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Giovedì 11 FEBBRAIO 2016
Diabete. Arriva in Italia la prima insulina biosimilare

Dopo il via libera dell’autorità regolatorie europee nel settembre scorso e la valutazione positiva di Aifa è disponibile anche in Italia, dal 9 febbraio, il primo biosimilare dell’insulina glargine. Sviluppato da Lilly e Boehringer Ingelheim per la terapia di pazienti con diabete di tipo 1 e 2 è prodotto dallo stabilimento biotecnologico di Sesto Fiorentino di Eli Lilly

È senza dubbio una novità assoluta nel trattamento del diabete. È sbarcato anche in Italia il primo biosimilare per la terapia insulinica: dopo la sua entrata sulla scena europea nel settembre scorso è, infatti, disponibile dal 9 febbraio il biosimilare dell’insulina glargine sviluppato da Lilly e Boehringer Ingelheim per la terapia di pazienti con diabete di tipo 1 e 2.
 
Il farmaco si presenta con un profilo di efficacia e sicurezza sovrapponibile al suo originator e si gioca l’atout della produzione “made in Italy”: l’insulina glargine biosimilare arriva, infatti, dal sito di produzione di Sesto Fiorentino di Eli Lilly, uno dei maggiori centri di produzione di biotecnologici dotato delle tecnologie più avanzate oggi disponibili.
Ma non solo, il biosimilare dell’insulina glargine promette anche un risparmio per il Ssn, derivante dal minor costo del biosimilare rispetto all’originator, che si aggira intorno al 25%, sulla spesa globale dei farmaci biologici. Risparmio che consentirebbe un allargamento della platea dei pazienti da poter trattare con farmaci innovativi.
 
“Stiamo parlando di un biosimilare, non di un farmaco generico –  ha spiegato Giorgio Sesti, Professore ordinario di medicina interna all’Università di Catanzaro – si tratta cioè di un prodotto complesso, realizzato grazie a tecniche di biologia molecolare a immagine e somiglianza del farmaco biologico originatore: può essere leggermente diverso perché la variabilità nella produzione di molecole biologiche complesse è maggiore, ma in clinica deve poi avere caratteristiche di efficacia e sicurezza simili all’originale, senza differenze statisticamente significative”.
 
Le procedure per la registrazione di un biosimilare sono infatti tutt’altro che semplificate, come accade invece per i generici, prodotti di sintesi chimica, per i quali è necessario un solo studio di bioequivalenza: un biosimilare deve sottostare a regole stringenti per la produzione, deve superare una mole importante di studi preclinici e deve ripercorrere l’iter dei trial clinici che ne certificano l’assoluta sovrapponibilità di comportamento rispetto all’originator.
 
L’insulina glargine biosimilare è stata perciò sperimentata in numerosi studi di confronto con l’originator: i due studi condotti in pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2, ad esempio, hanno dimostrato che non esistono differenze significative in termini di efficacia, sicurezza ed immunogenicità.
 
Ma per quali pazienti potrà essere utilizzata? L’insulina glargine biosimilare, come ha specificato Sesti, è un’insulina basale e come tale, oltre a essere indicata per i pazienti con diabete di tipo 1, potrà essere utile per facilitare il passaggio alla terapia con insulina nei diabetici di tipo 2 per cui gli ipoglicemizzanti orali non bastano più.
 
Il biosimilare avrà, inoltre un device iniettivo innovativo: sarà disponibile in una nuova KwikPen (device pre-riempito), una penna facile da usare e accurata nel dosaggio. Inoltre sarà anche disponibile in cartuccia per penna ricaricabile. Non solo,  sarà anche affiancato da nuovi strumenti educazionali e servizi sviluppati per essere semplici, chiari e con un linguaggio vicino al paziente, facilitando la gestione della terapia insulinica basale. Tutto questo con l’intento di rendere meno difficile il passaggio – già di per sé importante dal punto di vista psicologico ed emotivo – del paziente con diabete di tipo 2 al trattamento iniettivo. In numeri, circa 800mila diabetici di tipo 2, su un totale di oltre tre milioni, per i quali dieta, esercizio fisico e farmaci orali non sono sufficienti a tenere sotto controllo la glicemia.
 
“L’insulina glargine biosimilare, inoltre – ha sottolineato Antonio Ceriello, presidente dell’Associazione medici diabetologi (Amd) – ha un device per la somministrazione innovativo e più semplice da usare rispetto ai precedenti. Questo potrebbe essere utile a superare la resistenza dei pazienti con diabete di tipo 2 nei confronti del passaggio a un farmaco iniettivo: nella storia naturale della malattia spesso accade che le beta-cellule pancreatiche persano la loro funzionalità, rendendo necessario il trattamento insulinico. Purtroppo i pazienti non lo accettano di buon grado. Per questo rendere la terapia semplice e comoda è un vantaggio considerevole.
 
 

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