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Venerdì 04 MARZO 2016
Stress, cervello e malattie. Quali implicazioni psicopatologiche e quali interventi farmacologici?

Lo ‪‎stress rappresenta un forte fattore di suscettibilità nel contesto di molti ‪‎disturbi psichiatrici, in particolare per la ‪‎depressione, i disturbi dell’umore e in parte anche per la ‪schizofrenia. Tuttavia i suoi effetti hanno implicazioni a 360 gradi andando a coinvolgere altre patologie di tipo neurologico o anche metabolico. Se ne è discusso al Convegno realizzato dal Gruppo di Lavoro di ‪‎neuropsicofarmacologia della Società italiana di farmacologia.

Stress e malattie sembrano avere un legame molto stresso. Dalla depressione alla schizofrenia, sino a una lunga serie di disturbi psichiatrici e neurologici, ma anche malattie metaboliche, e poi ipertensione arteriosa, aumento di peso e aumento dello stato infiammatorio: lo stress espone l’organismo a pericolose condizioni che possono cronicizzarsi nel tempo. La lista di queste patologie è lunga. Il gruppo di lavoro di neuropsicofarmacologia della Società italiana di farmacologia (Sif), in collaborazione con l’Università di Milano e la partecipazione di numerosi rappresentanti da Università italiane e straniere, ha deciso di dedicare un convegno al legame tra stress e malattie, in particolare, della sfera psichiatrica, al fine di valutare quali possano essere le relative misure di tipo farmacologico e di tipo terapeutico da intraprendere. Ad oggi un numero elevato di soggetti affetti da depressione risponde ancora in maniera insufficiente o insoddisfacente agli interventi terapeutici, con un determinato farmaco, e anche cambiando terapia, soprattutto se esposto a stress. Studiando allora le dinamiche biochimiche alla base dello stress, a livello sperimentale, sarà possibile identificare quei fattori predittivi della mancata risposta a un determinato trattamento farmacologico.

Lo stress ha un impatto diverso a seconda dell’età. Le patologie psichiatriche hanno certamente molti fattori scatenanti, ma sicuramente lo stress è tra quelli più importanti e con implicazioni diverse a seconda dei momenti della vita. Per esempio l’esposizione a stress durante i primi anni ha effetti diversi rispetto a un’esposizione più tardiva. Ci sono dati a dimostrare che esposizioni a stress contratte precocemente, in fase di gestazione o durante la prima infanzia, hanno un impatto permanente sulla funzionalità del sistema nervoso centrale. Proprio dalla prima infanzia, infatti, fino all’adolescenza non si è in grado di rispondere, come da adulti, a certe sollecitazioni ambientali avverse. In Europa ci sono milioni di persone che hanno subìto traumi durante le prime fasi della vita: lo dimostrano anche studi fatti in Romania sugli orfanotrofi. La difficoltà sta però nel collocare il punto di arrivo relativo alle esperienze pregresse che molte persone non raccontano. Se non è veritiero affermare che tutti coloro che hanno subìto, per esempio, un abuso svilupperanno una patologia psichiatrica, vero è che il rischio c'è ed è maggiore: si genera, infatti, una predisposizione e su questo i farmacologi hanno dati verificabili. Inoltre altri relatori del convegno hanno messo in evidenza che l’esposizione a particolari tipi di stress provoca alterazioni epigenetiche (ovvero cambiamenti che influenzano il fenotipo* senza alterare il genotipo*) che permangono per tutta la vita e fanno sì che gli equilibri neurochimici e funzionali siano permanentemente modificati. Non conosciamo ancora perfettamente quale sia la portata di tutto quanto è stato studiato sul legame tra stress e malattie psichiatriche e quindi si parla di alterata suscettibilità: infatti non tutte le persone esposte a stress, anche precocemente, si ammalano. La scommessa sarà allora capire perché c'è chi, tra chi è stato esposto a stress, va incontro a malattia, chi rimane a rischio di ammalarsi ma anche chi riesce a non ammalarsi mai.

Stress e farmaci. Esistono molecole che hanno un’azione abbastanza diretta sui meccanismi correlati allo stress, anche se alcuni di questi farmaci sono a disposizione solo a livello sperimentale. Tuttavia proprio i meccanismi che provocano stress (ed espongono alla lunga serie di malattie citate) sono soprattutto ambientali, molteplici e difficili da controllare: non esiste una “pillola” che “spegne” lo stress. Bisogna quindi concentrarsi nel valutare in quale modo farmaci di diversa natura, e con diversi meccanismi d’azione, entrino in gioco nel regolare le alterazioni già indotte dallo stress, che non sono correlate solo ai glucocorticoidi (ormoni come il cortisolo la cui secrezione è indotta dallo stress) ma anche al glutammato, che nel sistema nervoso funge anche da neurotrasmettitore eccitatorio. Ronald Duman – Dipartimento di Psichiatria della Yale University School of Medicine – autore di fama mondiale per i suoi studi sul legame tra stress e depressione – propone di rafforzare la ricerca su due molecole già conosciute ma usate per altri bersagli: scopolamina e ketamina: "Basse dosi di ketamina – osserva lo studioso – sono in grado di portare a rapide modifiche del disequilibrio neurochimico alla base della depressione in pazienti resistenti ai farmaci tradizionali: la scommessa è allora capire come nuovi derivati di questa molecola potranno tradursi in farmaci innovativi". 

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