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Martedì 03 NOVEMBRE 2015
Medicina estetica. Sies attacca Report: “Affermazioni false e strumentali per delineare contorni che non appartengono al settore”

Dopo la Sime, anche la Società italiana di medicina e chirurgia estetica interviene contro la puntata “Belli da paura” andata in onda su Rai 3 la scorsa domenica. La Sies, tramite uno studio legale, ha avanzato delle richieste di rettifica alla trasmissione per alcune affermazioni “contrarie a verità” riportate in maniera strumentale per mettere in cattiva luce l’intero settore.

Anche la Società italiana di medicina e chirurgia estetica (Sies) interviene su quanto andato in onda la scorsa domenica nel corso della puntata “Belli da paura” della trasmissione Report, avanzando tramite uno studio legale alcune richieste di rettifica. Le affermazioni “contrarie a verità” riportate dalla trasmissione, a parere della Sies sono state “strumentalmente utilizzate al fine di delineare dei contorni che non appartengono certamente al settore della Medicina Estetica, tutta”.
 
“Se alcuni professionisti operano in detto settore senza aver conseguito la benchè minima preparazione, in spregio alle normative amministrative e regolamentari dettate in materia di autorizzazioni sanitarie, commettendo illeciti di rilevanza penale anche mediante l’uso di prodotti da tempo ritirati dal commercio la responsabilità è loro, e loro soltanto, sottolinea la Società italiana di medicina e chirurgia estetica.
 
Riportiamo di seguito le affermazioni contestate e le risposte fornite dalla Sies.

Milena Gabanelli: “.....la medicina estetica è terra libera: ci sono più controlli per le toilette di una pizzeria che non per aprire un ambulatorio per ritocchi umani...”.
“Tutte le norme funzionali all’autorizzazione e apertura di ambulatori destinati all’erogazione di prestazioni sanitarie, trovano fondamento nel Testo Unico delle Leggi Sanitarie R.D. 1256/1934, nella Legge di riforma del Sistema Sanitario Nazionale 833/1978, poi seguita dal D.Lgs 229/1999 e dal D.Lgs 502/1992 – spiega in una nota la Sies -. In particolare, poi, i requisiti minimi strutturali degli ambienti sanitari deputati all’erogazione delle prestazioni sono dettati dal DPR 14 gennaio 1997 ‘Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private’. Le singole Regioni, poi, hanno emanato gli atti normativi regionali che sono andati a specificare i requisiti c.d. ulteriori, il cui possesso è necessario per ottenere il titolo autorizzativo. Tutti gli atti citati, se approfonditi, restituiranno l’evidenza di come l’apertura di un ambulatorio medico sia molto complessa, di come i controlli sanitari siano assai stringenti e tesi a verificare il possesso dei requisiti richiesti dalle leggi nazionali e regionali, e di come detti requisiti non possano essere paragonati a quelli richiesti per la ‘toilette di una pizzeria’”.
 
Milena Gabanelli: “...ti puoi fidare solo del medico: se è responsabile utilizza prodotti collaudati, se è più audace sperimenta direttamente sul paziente, utilizzando le novità delle cause farmaceutiche...”.
“I Filler sono dei prodotti classificati nella categoria dei ‘Dispositivi Medici in Genere’ disciplinati dal D.Lgs 46/97 che definisce il dispositivo medico come: ‘... uno strumento, un apparecchio, un impianto, una sostanza o altro prodotto usato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell’uomo a scopo di: diagnosi, prevenzione, controllo, terapia, o attenuazione di una malattia diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico intervenuto sul concepimento purchè non eserciti l’azione principale nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici, né mediante processo metabolico, ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi’. I dispositivi medici in genere – prosegue la Sies - sono suddivisi in quattro distinte classi, I, IIa, IIb, III secondo i criteri dettati dall’allegato IX dello stesso decreto, che attengono esclusivamente alla criticità del dispositivo stesso e alla sua destinazione d’uso. I dispositivi di classe I, dunque, sono quelli che riportano minori rischi in ordine alla pericolosità, i dispositivi di classe III, sono quelli di più importante criticità. Per essere immessi in commercio devono rispondere alle caratteristiche illustrate negli allegati del decreto citato, e ottenere la marcatura CE che ne attesta, appunto, la conformità. Non sono sperimentati in fase pre-market, ma sono accompagnati per l’intero periodo di commercializzazione dal sistema di Vigilanza, nato per la valutazione degli incidenti segnalati dagli operatori sanitari e, se del caso, alla divulgazione delle informazioni al fine di prevenire altri incidenti dello stesso. Tutti i dispositivi medici regolarmente in commercio e dotati di marcatura CE possono essere utilizzati dal medico, poiché la loro sicurezza è ‘certificata’, non esiste pertanto alcuna sperimentazione sul paziente da parte dei medici utilizzatori, e alcuna ‘audacia’ nella scelta di un prodotto rispetto ad un altro, atteso che un prodotto in commercio e dotato delle certificazioni richieste dal D.Lgs. 46/97 è un prodotto di legale utilizzo”.
 
Giovanna Boursier: “Il problema è che su questi prodotti ci sono pochissimi controlli perché sono classificati come presidi medici, cioè come una siringa o un termometro, e anche la sperimentazione si fa quasi sempre sul paziente”.
“Come già ampiamente illustrato, i prodotto utilizzati in medicina estetica quali Filler appartengono alla categoria dei Dispositivi Medici in Genere disciplinati dal D.Lgs. 46/97. I Presidi Medici – prosegue la Sies - sono categoria di prodotti radicalmente diversa, vi appartengono disinfettanti, insetticidi, insettorepellenti, topocidi e ratticidi e sono disciplinati dal D.P.R. 392/1998. L’affermazione, pertanto, è del tutto priva di fondamento alcuno. Risulta inesatta, altresì, l’affermazione circa l’omogeneità della categoria di appartenenza tra una siringa e un termometro rispetto al filler, atteso che le regole di classificazione di cui al D.Lgs. 46/97 distinguono sensibilmente la classificazione dei prodotti citati, dal filler di impego in medicina estetica e le relative classi di appartenenza”.

Giovanna Boursier: “Con una laurea in medicina, senza alcuna specialità, puoi rifare seni, nasi, blefaroplastica. Tutti interventi che si fanno in anestesia...”.
“L’esercizio delle professioni mediche sancisce che l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi dà diritto al libero esercizio della professione senza alcuna limitazione in merito all’attività specialistica, salvo per la radiodiagnostica e per la anestesiologia, per l’esercizio delle quali è necessario il titolo di specialista. Con la laurea in medicina e chirurgia – spiega la Sies - è possibile, pertanto, non solo ‘rifare seni, nasi, blefaroplastica’ ma anche intervenire in ogni altra branca chirurgica anche ben più critica come la cardiochirurgia, la chirurgia generale ecc”.

Maurizio Vignoli: “Oggi purtroppo, nel campo dell’estetica, puoi fare un corso di tre giorni sulle tecniche di filler, andare in ambulatorio di un dentista, se non nel retrobottega di una parrucchiera, e cominciare tranquillamente a fare punture nel viso delle persone.”
“Come già ampiamente chiarito – spiega ancora la Sies - il medico chirurgo in possesso dell’abilitazione può esercitare, lecitamente, in ogni branca della medicina, eccezion fatta che per la radiologia e la anestesiologia. Ciò posto, i luoghi deputati all’erogazione delle prestazioni sanitarie sono quelli ben individuati dalle leggi sanitarie dettate in materia, ovvero studi medici autorizzati. L’affermazione per la quale il medico estetico possa inoculare filler ‘in ambulatorio dal dentista, se non nel retrobottega di una parrucchiera’ è falsa e strumentale, tesa a screditare il settore professionale dei medici estetici. Il Dr. Vignoli, interrogato sul punto dalla Dr.ssa Boursier, ha addirittura confermato la veridicità di tali gravissime false affermazioni”.
 
Maurizio Vignoli: “Non esiste una definizione di medico estetico, manca un regolamento perché non esiste una definizione di chirurgo plastico, chirurgo estetico, manca un regolamento perché non esiste la definizione per legge dove devono essere eseguiti gli atti medici.”
“La medicina e la chirurgia estetica hanno subito una importante evoluzione scientifica grazie al lavoro costante di taluni professionisti che, sin dagli ultimi cinquant’anni, si sono impegnati per il riconoscimento della liceità dei trattamenti oggetto delle due branche. Dagli anni ’50 ad oggi molte dinamiche sono mutate; agli esordi la medicina e la chirurgia estetica erano esercitate da un gruppo ristretto di professionisti che hanno avuto il merito di mettere a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza professionale al servizio dei colleghi. Oggi la chirurgia e la medicina estetica sono praticate da molti professionisti e il numero dei pazienti ai quali le cure sono rivolte risulta essere in continua espansione. I trattamenti medici, per poter essere ritenuti leciti, devono svolgere le funzioni alle quali sono deputati, ovvero la diagnosi e la terapia, a prescindere dalla singola branca di intervento, poiché se così non fosse tutti i trattamenti, compresi quelli di medicina estetica, risulterebbero illeciti in virtù del limite imposto dall’art. 5 del Codice Civile. trattamenti di medicina estetica sono rivolti, come qualsivoglia trattamento medico, alla cura di una determinata patologia. La dimostrazione si è avuta con l’immissione in commercio del primo farmaco avente finalità esclusivamente estetiche, avente quale principio attivo la tossina botulinica. Nel foglietto illustrativo del farmaco, alla voce ‘indicazioni’ si leggeva ‘XXX è indicato per il temporaneo miglioramento delle rughe verticali, di grado da moderato a grave...quando la gravità di tali rughe ha un importante impatto psicologico per il paziente’. Dalla disamina operata è possibile dedurre che i trattamenti medici esclusivamente indirizzati alla cura di dismorfismi corporei, possono essere ritenuti leciti solo ove questi siano idonei a curare l’impatto psicologico che il paziente subisce dalla permanenza del dimorfismo lamentato. Non si interviene, dunque, per prevenzione, ne per incrementare o prolungare lo stato di benessere del paziente, bensì per curare, in senso proprio, una patologia che consiste in quell’impatto psicologico per il paziente che legittima l’intervento del medico estetico. Non appare, pertanto, possibile accettare che ancora oggi si affermi che non vi è una definizione di medico estetico o di chirurgo estetico, e addirittura di chirurgo plastico, categoria questa ultima che possiede anche un percorso universitario di specialità. Risulta, del pari, inaccettabile l’affermazione per la quale in Italia non esisterebbe una normativa deputata alla definizione dei luoghi in cui gli atti medici devono essere eseguiti. Si indicano, ex multis, le linee guida della Regione Lazio propedeutiche al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria in favore degli studi medici di cui all’art. 4 comma 2 L.R. 4/2003”.
 
Marcella Melino: “...andrebbe fatto un regolamento...un odontoiatra può iniettare dei filler, per me può ricostruire quello che è parte dalla bocca, però la pelle del viso è compito di un odontoiatra o di un dermatologo?”
“Tale affermazione – conclude la Sies - non risponde a verità. Il settore della estetica periorale è stato puntualmente disciplinato a seguito di richieste espresse della Associazione mia cliente e del Collegio Italiano delle Società di Medicina Estetica, con un parere diramato dal Consiglio Superiore di Sanità. I confini dell’intervento dell’odontoiatra sono ivi ben tracciati, e al professionista è concesso di intervenire esclusivamente per cure connesse a quelle odontoiatriche e nella sola zona periorale”. 

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