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Martedì 19 APRILE 2011
Non c’è bisogno di cardiochirurgia per sostituire la valvola

La procedura per via transcatetere offre gli stessi risultati della chirurgia a cuore aperto secondo uno studio presentato nel corso del VII Congresso europeo di geriatria. È un’ulteriore conferma dell’efficacia e della sicurezza della tecnica mini-invasiva.

A un anno dall’intervento, la tecnica standard di intervento cardiochirurgico a cuore aperto per la sostituzione della valvola aortica e la procedura per via transcatetere (TAVI) offrono gli stessi risultati.
È il risutato dello studio “PARTNER-Coorte A” presentato nel corso del VII Congresso europeo di geriatria “Healthy And Active Ageing For All Europeans” conclusosi a Bologna.
Lo studio è stato condotto su 699 pazienti con stenosi aortica sintomatica e grave, considerati a rischio elevato per l’intervento tradizionale a cuore aperto e assegnati casualmente alla TAVI attraverso l’arteria femorale, alla TAVI per via intercostale tramite l’apice del cuore o alla chirurgia tradizionale a cuore aperto. I risultati hanno evidenziato che dopo 12 mesi si registra un tasso di mortalità per qualunque causa del 24,2% per la TAVI e del 26,8% per l’intervento cardochirurgico tradizionale. Stesso andamento per quanto riguarda la mortalità per qualunque causa riscontrata a 30 giorni dall’operazione: 3,4% con TAVI, 6,8% con l’intervento a cuore aperto.
Inoltre, il miglioramento dei sintomi, misurato con la scala della New York Heart Association (NYHA), è maggiore per la TAVI dopo 30 giorni e sostanzialmente identico tra i due interventi a 1 anno di distanza.
“Questi dati sono estremamente importanti e positivi per la TAVI, anche se non definitivi perché dobbiamo vedere che cosa accadrà a 2-3 anni dall’intervento”, ha dichiarato Corrado Vassanelli, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare e Toracico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. “Pensiamo che lo studio PARTNER ha messo a confronto la tecnica chirurgica, matura da più di 50 anni con una tecnologia applicata da meno di 5 anni. Esiste, peraltro, un ulteriore margine di miglioramento, soprattutto grazie al perfezionamento della tecnica di intervento, delle dimensioni del dispositivo impiantato, della terapia anticoagulante durante la procedura”, ha aggiunto.
Diversi i rischi associati all’intervento: la TAVI risulta associata a maggior rischio di complicazioni vascolari e neurologiche, mentre l’intervento standard a un più elevato rischio di sanguinamento e di fibrillazione atriale.
I risultati della prima parte dello studio, denominato “PARTNER-Coorte B”, erano già stati pubblicati nel settembre 2010 sul New England Journal of Medicine. Confrontava la TAVI con la terapia farmacologica o di valvuloplastica percutanea, ossia tecniche non chirurgiche riservate ai pazienti che non possono essere sottoposti all’intervento a cuore aperto. Dopo 12 mesi, la mortalità nei pazienti trattati tradizionalmente era stata del 50,7%, mentre con la TAVI del 30,7%, 20 punti percentuali in meno pari a una riduzione della mortalità del 39,4%. Risultati che avevano spinto i ricercatori ad affermare che “l’impianto transcatetere con valvola  espandibile con pallone è il trattamento di elezione per i pazienti con stenosi aortica che non possono essere sottoposti a intervento chirurgico”. 

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