quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 03 AGOSTO 2015
La spending review in sanità: questioni e proposte

Dalla ristrutturazione dei sistemi di offerta sanitari, sociosanitari e sociali alla medicina difensiva, dagli investimenti nell'eccellenza al ripristino del fondo per le infrastrutture sanitarie. Queste alcune proposte per rendere sostenibile e più efficiente e sostenibile il nostro Ssn.

L’intervista rilasciata a Repubblica da parte del Commissario alla revisione della spesa Yoram Gutgeld ha generato non pochi commenti tra gli addetti ai lavori, sulla stampa e sui social network, non tanto per il titolo, certamente sopra le righe rispetto ai contenuti, quanto per la modalità: appare il caro, vecchio, taglio lineare. Le domande prevalenti che arrivano dai professionisti e che si leggono sulla stampa e sui social media sono: questi 10 miliardi saranno tagliati o no? Che destinazione avranno le risorse eventualmente recuperate: rimarranno in sanità o finiranno copertura del debito?
 
Noi propendiamo per la prima ipotesi che l’attuale Ministro ha sempre sostenuto con forza, ovvero che i soldi risparmiati in sanità vadano a finanziare l’innovazione in sanità, che oggi, dopo i tagli ai fondi per le politiche sociali degli ultimi anni (oltre il 60% dal 2008 al 2015), vuol dire anche garantire livelli di prestazioni sociali adeguate ad un Paese, considerato dall’OCSE, tra i migliori erogatori di welfare del mondo e la cui spesa per abitante è al di sotto della media dei grandi Paesi occidentali. Un trend, questo, che obbliga però ad una soluzione “de facto”: l’unificazione delle Politiche Sociali con la Salute, sia al livello centrale che regionale, per poter programmare azioni di prevenzione che evitino un aumento del disagio che si trasformerebbe immediatamente in ricadute onerose per i conseguenti costi pubblici da esso derivati (in particolare sanitari).
 

Stiamo comunque parlando di un Servizio Sanitario Nazionale che va inevitabilmente incontro a un incremento di domanda di salute da parte di una popolazione sempre più anziana; al contempo, siamo di fronte ad una “grandinata” di nuovi farmaci estremamente efficaci ma ad un costo che sarà difficile contenere considerata la normativa “trasfrontaliera” e i magistrati che (davanti ad un’evidenza) impongono giustamente le cure. Stiamo quindi parlando, anche, di un SSN che ha bisogno di investimenti.
 
Come raggiungere questi obiettivi non è compito di Federsanità-ANCI: è il Governo ha proprio questo mandato. Tuttavia, partendo da queste necessità, spending review ed investimenti, e da alcune nostre osservazioni degli ultimi anni sul sistema di welfare nazionale possiamo, andando oltre le polemiche, tentare un esercizio complicato: offrire qualche spunto di riflessione costruttivo con qualche proposta.
 
1. La ristrutturazione dei sistemi di offerta sanitari, sociosanitari e sociali.
Accanto alla revisione della spesa attuale emerge una seconda azione complementare, anche se piuttosto complessa: la ristrutturazione dei sistemi di offerta sanitari, sociosanitari e sociali. E’ evidente che un vero salto di qualità nell’allocazione della spesa pubblica si raggiungerà solo attraverso la profonda riorganizzazione degli attuali sistemi di offerta lungo due direttrici:
A. La maggiore integrazione possibile tra i servizi sociali, sociosanitari e della sanità territoriale da riarticolare in adeguati ambiti territoriali, di solito, dalla dimensione sovracomunale;
B. Un deciso cambio di scala per quanto riguarda l’organizzazione aziendale delle reti ospedaliere per cui la classica dimensione provinciale (peraltro non attuata in alcune Regioni) è ormai diventata troppo angusta.
E’ nello spazio aperto tra questi due ‘tensori’, il primo orientato verso i bisogni complessi di salute dei singoli e delle comunità, il secondo orientato verso le condizioni di efficienza della produzione aziendale, che diventa possibile raggiungere un livello ben maggiore di qualità nella spesa pubblica di settore.

La proposta
Per riorganizzare e ristrutturare il sistema dei servizi sociali e socio-sanitari bisogna però partire da codifiche univoche dei servizi resi (oggi ancora molto diversificata tra gli EE.LL. e le ASL) e per questo serve accelerare l’approvazione del nomenclatore nazionale delle prestazioni e dei servizi sociali a rilevanza sanitaria e di quelli socio-sanitari, abbinarci il relativo nomenclatore tariffario. Obbligare tutti gli enti preposti (Aziende sanitarie e Comuni) a trasferire i dati necessari utilizzando i codici del nomenclatore. Si metterebbe così sotto controllo circa il 50% della spesa sanitaria.
 
2. La medicina difensiva
Il punto prevalente dell’intervista a Gutgeld parla di modalità con cui combattere l’eccesso di medicina difensiva e di inappropriatezza (ovvero un considerevole numero di esami, prestazioni specialistiche e diagnostiche, stimato nell’ordine dell’11% della spesa sanitaria complessiva) che, riteniamo, non si possa gestire solamente attraverso la minaccia di riduzione della retribuzione (accessoria, immaginiamo) ma deve basarsi soprattutto sulla condizione di sufficiente tranquillità del medico rispetto a possibili problemi legali.
Come ottenere questa tranquillità è una questione dibattuta da lungo tempo e mai risolta. Sarebbe necessario che un medico potesse relazionarsi con un paziente avendo accesso alla sua storia clinica completa ed applicare linee guida uniformi per prendere decisioni appropriate e mettersi al riparo da conseguenze legali sproporzionate al contesto che sempre più frequentemente finiscono nel penale. In realtà il medico dovrebbe poter sapere tutto sulla storia clinica del paziente attraverso il Fascicolo Sanitario Elettronico, una volta che sarà effettivamente disponibile in tutte le Regioni italiane.
Il ministro Balduzzi, con la legge 189/2012, provò a mitigare tali conseguenze introducendo con l’art. 3 la seguente norma: "L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.”
Tuttavia, a legislazione vigente, rimane a carico del professionista sanitario l’onere di dimostrare di essersi attenuto a “linee guida e buone pratiche”. Ma in Italia esistono linee guida nazionali, regionali, di ASL, di distretto e quelle delle molteplici società scientifiche di settore e, in questo contesto frazionato e nel dubbio, il magistrato di solito condanna la ASL o il medico.
Ricordiamo, inoltre, che i cugini francesi, con una popolazione (65,5Ml – 60,3Ml) ed un sistema sanitario simile al nostro hanno una spesa assicurativa per responsabilità civile medica di circa 600 Ml/€ contro la nostra che supera 1,2 Mld/€.

Le proposte
Il Ministero della Salute, attraverso l'Istituto Superiore di Sanità-ISS, costituisce la banca dati delle linee guida nazionali per patologia.
Rapidamente e per tutti gli interventi sanitari, sia ospedalieri che territoriali, le Aziende Sanitarie devono adottare formalmente dei PDTA (Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali). I PDTA stessi devono essere resi pubblici attraverso i siti delle singole Aziende Sanitarie e quello dell’ISS (anche per garantire i medici in caso di contenzioso medico-legale). Nei PDTA devono essere esplicitati i dati elementari da memorizzare e condividere durante tutte le fasi del singolo percorso e il sistema di indicatori per valutarne l’andamento; il Sistema Nazionale delle Nomenclature dovrà fornire una codifica univoca per tali dati elementari e per i relativi sistemi di indicatori.
Rapidamente e per tutte le patologie croniche le Aziende Sanitarie Locali devono adottare formalmente dei Protocolli Integrati di Cura (PIC). I PIC stessi devono essere resi pubblici attraverso i siti delle singole Aziende Sanitarie Locali e quello dell’ISS. Nei PIC devono essere esplicitati i dati elementari da memorizzare e condividere durante tutte le fasi del processo di cura e il sistema di indicatori per valutarne l’andamento. Il Sistema Nazionale delle Nomenclature dovrà fornire una codifica univoca per tali dati elementari e per i relativi sistemi di indicatori.
Mutuare la Legge francese del 4 marzo 2002, denominata Kouchner, per attenuare il ricorso alla procedura penale da parte degli avvocati nei confronti dei medici.
• Creare un sistema di accreditamento nazionale governato da ISS, sul modello dell’Haute Autorité de Santé (HAS) francese.
 
3. Gli investimenti
Per ottemperare all’assunto di riduzione della spesa senza intaccare i livelli di servizio è necessario investire nell’eccellenza e disinvestire da tutto ciò che non genera valore. Il punto è però conoscere, misurare, valutare, e il sistema informativo sanitario (NSIS) è ancora oggi molto debole, come lo sono, con le dovute eccezioni, la maggior parte dei sistemi regionali ed aziendali. Inoltre, di fronte all’incremento della popolazione anziana, va incentivato l’utilizzo di tecnologie innovative per il controllo a distanza. È qui che bisogna investire massicciamente per garantire uniformità decisionali e, soprattutto, di livelli di servizio, nella digitalizzazione della sanità.
Sicuramente una buona spinta al raggiungimento di questi obiettivi può darla l’aggregazione delle centrali di acquisto ma con un’attenzione: la filiera della catena di acquisto non garantisce affatto l’appropriatezza se non accompagnata da un successivo monitoraggio delle modalità di utilizzo e, soprattutto, se non preceduta da un’analisi del fabbisogno reale che eviti gli sprechi, ottimizzi le funzioni di magazzino e non consenta acquisti in emergenza (la famosa siringa estremamente esosa).

Le proposte
il Ministero della Salute, attraverso l'ISS, istituisce il centro di HTA nazionale per i dispositivi medici (ISS già li approva).
Unitamente alla contabilità analitica devono essere implementati rapidamente i costi effettivi (HRG), più comunemente chiamati costi standard, delle singole prestazioni sanitarie erogate nell’ambito del SSN. Allo scopo occorre prevedere che il Sistema Nazionale delle Nomenclature contenga la codifiche di tutti i dati elementari necessari per tale contabilità.
Dal 1/1/2016 tutte le prestazioni sanitarie, anche effettuate in regime privatistico o libero professionale, vanno trasmesse ai FSE regionali (oggi obbligo solamente per le strutture pubbliche del SSN, anche se oltre il 30% delle prestazioni viene erogato dai convenzionati).
Rapidamente il Ministero della Salute predispone un tariffario nazionale relativo all’uso delle tecnologie per le prestazioni operate attraverso la telemedicina (per ogni prestazione già prevista dal tariffario attuale, il valore complessivo della prestazione eseguita tramite telemedicina non potrà superare i livelli di valorizzazione attuali della prestazione a cui si riferisce).

4. Ex art. 20
Dicevamo pocanzi: investire nell’eccellenza e disinvestire da tutto ciò che non genera valore. Ed allora viene subito chiaro un altro punto da prendere in considerazione: la nostra penisola è ancora piena di ospedali costruiti nella prima metà del secolo scorso e da diversi decenni la concezione delle strutture ospedaliere è cambiata moltissimo ed i nuovi ospedali, a parità di prestazioni erogate, hanno costi di manutenzione inferiori di un decimo rispetto ai primi, garantendo una sicurezza del paziente molto maggiore.

La proposta
È necessario ripristinare il fondo per le infrastrutture sanitarie, magari modificandone le modalità di assegnazione e legandolo al ridisegno della rete ospedaliera dei territori.
Anche questo è un modo per riallocare risorse e rendere più efficiente la nostra sanità che, ribadisco, nonostante tutto rimane tra le eccellenze che il mondo ci riconosce.
 
Enzo Chilelli
Direttore Generale Federsanità Anci 

© RIPRODUZIONE RISERVATA