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Mercoledì 22 GIUGNO 2016
Da Cassazione via libera a stepchild adoption per alcuni casi particolari

Confermata la sentenza della Corte d'appello di Roma. La madre della bambina e la sua compagna si sono sposate in Spagna e due sentenze, di primo e secondo grado, avevano stabilito che la bambina potesse essere adottata dalla compagna della madre naturale. Per la Cassazione in questo modo si "realizza il preminente interesse del minore".

Primo via libera da parte della Corte di Cassazione alla stepchild adoption. La Cassazione ha infatti confermato una decisione della Corte d’Appello di Roma che aveva dato il permesso di adozione di una bambina di sei anni alla convivente della madre naturale. Nelle motivazioni della sentenza, la numero 12962/16, viene spiegato che l’adozione oggetto del ricorso "non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice", e ha aggiunto che "prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempre che, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore". La sentenza della Cassazione si è basata sulla legge 184 del 1983, che regolamenta le adozioni “in casi particolari”.
 
Il caso specifico riguardava l'adozione di una minore da parte di una partner stabilmente convivente con la madre. Un primo via libera era stato dato dal Tribunale dei minorenni di Roma nell'estate del 2014, poi l'anno dopo c'era stato la conferma della pronuncia da parte della Corte d'Appello. Le due donne, entrambe romane, vivono assieme dal 2003 e la bambina, nata in Spagna con la procreazione assistita eterologa nel 2009, grazie a questo provvedimento poteva essere adottata dalla mamma non biologica e avere il doppio cognome.
 
Contro la sentenza aveva fatto ricorso in Cassazione la Procura Generale di Roma. L'impugnazione riguardava principalmente la necessità di nomina di un curatore speciale della minore ai sensi dell'articolo 78 cpc per la possibilità di conflitto di interessi del minore con il genitore. Una possibilità che i giudici di primo grado, e poi quelli di secondo, avevano escluso ritenendo superflua la presenza di un curatore in un contesto familiare che esaltava il benessere psico-fisico della minorenne con la madre biologica e la compagna.

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