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Mercoledì 09 DICEMBRE 2015
Neurochirurgia. “Le donne meno adatte degli uomini? Ma non diciamo sciocchezze”. A colloquio con la neurochirurga Zambuto
"Ho visto colleghi uomini evitare la sala operatoria e colleghe donne accettare tutti i turni di reperibilità per starvi il più tempo possibile. Se un lavoro piace, se è quello per cui sei portato, l’essere uomo o donna non c’entra". L'esperienza della dirigente del San Camillo di Roma alla vigilia del Congresso nazionale delle donne in neurochirurgia.
"Quando ho scelto medicina e neurochirurgia, non ho mai messo nella valutazione dei pro e dei contro il fatto di essere una donna. Mi sono semplicemente chiesta se ero in grado di farmi carico di tutto quello che un lavoro come la neurochirurgia comporta, non come donna, ma come persona e come medico. E la mia risposta, con l’entusiasmo di chi aveva la sua laurea stretta in mano, era sì". Così si racconta Maria Rita Zambuto, dirigente presso l'azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, alla vigilia del Congresso Nazionale delle donne in neurochirurgia che si svolgerà l’11 dicembre a Reggio Emilia, presso l’Arcispedale Santa Maria Nuova.
"Utilizzare lo stress di questo lavoro come pretesto per dire che la chirurgia non è un lavoro da donna è solo discriminazione. Ho visto colleghi uomini evitare la sala operatoria e colleghe donne accettare tutti i turni di reperibilità per starvi il più tempo possibile. Se un lavoro piace, se è quello per cui sei portato, l’essere uomo o donna non c’entra. Nel mio breve percorso - spiega la dottoressa - non ho trovato primari che mi hanno discriminato o messo di lato e svolgo la mia attività in un contesto più che favorevole e sono contenta di dire che la mia professionalità è apprezzata da chi mi dirige e dalle persone con cui lavoro. Naturalmente non credo che tutte le realtà siano perfette. Immagino che esistano ospedali dove la donna deve sgomitare un po’ di più, nei quali sia relegata a ruoli ambulatoriali contro la sua volontà, o graduatorie di merito in concorsi dove essere donna venga considerato, anche se non palesemente, una penalità. Non ho ancora figli e la realtà professionale di una donna-madre-chirurgo può essere più complessa. Ritengo che sia questione di organizzazione e di incontrare nel tuo cammino professionale apicali, a tutt’oggi ancora per la maggior parte uomini, che valutino il tuo merito indipendentemente dall’essere uomo o donna. La meritocrazia riconosciuta esclude da sé la necessità di sponsorizzare le quote rosa”.
"Credo che un neurochirurgo, uomo o donna che sia, debba saper prendere decisioni. Deve sapere cosa fare quando un paziente o, il collega da cui vai per il consulto, o il personale infermieristico, ti chiede una risposta. E credo che dare quella risposta con serenità sia una cosa tremendamente difficile. Soprattutto perché non sempre è univoca, perché magari una procedura può comportare dei rischi, ma non farla potrebbe portare a conseguenze peggiori…oppure no. E quindi devi combattere con i tuoi dubbi per ottenere la soluzione che porti al risultato migliore: fare, non fare, fermarsi, andare avanti… e non sempre c’è il tempo per chiedere un confronto. Ma, mentre fai i conti con te stesso, è importante apparire comunque decisi per dare fiducia a chi si affida a te o alla squadra che con te lavora. E per prendere decisioni sempre esatte l’unico modo è accrescere le proprie conoscenze, studiare, aggiornarsi e osservare il lavoro di chi ha più esperienza”, racconta Zambuto.
"Le facoltà di medicina sono piene di donne che arrivano in alcuni casi a superare gli uomini come numero d’iscritti. E quindi anche le scuole di specializzazione hanno fatto i conti, o lo faranno a breve, con una crescente presenza di candidati donne ai concorsi di accesso. Al mio primo anno di specializzazione eravamo due donne e sette uomini. Al termine dei cinque anni i nostri numeri si equivalevano. Oggi in un reparto di neurochirurgia le donne sono in minoranza e i primari sono quasi tutti uomini. Credo sia solo un fatto generazionale e che con il passare degli anni vedremo pian piano equilibrarsi queste differenze. Gli apicali di adesso sono quelli che venticinque anni fa avevano circa la mia età, quando ancora le donne chirurgo erano una 'mosca bianca'. Il mio auspicio - conclude Zambuto - è che aumenti il numero delle donne a guidare un reparto neurochirurgico, sempre sulla base delle competenze personali e mai sulla necessità di avere quote rosa.”
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