processi di analisi sui bisogni di salute della popolazione target e l’impiego di appropriati strumenti di monitoraggio e controllo, anche in future attività progettuali, potrebbero contribuire a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei programmi di SNE in ogni regione.
 
Domenica Taruscio 
Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare, Istituto Superiore di Sanità, coordinatrice del progetto

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