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Lunedì 30 NOVEMBRE 2015
Come uscire dal vicolo cieco delle “non riforme” in sanità
Oggi non c’è un angolo del sistema sanitario che non dovrebbe essere riformato (professioni, lavoro, azienda, organizzazioni, spesa, ospedale, cure primarie, prevenzione, ecc.). Come fare? Riformare tutto ciò che le riforme sino ad oggi non hanno mai riformato
Ho capito:
· in sanità tutti fanno esattamente quello che possono e riescono a fare;
· le persone hanno dei plafond cognitivi e culturali, e il loro massimo è fatto da quei plafond, per cui è inutile rinfacciare loro di non fare abbastanza. I limiti limitano non c’è niente da fare.
Ho capito:
· i plafond però sono molto al di sotto di quello di cui la sanità ha realmente bisogno;
· dobbiamo trovare un modo per aiutare, diciamo la sanità, (per non offendere nessuno) a pensare quello che serve alla sanità;
· un modo potrebbe essere quello di fornire sempre alla sanità e sempre per non offendere nessuno, un ragionamento riformatore che li aiuti a pensare i problemi in modo diverso dal solito;
· un pensiero riformatore che valga come una riforma.
Ho capito:
· se non ci inventiamo qualcosa le cose si metteranno male;
· questo sistema si salva non se sarà controriformato come propone qualcuno ma se sarà riformato come non propone nessuno e come mai è stato riformato sino ad ora.
Alcuni interpretano i problemi della sanità a partire dai processi sovranazionali di natura macroeconomica, altri da processi socioculturali di natura antisolidaristica, altri ancora preferiscono una lettura istituzionale scaricando tutte le colpe o sul governo o sulle regioni o sulle aziende. Altri facendo la pipì fuori del vaso ragionano di domanda e offerta come se i diritti fossero delle patate. Altri invece nel tentativo lodevole di opporsi alle logiche definanzianti del governo, finiscono con il negare i problemi di sostenibilità quindi i rapporti difficili tra sanità e spesa pubblica per affermare una sorta di “a priori” categorico kantiano ,come i diritti, il lavoro, il contratto, la professione. Per costoro l’economia non dovrebbe esistere ma nello stesso tempo pensano che da essa meccanicamente derivino tutti i mali della sanità. Non male come contraddizione!
Sono diversi generi di spiegazioni tutti “però” rigorosamente esterni alla sanità come se la sanità (sempre per non offendere nessuno) fosse qualcosa di inerte totalmente in balia di ciò che accade fuori di essa e sopra di essa quindi senza alcuna responsabilità.
Personalmente non credo molto alle letture “meta” troppo distanti e separate dalla realtà storica della sanità e che le spiegazione primarie sui nostri problemi debbano certo tenere conto dei contesti ma soprattutto debbano partire prima di ogni altra cosa da dentro la sua realtà storica . Non si capisce la sanità fuori dalla sanità. Per capire i delitti serve conoscere bene i luoghi dei delitti. E di delitti in sanità, tutti impuniti a causa di amnesie collettive, ne sono stati consumati tanti.
Nello stesso tempo credo poco alle logiche meccaniche e deterministiche che configurano la sanità come un ingranaggio in un meccanismo cartesiano, perché prendo per buono quanto affermato da sir James Lighthill (presidente della International Union Theoretical and Applied Mechanics) quando presenta le sue scuse “per aver indotto in errore il pubblico colto diffondendo, a proposito del determinismo dei sistemi (...) delle idee che dopo il 1960 si sono rivelate inesatte”). Se vale per la fisica meccanica figurarsi per la sanità.
Non credo inoltre che esistano:
· complotti neoliberisti perpetrati ai danni della sanità, anche se è innegabile che essa si muove in un milieau neoliberista e che l’intermediazione finanziaria non vede l’ora di mettere le mani sull’out of pocket;
· strategie decise a tavolino per privatizzarla, anche se è innegabile che gli effetti delle politiche sanitarie in essere hanno effetti di privatizzazione;
· congiure contro i medici ,il lavoro, anche se gli effetti collaterali delle politiche di decapitalizzazione del governo sono molto pesanti;
· macchinazioni ordite per tenere la prevenzione ai margini del sistema.
A cosa credo?
· A ciò che so, che ho imparato in 40 anni ormai di sanità vissuta e pensata in tutti i modi possibili;
· che la sanità abbia una storia anche imbarazzante che i più hanno rimosso e che la stragrande maggioranza dei suoi problemi attuali compreso quello della sostenibilità derivino da questa storia;
· alla sanità nuda e cruda cioè alla complessità della sua realtà in nulla riducibile a questo o a quello;
· che la sanità non è idealizzabile essa è spudoratamente quella che è e a volte persino inquietante per la sua inettitudine e le sue insufficienze e soprattutto per la sua ipocrisia;
· che la sanità non è solo la vittima designata di politiche economiche avverse ma è anche l’artefice dei suoi mali… insomma non credo alla sua innocenza;
· che la sanità ha commesso molti errori, ha accumulato tanti ritardi, ha fatto scelte sbagliate di cui nessuno parla… ma che pesano come macigni di piombo sul nostro presente.
Credo ragionevolmente all’effetto farfalla cioè alle evoluzioni e/o involuzioni che entropicamente traversano tanto la spazio fisico della sanità che il suo tempo storico. Nell’effetto farfalla come si sa, un ruolo decisivo è riconosciuto alle condizioni iniziali di un sistema.
Questo vuol dire che per la sanità le condizioni iniziali (delitti compresi):
· decise a monte con delle riforme (quindi ciò che è stato fatto ma soprattutto non fatto), sono alla base della spiegazioni di molti problemi attuali a partire da quello massimo della sostenibilità;
· hanno prodotto nel tempo grandi problemi al punto da convincermi che le attuali politiche di definanziamento siano anche l’esito di certe decisioni e di certi errori del passato non solo di problemi finanziari contingenti del governo che ovviamente restano innegabili.
Ma se è vero tutto questo allora vuol dire che:
· i problemi riconducibili alle condizioni iniziali ,delitti compresi ,si risolvono riformando le condizioni iniziali, cioè riformando l’effetto farfalla e quindi i processi che esso ha prodotto;
· non possiamo risolvere i nostri problemi con delle amnesie collettive come se il presente fosse senza un passato. I problemi dei medici non sorgono oggi ma vengono da lontano, così per gli infermieri, per i problemi della spesa, delle aziende, delle regioni e via cantando.
In questi 40 anni mi sono convinto che:
· per risolvere i gravi problemi della sanità serva una sua riforma profonda che parta dalla soluzione dei suoi problemi storici (i famosi “nodi da sciogliere”) quelli che a causa della nostra grave inettitudine riformatrice non sono mai stati sciolti;
· non si possa fare qualcosa che funzioni ,sulla sostenibilità economica, sull’ospedale, sulle cure primarie, sulla questione professionale, sulla prevenzione, ecc. come se le condizioni iniziali del sistema, i nodi mai sciolti, le sue contraddizioni storiche non avessero avuto un ruolo.
Basta con le finzioni, le amnesie, le rimozioni. Se davvero vogliamo salvare la sanità pubblica dobbiamo prenderci le nostre responsabilità storiche. Non condivido nessuna delle politiche sanitarie del governo e delle regioni, ma lo dico chiaro a tutti, per quello che mi riguarda non sono disposto a credere che i nostri problemi siano meccanicamente solo i loro effetti collaterali, scartando dall’analisi le nostre perfino personali responsabilità.
Per me quindi oggi ci vuole una riforma che:
· chiuda un ciclo (quello inaugurato dalla riforma del 78) per aprirne un altro;
· riparta dall’inizio cioè riformi anche radicalmente le condizioni iniziali che fino ad ora sono state alla base del nostro sistema.
Una siffatta riforma:
· non va vista come una sorta di inversione di un processo irreversibile che tende alla negazione del sistema pubblico, quindi come una inversione della freccia del tempo, cioè un tornare indietro per attuare riforme che è bene dirlo subito per come sono state fatte era molto improbabile che fossero attuate;
· va vista invece come una operazione che cambia il sistema cambiandone il programma di base (le condizioni iniziali) contando sul fatto che l’effetto farfalla implica che riformando il programma si riforma il sistema cambiandone i comportamenti, i costi, le utilità, risolvendo i problemi di sostenibilità.
Oggi io credo che dobbiamo uscire dal vicolo cieco in cui siamo finiti e un modo è riformare tutto ciò che le riforme sino ad oggi non hanno mai riformato, sapendo che il loro “scopo dello scopo” è sempre stato quello della sostenibilità finanziaria e che questo scopo dalle mutue ad oggi è stato bucato, mettendoci oggi tutti in grave difficoltà e mettendo in pericolo il nostro futuro.
Oggi non c’è un angolo del sistema che non dovrebbe essere riformato (professioni, lavoro, azienda, organizzazioni, spesa, ospedale, cure primarie, prevenzione, ecc.).
Ma se è così perché non riunire tutto in una riforma?
Ivan Cavicchi
(prima parte)
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