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Venerdì 02 OTTOBRE 2015
Appropriatezza. Diamo i numeri, ma quelli veri



Gentile direttore,
assistendo a tutte le polemiche di questi giorni verrebbe voglia di dire che molti danno i numeri. E allora diamoli davvero questi numeri ricordando che i dati Agenas riferiti al 2012 parlano di 9 milioni di ricoveri e di 1 miliardo di prestazioni ambulatoriali. Ora qualcuno mi dovrebbe spiegare come si pensa che il controllo su 208 prestazioni possa in qualche modo incidere sulle liste d’attesa globalmente intese. Chiaramente non è possibile.
 
In secondo luogo parliamo dell’aspetto economico. Il ministro Lorenzin ha detto in una trasmissione televisiva che la spesa per la medicina difensiva è di 13 miliardi di euro. A questi si devono aggiungere i costi assicurativi, amministrativi gestionali ed indiretti per circa un altro miliardo. Quindi il risparmio previsto di 108 milioni di euro rappresenta circa lo 0,8% di questo enorme spreco. Una cosa ridicola.
 
Con una stima molto conservativa si potrebbe dire che la riduzione del 20-30% delle spese per la medicina difensiva comporterebbe un risparmio di 24-36 volte superiore a quello che si spera di ottenere con questo provvedimento. Mi domando allora perché non si procede rapidamente all’approvazione del progetto di legge sulla responsabilità medica che giace in Parlamento e che rappresenta la sintesi di vari progetti di legge che sono stati presentati negli anni (ben 7 di cui sono a conoscenza).
 
Questo progetto verrebbe incontro alla maggior parte delle criticità che noi come Cimo avevamo evidenziato in più di un’occasione con articoli su quotidiani ed in vari convegni:
introduzione del concetto di alea terapeutica (quando ad esempio vi siano effetti avversi non prevedibili dovuti all’uso di un farmaco o rischi insiti ed ineliminabili in una determinata procedura);
percorsi extragiudiziali per la risoluzione del contenzioso con automatica remissione della querela in presenza di un accordo risolutivo;
sistema No Blame regionale con assicurazioni di tipo mutualistico finanziate anche con i risparmi derivanti dalla riduzione della medicina difensiva; riduzione dei termini di prescrizione;
tetto ai risarcimenti; obbligo dell’introduzione nelle Aziende di una vera prevenzione del rischio;
applicazione del concetto di lite temeraria con diritto di rivalsa nei confronti di coloro che intentano cause strumentalmente senza alcun fondamento clinico;
inversione dell’onere della prova nelle cause civili, albi dei periti costituiti con criteri stringenti che certifichino la professionalità di chi indiscutibilmente contribuisce al formarsi del giudizio.
 
Bisogna però riconoscere che almeno dal punto di vista generale il ministro ha ragione nell’indicare l’inappropriatezza come una distorsione dell’agire del medico. E’ vero. E’ però vero che questo provvedimento dimentica due cose. La prima è che in mancanza di una legge che riconsideri la responsabilità professionale questi presunti risparmi saranno finanziati direttamente dai cittadini perché il medico prescriverà gli esami messi al bando su un ricettario personale ed il paziente se li dovrà pagare di tasca propria. La seconda è che nel rapporto medico paziente entra in gioco una serie molto grande di variabili.
 
Non esiste la malattia esiste il malato con il proprio vissuto individuale ed anche con le proprie caratteristiche peculiari e le proprie aspettative. Ricordiamoci che in un tempo relativamente breve siamo passati dall’età degli antibiotici con un medico “onnipotente” ed un rapporto medico paziente incentrato prevalentemente sull’aspetto “tecnico”, all’età delle patologie degenerativo metaboliche con svolta eziologica da agente monocausale a diversi fattori di rischio e teleologica, con passaggio da una guarigione garantita ad una guaribilità problematica.
Quale professione si trova a dover gestire problemi enormi legati ad elementi quali il limite della terapia, l’eutanasia, il problema delle scelte, i diritti dell’embrione e del neonato, le tecniche di fecondazione assistita, la proprietà del genoma, la clonazione terapeutica e riproduttiva, la sperimentazione sull’uomo, i trapianti?
 
Vogliamo veramente continuare a burocratizzare una professione come questa, vogliamo andare verso una scomparsa della clinica con tutte le sue conseguenze come l’estensione indebita del metodo analitico tecnico ed impersonale, la riduzione del paziente a mero oggetto fisico, l’impossibilità di dare una definizione oggettiva quantitativa di salute e di malattia e di dare una definizione di cosa sia una “vita degna di essere vissuta”?
 
Perciò dico ai medici, riprendetevi la vostra professione ed accettate le enormi responsabilità che comporta. Solo così potrete tornare ad  essere i protagonisti del governo clinico.  Ai politici ricordo che, come diceva Rawls, le persone, per promuovere il più possibile i propri interessi, devono stabilire istituzioni sociali per il mutuo vantaggio. Persone impegnate a progettare una società giusta sceglierebbero di organizzare un servizio sanitario nazionale al fine di assicurarsi di non essere mai privati di un intervento medico necessario.
 
Quindi è giusto risparmiare ed evitare gli sprechi e tutti devono responsabilmente concorrere a perseguire questo obiettivo. Ma basti tagli alla Sanità (una delle migliori dei Paesi sviluppati).
Tagliate da altre parti e non c’è bisogno che vi si dica dove.
 
Sergio Barbieri
Vicepresidente Nazionale CIMO

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