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Mercoledì 04 GENNAIO 2017
Malattie reumatiche autoimmuni. Capillaroscopia: presente e futuro della diagnosi precoce ma non solo

Grazie a una piccola microtelecamera adagiata sull’unghia del dito è possibile analizzare la struttura dei capillari ed il loro danno: parametro importante per individuare le prime fasi di alcune patologie autoimmunitarie del tessuto connettivo ancor prima che compaiano i sintomi clinici e monitorarne la progressione

Una metodica non invasiva e di rapida esecuzione che consente e contribuisce, attraverso l’osservazione della microcircolazione periungueale, ad effettuare una diagnosi precoce di alcune malattie autoimmuni del tessuto connettivo e anche a studiarle, monitorandone l’eventuale progressione e quindi l’efficacia delle terapie.
 
È la capillaroscopia, una tecnica semplice ed efficace che ha incassato il placet della Società Americana (Acr) ed Europea di Reumatologia (Eular) che l’hanno inserita recentemente tra i criteri delle linee guida per diagnosi di sclerosi sistemica. Una metodica forte anche dei dati emersi da un ampio studio condotto in 59 Centri di 15 Paesi Europei che ha dimostrato come il semplice numero dei capillari sia il parametro più importante per conoscere quali siano le condizioni del malato e che direzione prenderà la sua malattia sclerodermica. A tal scopo sono in arrivo software par la lettura automatizzata e computerizzata del numero dei capillari sull’immagine capillaroscopica al fine di ottimizzarne e standardizzarne la tecnica di conta.
 
“La maggior parte delle malattie reumatiche si accompagna a sintomi cutanei e micro vascolari, collegati a un danno del microcircolo – ha spiegato Maurizio Cutolo, Professore di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova Irccs San Martino – ed il più classico e possibile segno molto iniziale per varie malattie reumatiche autoimmuni che interessano il connettivo è il fenomeno di Raynaud, ossia la variazione di colore delle mani con il freddo (mani rosse, bianche, blue). Un fenomeno dietro al quale si può nascondere una situazione di sofferenza delle cellule endoteliali che tappezzano i piccoli capillari, che può essere indotta da varie sostanze tossiche, dal microtrauma ripetuto a lungo o dal freddo e che, con il passare del tempo, può degenerare e insieme ad altri fattori di rischio tende a danneggiare i capillari. Lo specialista ha il compito di rendersi conto di questo quando ha di fronte il potenziale malato, nel modo il più possibile sicuro, in maniera diretta, non invasiva ed economica”.
 
E lo strumento più adeguato è appunto la videocapillaroscopica. “Si tratta di una piccola microtelecamera adagiata sull’unghia del dito – ha precisato Cutolo – in sostanza un microscopio mobile, che analizza dal vivo la struttura dei microcapillari ingrandendoli fino a mille volte. Il grande vantaggio di questa tecnica, che permette di avere una visione diretta della realtà e con metodologia non invasiva, risiede nella possibilità di individuare la malattia ancor prima che compaiano i sintomi clinici classici, e talvolta persino prima che gli autoanticorpi, alla base della progressione della malattia sclerodermica, siano dosabili nel sangue, ma soprattutto prima che subentrino complicazioni polmonari o dell’apparato gastroenterico e quindi prima che la patologia diventi sistemica”. Molte sono tuttavia le malattie autoimmuni reumatiche che presentano alterazioni microvascolari all’analisi capillaroscopica ed attualmente sotto studio, e vanno dalla polidermatomiosite, alla connettivite mista, alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi.
 
Grazie ad un software che consente la conservazione dei dati, prosegue Cutolo “sono descritti qualitativamente (patterns capillaroscopici) e quantizzati i parametri visivi dei microvasi, e viene prodotto un referto per medico e paziente, altamente educativo e corredato di numeri (e foto a colori) che danno la possibilità di valutare la severità dell’eventuale danno. Consideriamo che l’analisi comparativa nel follow-up capillaroscopico e clinico dei pazienti ha permesso per esempio di osservare gli effetti lungo termine di terapie specifiche per la sclerosi sistemica, ma anche per altre patologie maggiormente cutanee come la psoriasi, proprio basandosi sulle immagini quantizzate capillaroscopiche”.

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