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Mercoledì 26 OTTOBRE 2016
Un contratto dignitoso per gli infermieri



Gentile direttore,
risulta veramente strano, quasi assurdo, quello a cui si sta assistendo negli ultimi anni. Da un lato viene chiesto, a volte anche pretesom che gli infermieri acquisiscano competenze sempre più avanzate attraverso lauree universitarie, master, lauree specialistiche e tanto altro, d’altra parte si assiste a infermieri altamente competenti ma poco considerati o non considerati per niente dalle proprie Direzioni.

Difficilmente si evidenzia la presenza di infermieri in gruppi di lavoro Aziendali o/e in commissioni. Come mai tanta poca considerazione per la classe infermieristica?

Si parla e si pubblicizza tanto il lavoro di squadra, il lavoro di équipe, ma alla fine forse gli infermieri con tutte le loro competenze risultano una rogna in più.
Basti pensare agli infermieri dirigenti, agli infermieri forensi, agli infermieri di ricerca; e ancora a quei reparti a conduzione infermieristica, basti pensare alla diagnosi infermieristica, alla cartella infermieristica, alla lettera di dimissione infermieristica…….

Basti pensare che è l’infermiere l’unica figura professionale che vive l’assistenza ventiquattro ore su ventiquattro; che impara a conoscere il paziente, che comunica con il paziente, che lo cura, che si accorge ancor prima di fare un esame, che qualcosa si sta modificando sul suo percorso clinico, che lo incoraggia, che lo educa, che legge nei suoi occhi la sofferenza che non è in grado di esternare……

E’ solo l’infermiere che arriva a toccare oltre il corpo malato di un essere umano anche la sua anima. E allora perché ancora si stenta a riconoscere ufficialmente tutto ciò?

L’evoluzione legislativa, culturale e professionale ha determinato la nascita di una nuova figura infermieristica maggiormente autonoma, legata alle competenze acquisite più che ai vincoli espressi dalla legge e responsabile di un “campo proprio di attività” che si prende carico dei bisogni assistenziali del cittadino che è certamente più aderente all’attuale realtà sanitaria.

E’ diretta conseguenza che le attività proprie dell’infermiere non siano più orientate alla semplice esecuzione degli atti, bensì vadano intese come operosità, come favore, come stimolo ad attivarsi, ad assumere una condotta sempre più attiva, prendendo le iniziative più opportune, assumendo il comportamento ritenuto maggiormente adeguato alla situazione, sia pure, ovviamente, all’interno di un quadro normativo precostituito.

Nella gestione del processo assistenziale l’infermiere si avvale anche della collaborazione di altre figure di supporto a cui contribuisce alla formazione.

L’infermiere passa da uno stato di esecutore di processi attivati da altri, ad attivatore di processi per altre figure deputate all’assistenza, costituendo una figura che gestisce razionalmente un processo di assistenza dove le fasi di diagnosi, pianificazione e valutazione infermieristica sono di sua esclusiva competenza.

L’infermiere è questo e tanto altro; ma come in un romanzo di Luigi Pirandello in uno, nessuno e centomila, l’infermiere vuole essere non uno, non nessuno, ma centomila, perché quando si parla di malattia, quando si parla di esseri che soffrono gli infermieri ci sono, sono presenti, operano con tutte le conoscenze acquisite, ma soprattutto ci sono per tutti!!

Le risposte a tale e assiduo impegno, sono il reale riconoscimento professionale delle competenze avanzate, anche in ambito dirigenziale, a cui deve seguire un contratto dignitoso.

Uno Stato che non riconosce tali meriti, o che stenta a trovare le risorse per riconoscerle, è uno Stato a cui poco importa dell’essere malato.
 
Filomena Carbone 
Infermiera
Ospedale “Perrino” di Brindisi
Dirigente Sindacale FIALS

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