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Martedì 03 MAGGIO 2016
Slow Medicine e i medici “peccatori”

Gli errori di un’associazione che si crede, in buona fede, infallibile.Che propone delle soluzioni di puro buon senso che tutti noi, con le debite garanzie, faremmo bene  ad adottare... peccato che il tutto viene proposto a modello di sanità e medicina invariante. A Slow Medicine interessa redimere dei medici peccatori.  A me interessa avere medici nuovi e capaci di rispondere al cambiamento. Tutto qui e nulla di più

Piacere di conoscerla dottor Bonaldi (vedi articolo su QS del presidente di Slow Medicine del 26 aprile scorso). Ho l’impressione che la nostra sia una lite in famiglia e da quello che leggo anche  sul web  che sia tutt’altro che “sobria rispettosa e giusta”. Quando  in casa capitava di discutere  mia nonna soleva dire “chi ha più buon senso lo usi”  vorrei provare a darle retta.
 
Nel giro di tre anni la spesa sanitaria dovrà essere tagliata di almeno un punto e mezzo del pil. Si chiama definanziamento programmato. Le regioni per farvi fronte dovrebbero ristrutturare  il  sistema dell’offerta di servizi per ridurre il loro fabbisogno ma a  tutele invarianti. Come ho detto tante volte, siccome le diseconomie e le antieconomie (non esistono solo le inappropriatezze) sono tante, potrebbero fare molto ma se avessero un pensiero riformatore che però non hanno. Per cui come Edward  mani di forbice” ogni loro gesto rischia di fare danni ai diritti dei malati.
 
Il decreto sull’appropriatezza anche voi l’avete criticato ma intanto sospese le sanzioni è operativo, in molti ospedali i budget per i farmaci  a un certo punto finiscono, l’ordine è in barba all’appropriatezza  di non cambiare le terapie  anche se ve ne fosse bisogno  e di mantenere quelle vecchie, di spingere i malati in altri ospedali se non nel privato, in alcune regioni si sono adottate delibere che impongono a tutti gli ospedali di allinearsi al consumo giornaliero  di farmaci più basso indipendentemente dalle patologie che curano e dalla tipologia del trattamento, e alcuni assessori alla canna del gas con i conti cominciano a invocare la choosing wisely come una panacea.
 
Queste sono solo alcune modalità di quella che ho chiamato “la medicina amministrata”. La  mia impressione è che nell’incapacità di riformare un sistema  sempre più incompatibile con i limiti economici  che gli sono imposti si voglia dare una stretta ai consumi ma solo perché è più facile  e perché le giustificazioni non mancano dal momento che i medici godono di pessima fama. Questo mentre la “questione medica” per l’appunto  si aggrava, il contenzioso legale cresce, la qualità delle prestazioni si deteriora e le diseguaglianze aumentano e si campa di meno.
 
In questo contesto  viene fuori choosing wisely (CW) quasi come una magia e voi ce la proponete come una “rivoluzione. Non ripeto le mie obiezioni epistemologiche  alle quali però nessuno di voi, insulti a parte, fino ad ora ha risposto, tuttavia ammetto, come si dice a Roma, che tra un calcio in bocca e CW senz’altro preferisco CW.
 
A  questa possibilità di conciliare evidenze, opinioni, scelte in una relazione  io ho dato un nome “medicina della scelta” e ci lavoro da molti anni e potrebbe davvero rappresentare una buona mediazione tra l’obbligo di curare secondo necessità  l’autonomia  del medico e una coscienza economica.
 
Per cui,  insulti a parte, rispetto a voi  cerco e sollecito  conferme e garanzie. Nulla di più. Perché? Perché  io so per esperienza che in un contesto dove si cerca di deflazionare i consumi costi quel che costi se non si sta attenti, senza un pensiero riformatore  tutto viene distorto e marcato da uno scopo economicistico: è già avvenuto negli anni ’90 con l’evidenza, con la qualità, con l’appropriatezza, con il governo clinico...e può avvenire anche con la CW.
 
Anzi se non si sta attenti c’è una forte probabilità che ciò avvenga senz’altro. Cioè il problema che pongo è: occhio  a come viene usata CW perché se fosse usata  male, cioè come una versione morbida di medicina  amministrata, potrebbe essere con il consenso di tutti, il cavallo di Troia per ridimensionare niente di meno che i capisaldi della medicina ippocratica. Per cui garantiamo bene i suoi modi di essere dicendo  a chiare lettere che le evidenze, in una relazione,  sono relative alle opinioni (episteme/doxa), che comanda il caso, che l’autonomia medica non è amministrabile ma qualificabile, che la scelta è questione delicata che  merita un investimento formativo, che il problema non è solo quello di raddrizzare i medici ma di ridefinire i medici  e la medicina in un contesto super complesso. Questo è quello che penso io.
 
A questo punto però veniamo al suo articolo e  con lei vorrei discutere di evidenze (QS 26 aprile 2016).
La prima. Lei sottolinea che ha deciso  di scrivere per i suoi associati quindi non per discutere e confutare  le critiche che vi sono state rivolte. Cioè lei scrive un articolo apologetico  senza dare neanche una risposta ai quesiti problematici che sono stati comunque rivolti almeno da parte mia a slow medicine a choosing wisely. Questo per me significa che mi sono spolmonato per niente. Io invoco l’argumentum pro subiecta materia, cioè il confronto di merito, perché considerando la delicatezza della posta in gioco  ho il diritto di chiedere delle garanzie. Presidente Bonaldi...non voglio buttare via il bambino con l’acqua sporca.Chiaro?
 
La seconda. Anche lei presidente è prigioniero di un sillogismo“evidentemente” ridicolo:
· siccome slow medicine è la verità in terra,
· non è possibile che qualcuno dica il contrario...
· per cui se qualcuno dice il contrario...
· allora chissà quali torbidi  interessi...
 
Guardi presidente che non è così che funziona. Esiste una remota possibilità che voi vi sbagliate...molto  remota ma esiste. Siccome lei è un “evidenziatore”, faccia la meta analisi, saggi a parte,  solo di quello che ho scritto su questo giornale e scoprirà  quali sono i miei interessi, le mie battaglie, e anche i miei sogni e perché no pure le mie velleità riformatrici. Ma le voglio risparmiare la fatica...però si deve fidare di me...sono un uomo libero che si batte semplicemente per le sue idee…nulla di più.
 
La terza. Veda presidente prima di scrivere su di voi mi sono sforzato  di ricostruire le vostre logiche. Dagli anni ‘80 ad oggi. In fin dei conti è il mio mestiere. Il vostro pensiero credo di conoscerlo bene e il vostro libro, quello che lei cita nell’articolo, me lo sono studiato quando fu pubblicato.Ma lei  caro presidente Bonaldi dal viso buono e onesto,  prima di scrivere il suo articolo che mi configura come un mestatore che intorbida le acque al servizio di chissà quali interessi si è mai andato a leggere cosa ho scritto in questi anni? La domanda è ovviamente retorica. Certo che no.  Se lo avesse fatto,dando per scontata la sua onestà intellettuale, non avrebbe scritto quello che ha scritto  ma soprattutto in luogo della mia malafede avrebbe presupposto la mia buona fede e si  sarebbe sforzato di discutere con me. Ma lei caro presidente  non lo ha fatto e questo secondo me non le fa onore.
 
Per concludere vorrei esplicitare  il dubbio  che ho scorto  nell’incipit del suo articolo: “a cinque anni dalla fondazione di Slow Medicine....senza che si accendessero le luci della ribalta... improvvisamente  si parla molto di noi”. Si è chiesto perché? E grazie a chi? E in quali circostanze?
 
Vorrei aiutarla  a capire e a farmi capire  ma intanto mi faccia dire che sono molto contento e fiero di aver animato e promosso  su questo giornale un dibattito sulla medicina che non è mai stato fatto e che invece è indispensabile  fare. Questo avviene tra il decreto per l’appropriatezza e la conferenza di Rimini sulla professione medica promossa dalla Fnomceo il mese prossimo.
 
Tutti e due gli eventi pongono le stesse domande “quale medicina”? “quale medico”? La prima risponde con la medicina amministrata, la seconda vedremo… spero che dirà “no grazie” ma proponendo a salvaguardia della medicina ippocratica  un suo ripensamento profondo che, per tante ragioni spiegate  e rispiegate, non può ridursi almeno secondo me  né a slow medicine e meno che mai a choosing wisely. Considerando i rischi che corriamo sarebbe troppo facile e francamente miope. Ma non si sa mai.
 
Vede presidente Bonaldi  con la fine del ‘900,ma ho il timore che voi  non ve ne siate accorti,è avvenuta  quella che i miei maestri hanno chiamato  “la disgregazione del sintetico a priori”, cioè la crisi delle   evidenze o meglio  l’impossibilità di definire sinteticamente  l’esperienza prima che essa abbia luogo. E’ da qui che nascono buona parte delle mie riserve sulla medicina amministrata.
 
Non è una cosa da nulla,è qualcosa che rimette in discussione il nostro modo di ragionare e ci pone l’obbligo di un ripensamento profondo a livello paradigmatico. Per questo  nei miei articoli ripetutamente ho posto il quesito quale medicina quale medico ma nessuno caro presidente  compreso la sua associazione  ha risposto.
 
Questo per me ha due significati principali:
· nonostante la “crisi del sintetico a priori” purtroppo non è ancora matura una idea di riforma della medicina,
· la tentazione è affrontare la crisi del paradigma con le scorciatoie, le falsi soluzioni, con le mode.
 
La sua associazione caro presidente  propone delle soluzioni di puro buon senso che tutti noi con le debite garanzie faremmo bene  ad adottare, ma a paradigma invariante. A voi interessa  redimere dei medici peccatori.  A me interessa avere medici nuovi e capaci  che rispondano alla disgregazione del sintetico “a priori” agendo pragmaticamente una medicina capace di rispondere al cambiamento. Tutto qui e nulla di più.
 
La mia diffidenza caro presidente, mi creda,  non è pregiudiziale  anzi  fin dall’inizio vi ho proposto di mettere insieme le forze e di fare una battaglia comune per cambiare la nostra medicina  ma voi niente… e  a volte mi capita di leggere cose che mi scoraggiano.
 
Guardi cosa ha scritto solo qualche giorno fa Andrea Gardini“...Purtroppo noi siamo dei sempliciotti che diciamo con parole normali quello che riteniamo sia giusto, appropriato, onesto, cose semplici, dirette, normali, comprensibili a tutti, indipendenti, ispirate dalla letteratura scientifica internazionale, JAMA, BMJ. NEJM, Lancet… le opinioni personali sono la forma di espressione umana con meno probabilità di avvicinarsi al dire delle cose utili e vere… (M.Bobbio, Trials clinici, 1997) ragionando di evidenze scientifiche si ha più probabilità di affermare come vera una cosa che lo è veramente” (gruppo Facebook SlowMedicine Italia).
 
A parte i “sempliciotti”  (se lo dice Gardini sarà probabilmente vero) ma questo è il ragionamento che fregandosene  della “disgregazione del sintetico a priori” è alla base della medicina amministrata. I consumi devono essere giustificati solo dalle evidenze. Ecco, se  slow medicine pensa di affrontare la questione della scelta, quindi la relazione con il malato con l’opposizione evidenza /opinione, cioè se pensa che sia lo scientismo delle evidenze  a poter governare il passaggio storico tra malattia e malato…mi scusi presidente ma ci state prendendo per i fondelli. Voi in questo modo nonostante le buonissime intenzioni rischiate  di esasperare il contenzioso legale fino a mettere  i malati contro i medici.
 
Questa non è saggezza ma  è vetustà. Gardini non se ne rende conto ma richiama i presupposti di un logoro positivismo che al massimo al di là delle chiacchiere sulla saggezza delle scelte darà una mano a chi vuole  tagliare semplicemente i consumi.
 
Prima di salutarla presidente vorrei mandare un saluto a Giorgio Bert spiegandogli che per me definirlo uno “straordinario archiatra” (QS 12 aprile 2016) era un complimento  cioè un modo per dire che lui è un “grande medico” e come tale un maestro. Ho letto che si è offeso. Mi dispiace dell’equivoco.
 
Entrambi anche se abbiamo età diverse, storie diverse  proveniamo idealmente  dalla stessa scuola che è quella di Giulio Maccacaro e quindi di Medicina Democratica di “Medicina e potere” di “Se” (scienza esperienza), di Sapere, ecc. Bert  è stato  importante per la mia formazione.
 
E’ grazie anche  a lui che oggi sono in condizione  di spingermi verso un pensiero riformatore più avanzato. Già sulla fine degli anni ‘80 capii l’errore storico che, come sinistra, avevamo fatto: quello di pensare ad una riforma della sanità senza pensare  ad una riforma della medicina. E capii che l’imprinting “democratico” di Maccacaro non bastava più.
 
Di fronte ai grandi cambiamenti c’era un problema di inadeguatezza del paradigma. Bert era uno dei pochi che  denunciava le aporie della  nostra medicina  scientifica  ed io mi ero convinto che quelle aporie non  andavano affrontate  sul piano ideologico e politico ma su quello del paradigma  quindi sul piano epistemico. Ormai Claude Bernard era andato,  per cui bisognava ridefinire l’idea di scienza medica.  E da allora in poi  mi sono letteralmente reinventato  buttandomi sull’impresa del ripensamento della medicina. Oggi tutte le mie previsioni sono state confermate, i miei timori hanno preso corpo, e se  guardo alla prospettiva   proprio perché il paradigma medico non è mai stato ripensato, mi vengono i brividi.  Speriamo bene. Grazie  Bert ribadisco  che sei un grande medico.
 
La saluto  presidente Bonaldi. Sul serio la sua è una faccia buona e onesta ma oggi  per cambiare le cose sfortunatamente non basta. E’ stato un piacere conoscerla.
 
Ivan Cavicchi

 

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