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Giovedì 06 OTTOBRE 2016
Attese fino a 7 giorni per un ricovero e fino a 120 minuti per la visita in codice giallo. Nei Pronto Soccorso italiani regna il caos. Il Rapporto di Tdm-Cittadinanzattiva e Simeu 

I tempi massimi di attesa per accertamento diagnostico sono stati 240 minuti per codici bianchi, 300 per codici verdi e 120 per codici gialli. Ma nelle strutture di Osservazione breve intensiva, attuate solo nel 60% dei Ps, si aspetta anche 7 giorni per un ricovero. Presenti posti letto in aggiunta nel 33% dei Ps, 44% Dea I Livello, 48% Dea II livello. Registrati anche 30 posti aggiunti (barelle/letti) in Obi. IL RAPPORTO

Un’Italia dei servizi di emergenza sanitaria che marcia ancora a tre velocità con strutture del Sud che arrancano, alcune Regioni in progress e altre teste di serie grazie a una rete organizzata. Un’Italia, dove all’interno di una stessa Regione si possono trovare differenze spesso sostanziali di organizzazione del servizio in base alla complessità del servizio, Pronto soccorso, Dea di I o Dea di II livello. Tutte conseguenze di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale. E con ancora tante criticità: lunghi tempi di attesa, spazi ridotti, dotazioni scarse e sovraffollamento, una insufficiente attenzione al dolore e alla comunicazione con i pazienti
 
È uno scenario disomogeneo quello che consegna il Rapporto “Lo stato di salute dei Pronto soccorso italiani - Quali eccellenze e cosa migliorare nei servizi di emergenza” del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza  di Simeu presentato questa mattina a Roma. Un monitoraggio attento dei Servizi di emergenza che punta a individuare le difficoltà di pazienti e degli operatori sanitari. Ma anche ad offrire indicazioni contenute nella“Carta dei Diritti al Pronto Soccorso”. Otto punti su cui è necessario intervenire con urgenza: diritto alla presa in carico; diritto alla dignità personale; diritto alla continuità dei percorsi di cura; diritto alla prevenzione delle emergenze evitabili; diritto all'informazione; diritto alla competenza; diritto alle sei ore, diritto all’attuazione della Carta dei diritti al Pronto soccorso.
 
Il Rapporto è soprattutto il frutto di operazione congiunta tra le due Associazioni, nata dalla consapevolezza che, come hanno sottolineato cittadini e camici bianchi: “il Pronto soccorso, aperto 365 giorni all’anno e 24 ore su 24, per problemi non solo sanitari ma sempre più spesso anche sociali è un bene comune, sia di chi vi si rivolge in cerca di cure sia di chi ci lavora per rispondere alla richieste di salute. E quindi tutelarlo e migliorarlo è un diritto-dovere di tutti, istituzioni, pazienti e operatori sanitari”.
 
“È di fondamentale importanza – ha sostenuto Maria Pia Ruggieri, presidente nazionale Simeu – che medici, infermieri e pazienti con i loro familiari si sentano dalla stessa parte nella tutela e nella promozione dei servizi del Servizio sanitario nazionale a partire proprio dall’emergenza, per il rafforzamento di una responsabilità collettiva verso il bene pubblico e di un forte senso di cittadinanza comune: questo è il significato ultimo del monitoraggio e della Carta dei diritti che abbiamo condiviso con il Tdm.“
 
“Il Pronto Soccorso – ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – rappresenta per i cittadini un punto di riferimento irrinunciabile e nel quale nutrono fiducia. È necessario però investirci e migliorarlo per renderlo più accessibile e umano. Si inizi adottando in tutte le strutture la Carta dei Diritti al Pronto Soccorso e rispettando le leggi: va infatti garantita in tutti i PS l’attivazione di letti di Osservazione Breve Intensiva previsti dal Decreto 70 del 2015 sugli standard ospedalieri, ancora oggi non disponibili in tutti gli ospedali. C’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. È grave infatti che solo il 45% dei Dea I livello abbia conoscenza in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di tutta la struttura. Chiediamo che la presenza del familiare sia un diritto e non un favore da chiedere di volta in volta. E infine – ha aggiunto – si lavori ancora sui fondamentali che oggi scontati non sono: sapone, carta igienica, bagni separati e per le persone con disabilità, barriere sensoriali, informazione al paziente e ai suoi familiari, rispetto della riservatezza e della privacy, attenzione al dolore e alla sofferenza”
 
Il monitoraggio
Il Rapporto ha fotografato 93 strutture di emergenza urgenza e ha dato voce a 2.944 tra pazienti e familiari di pazienti intervistati. Sono stati misurati accessi, ricoveri e tempi di attesa di 88 strutture di emergenza urgenza di cui sono stati direttamente valutati i flussi di gestione.
Due gli strumenti utilizzati: un monitoraggio civico e tecnico delle caratteristiche strutturali e organizzative dei servizi di emergenza-urgenza e una Carta dei Diritti al Pronto Soccorso, che definisce in otto punti i diritti irrinunciabili di tutti i cittadini, pazienti e operatori sanitari.
 
La rilevazione è stata svolta tra il 16 maggio ed il 30 novembre 2015: attivisti di Cittadinanzattiva, referenti SIMEU, pazienti e familiari, hanno contribuito su tutto il territorio nazionale a “fotografare” la situazione dei Pronto Soccorso, attraverso un questionario rivolto a familiari e pazienti, diviso in due schede, una griglia di osservazione civica elaborata da Tdm, l’altra tecnica predisposta da Simeu, incentrato sull’organizzazione dei Dipartimenti di emergenza–urgenza, sulla presenza di servizi e di procedure formalizzate che mettano il cittadino al centro del sistema per una sempre più efficace umanizzazione delle cure. Alcuni esempi: l’attenzione alla privacy e alla riservatezza; le procedure di comunicazione tra struttura sanitaria, operatori e familiari; l’attenzione al dolore in tutte le tappe del percorso; la presenza di percorsi dedicati per le persone fragili o di spazi dignitosi dedicati al fine vita.
 
I dati emersi
I tempi di attesa. Il Rapporto parte da un distinguo tra tempo di attesa per la valutazione al triage all’arrivo in pronto soccorso e attesa per il primo accertamento diagnostico: nel primo caso, per il triage, si tratta in media di attese di pochi minuti, in media dai 9 ai 17, variabili entro questi limiti, in base all’area geografica e a seconda che si tratti un pronto soccorso o di un Dea di I o II livello. Nel secondo caso invece l’attesa media per il primo accertamento diagnostico varia da un minimo di 22 minuti per un codice giallo a 98 minuti per un codice bianco. 10 minuti i tempi minimi registrati per codici bianchi e verdi, 5 per i codici gialli. I tempi massimi registrati sono stati: 240 minuti per codici bianchi, 300 per codici verdi e 120 per codici gialli.
 
Osservazione breve intensiva. È in queste strutture che si determina la terza parte del percorso di emergenza del paziente, ossia il ricovero in altro. Una struttura prevista dal Regolamento sugli Standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi sull’assistenza ospedaliera ma non ancora presente ovunque (manca nel 40% dei Pronto soccorso, nel 17% dei DEA I livello, nel 19% dei DEA di II livello). In generale, sul campione osservato nella rilevazione, i tempi di permanenza medi (tra il triage e l’esito indicato per ricovero) nelle 24 ore in cui è avvenuta l’osservazione civica, supera le 3 ore nei Pronto soccorso, si avvicina alla 5 ore nei DEA di I livello e non supera le due ore e mezza nei Dea di II livello. Le attese per avere un ricovero o posto letto sono state meno di 12 ore nel 40% dei Pronto soccorso, 50% dei DEA I livello, 13% DEA II livello; 24-48 ore nel 25% DEA I livello, 19% DEA II livello, 40%. Pronto soccorso. Oltre due giorni di attesa nel 38% dei DEA II livello e 20% nei Pronto Soccorso. L’attesa massima registrata in OBI è stata di 7 giorni (168 ore)
 
Spazi, dotazioni e sovraffollamento. Pochi gli spazi per le attese “attrezzati” per i bambini (in nessuno dei PS, 36% DEA I livello, 29% DEA II livello); quasi assenti le barriere architettoniche, mentre molto presenti sono quelle sensoriali (meno del 10% delle strutture ha accorgimenti per non vedenti-ipovedenti); dotazioni di sedie a rotelle, barelle e elevatore per grandi obesi presenti prevalentemente al nord. Bagni condivisi uomo-donna in circa la metà delle strutture (53% PS, 51% DEA I Liv, 29% DEA II Liv); assenza di bagni per disabili nel 20% di PS e DEA II liv. mentre il sapone nei bagni è presente solo nel 53% dei PS e nel 77% dei DEA II Liv. con le realtà del sud più in difficoltà, infine anche la carta igienica è disponibile solo nel 60% dei PS e nel 77% dei DEA II liv. Il 28% dei pazienti in attesa al pronto soccorso vorrebbe avere un posto più comodo, percentuale che si riduce per i DEA I liv (14%) e DEA II liv (9%); il 18% di pazienti in attesa al PS vorrebbe avere acqua e cibo (12% in DEA Liv I, 10% DEA liv 2). E ancora il 30% dei pazienti in pronto soccorso non ha visto preservarsi privacy e riservatezza (16% DEA II, 18% DEA I).
 
L’Obi risulta sovraffollata nel 33% dei Pronto Soccorso, 38% DEA I livello, 24% DEA II livello; sono presenti posti letto in aggiunta nel 33% dei PS, 44% DEA I Livello, 48% DEA II livello. Sono stati registrati anche 30 posti aggiunti (barelle/letti) in OBI.
Sono presenti spazi dedicati al malato in fase terminale nel 45% DEA II liv, 36% DEA I Liv, 13% PS. Più alto il numero di strutture che hanno spazi dedicati alla persona appena deceduta (40% PS, 57% DEA I Liv, 61% DEA II Liv). Mediamente risultano più presenti nelle strutture del centro.
 
Il trattamento del dolore acuto. Attraverso l’indagine civica si è andati a valutare il grado di attenzione alla registrazione ed alla cura del dolore nelle persone ricoverate nelle strutture di Emergenza-Urgenza. Cresce, a seconda della complessità della struttura, la presenza di formali procedure per la valutazione del dolore durante il triage: 60% nei Pronto soccorso, 72% nei DEA di I livello, 74% nei DEA di II livello. La procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate (60% Pronto soccorso, 66% DEA di I livello, 61% DEA di II livello). Anche in questo caso i DEA di I e di II livello del sud ne risultano maggiormente sprovvisti (38% DEA di I livello, 41% DEA di II livello). Ancora minore è il numero di strutture che ha formalizzato delle linee guida per la gestione del dolore in emergenza-urgenza: soltanto il 47% nei Pronto soccorso, il 66% nei DEA di I livello, il 61% nei DEA di II livello.
 
La comunicazione con i pazienti. Se “Buona” risulta essere l’assistenza sanitaria ricevuta ( per il 36% nei Pronto Soccorso, 46% dei DEA di I livello; 44% dei DEA di II livello), invece la necessità di parlare con un operatore (48% dei Pronto soccorso, 45% Dea di I livello, 35% DEA di II livello), seguita dal bisogno di aver vicino i propri cari (30% dei Pronto soccorso, 23% dei DEA di I, 26% dei DEA di II) e di maggiore conforto (24% Pronto soccorso, 13% DEA I livello, 10% DEA II livello) sono i “desiderata sull’assistenza” che il paziente ha all’interno del percorso di Emergenza-Urgenza.
Rispetto all’informazione è presente materiale informativo in più lingue nella sala d’attesa del Pronto Soccorso in un Pronto soccorso su 3, dato che aumenta nei DEA di I Liv (40%) e DEA II Liv (39%).
È assente materiale informativo sulle prestazioni soggette da pagamento del ticket e modalità di accesso in circa una struttura su 4 (35% DEA II liv, 43% DEA I liv, 46% PS).
 
È stato preso in considerazione il percorso dal territorio all’ospedale e nuovamente al territorio, con l’obiettivo di valutare la capacità del Ssn di garantire una completa, reale e concreta presa in carico della “salute” del cittadino paziente. In Italia il funzionamento della rete tra emergenza urgenza e territorio è da considerarsi prevalentemente “insufficiente” (39%). Solo il 35% dei Responsabili intervistati la reputa “sufficiente” ed il 4% in “ottimo” stato.
Nella frammentazione dell’organizzazione dei servizi di emergenza, la maggiore complessità della struttura (dal Pronto soccorso al Dea di II livello) è spesso garanzia della presenza di spazi dedicati a situazioni particolarmente delicate come il fine vita, e a percorsi specifici (come il percorso rosa per le vittime di violenza) e il fast track per i casi più lievi.
Una persona su 4 quattro si è recata al pronto soccorso perché reputa che il caso sia grave (34% PS, 27% DEA I Liv, 21% DEA II Liv); leggermente più bassa la percentuale delle persone che si fidano solo dell’Ospedale (23% PS, 24% DEA I, 25% DEA II). Circa una persona su tre è stata indirizzata al Pronto soccorso dal proprio medico di famiglia o guardia medica.
Altri indicatori usati per il questionario sono stati: le caratteristiche strutturali esterne dei pronto soccorso e la loro accessibilità, l’organizzazione del triage, le dotazioni strumentali, le caratteristiche dell’Osservazione Breve Intensiva, la dotazione di ambulanze, modalità e tempi di ricovero, dimissione e continuità delle cure.
 
LA CARTA DEI DIRITTI AL PRONTO SOCCORSO
Otto punti su cui è necessario intervenire con urgenza: diritto alla presa in carico; diritto alla dignità personale; diritto alla continuità dei percorsi di cura; diritto alla prevenzione delle emergenze evitabili; diritto all'informazione; diritto alla competenza; diritto alle sei ore, diritto all’attuazione della Carta dei diritti al Pronto soccorso.
 
Lanciata come progetto pilota in Piemonte nel 2015, la Carta viene estesa ora a tutto il territorio nazionale, precisando i principi della Carta europea dei diritti del malato in una forma capace di
incidere sull’azione del governo nazionale, regionale e delle direzioni aziendali e anche sui comportamenti dei cittadini e degli operatori sanitari. La tutela della salute in condizioni di emergenza e urgenza è un bene comune irrinunciabile in un paese civile. È dovere di tutti coloro che hanno responsabilità e degli stessi cittadini di promuovere, in ogni territorio, la qualità e la sicurezza delle cure e rimuovere le carenze di struttura, di organizzazione, di cultura, di informazione e i comportamenti che si oppongono, di fatto, a questo principio. Ed è diritto di tutti i cittadini, siano essi malati o operatori sanitari, di disporre di un Servizio Sanitario Nazionale funzionante al meglio.

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