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Venerdì 10 LUGLIO 2015
Basta con i privilegi alla sanità universitaria



Gentile direttore,
nessuno stupore ci coglie, nel leggere la ‘raccomandazione’ inviata dal presidente del CUN Andrea Lenzi al Ministro Giannini. Anche se la parola desta qualche perplessità: nel caso di una norma di legge sarebbe stato meglio chiedere "l'applicazione", ma evidentemente il lessico usato è ritenuto più consono agli accademici.
 
Ha ragione il prof. Lenzi a denunciare le "Troppe disparità nei rapporti tra Università e Ssn”, visto  che: 
- i medici ospedalieri vanno in pensione prima dei colleghi universitari (ammesso che ancor prima non vengano "esuberati", come in Toscana, o rottamati), e lui stesso ha avuto modo di argomentare dottamente sull'argomento;
 
- i medici ospedalieri per diventare Direttore di struttura complessa devono superare un concorso pubblico, mentre gli universitari vengono "nominati" con un semplice "atto d'intesa" tra il direttore generale dell'azienda e il Rettore che dà parere vincolante sulla sua nomina;
 
- vi è una palese "disparità nell'attribuzione degli incarichi assistenziali", soprattutto  di quelli di elevato livello e maggiore rilevanza economica, dato che per i colleghi universitari, non solo non valgono  le norme che penalizzano le risorse economiche a disposizione di noi ospedalieri, ma i cordoni delle borse di denari regionali sono sempre aperti al di là di ogni ragionevole dubbio.
 
Nel contesto specifico della "formazione",  è evidente la disparità non solo tra Regioni, ma soprattutto tra quello che succede in Italia e nel resto d'Europa.
 
In questi giorni così caldi, in cui argomento di attualità è il rispetto rigoroso delle norme europee in campo economico, palese  è lo strabismo del nostro governo nel non chiedere all'accademia medesimo rigore in un campo così delicato, importante e che consuma ingenti risorse economiche come quello della formazione specialistica  in campo medico e sanitario. L'Italia infatti è il solo tra i paesi europei in cui la formazione post laurea è dominio esclusivo dell'università, mentre nelle altre nazioni essa è svolta all'interno degli ospedali.  
 
Nel Dlgs. 368 del 1999: "Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi" nulla è detto su "la centralità delle Università nella formazione pre e post laurea", mentre molto è detto sulle modalità di formazione "sul campo", negli ambulatori dei medici di famiglia e in quelli specialistici, nelle corsie e soprattutto nelle sale operatorie degli ospedali. La questione poi della formazione in campo chirurgico è talmente paradigmatica in negativo da aver assunto ormai i caratteri di una farsa: troppo spesso infatti, per adempiere alle norme comunitarie, viene attestata l'effettuazione come primo operatore di un numero e di una tipologia d'interventi che talora è addirittura incompatibile con i volumi di attività della struttura universitaria cui sono assegnati.  
 
Un mistero glorioso capire come ciò sia possibile.
 
Ci associamo quindi al grido di dolore dell'esimio accademico e chiediamo sommessamente al Ministro, ed al governo di cui fa parte, semplicemente di applicare quelle che sono le norme in tema di formazione specialistica e le prerogative che - come quelle rivendicate dai colleghi universitari - sono riconosciute dalla legge ai medici ospedalieri.
 
Se per "Una buona scuola" si deve "Cambiare verso", e vogliamo che i nostri giovani si facciano strada nella vita "Perché conoscono qualcosa e non qualcuno", cominciamo dal rispetto delle regole, per non darla vinta ai simpatici abitanti della fattoria di Orwell per i quali: "tutti gli animali sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri ". La sanità universitaria non può continuare a chiedere ed ottenere di comportarsi come variabile indipendente dalla condizioni economiche del. Paese. E in periodo di balcanizzazione diffusa, finanche delle competenze professionali, chiedere ed ottenere l’unico atto centralistico della sanità italiana quale un modello unico di convenzione regione università, a prescindere da piani di rientro, debiti, esiti e regolamenti nazionali. Continuando ovviamente a nascondere i costi reali ed a subordinare le necessita assistenziali a quelle didattiche, vere o presunte che siano, con i risultati che solo chi non vuole vedere non vede.
 
Gerardo Anastasio
Componente Direzione Nazionale Anaao Assomed

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