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Martedì 05 LUGLIO 2011
Lo studio: cuore a rischio con la pillola per smettere di fumare. Ma è polemica

Una metanalisi pubblicata Canadian Medical Association Journal mostra che la vareniclina, il farmaco di Pfizer per smettere di fumare, aumenta del 75 per cento le probabilità di andare incontro a seri eventi cardiovascolari. Ma l’azienda contesta i risultati. E la comunità scientifica si spacca: “potrebbe essere un rischio accettabile”.

L’uso di vareniclina (Champix) per smettere di fumare è associato a un aumento del 72 per cento del rischio di andare incontro a seri eventi cardiovascolari. È questo il risultato di uno studio pubblicato sul Canadian Medical Association Journal.
Lo studio, condotto da ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora (Usa), dell’University of East Anglia di Norwich (UK) del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Salem (Usa) è una metanalisi che ha passato in rassegna 14 trial precedenti, per un totale di 8216 pazienti, 4908 dei quali ha assunto il farmaco per la disassuefazione da nicotina.
Dall’analisi è emerso che 52 pazienti nel gruppo in trattamento ha riportato seri eventi cardiovascolari (l’1,06%) a fronte dei 27 (su 3308, pari allo 0,82%) nel gruppo che assumeva placebo. Identico il numero di decessi nei due gruppi (7), nonostante il gruppo in trattamento fosse più numeroso (di circa il 30 per cento).
“L’uso di vareniclina è risultato essere associato a un significativo aumento del rischio di seri eventi avversi cardiovascolari di più del 72 per cento”, ha commentato Sonal Singh della Johns Hopkins University School of Medicine e tra gli autori dello studio. “Nonostante i pazienti trattati raggiungessero più del doppio dei tassi di astinenza - cosa che potrebbe comportare un beneficio cardiovascolare - si è osservato un aumento del rischio. E ciò si verifica in tutti i fumatori, con o senza pregressi problemi cardiaci”.
Nonostante questi risultati, invita alla cautela Taylor Hays della Mayo Clinic, che in un editoriale pubblicato a corredo dello studio sottolinea che “nonostante questi risultati suggeriscano di essere prudenti nel prescrivere la vareniclina per il trattamento della dipendenza da tabacco, il piccolo rischio assoluto di eventi cardiovascolari associato al trattamento è surclassato dagli enormi benefici, sia in termini di morbidità sia di mortalità, che derivano dall’astinenza dal fumo”.
Insomma, se anche i risultati della metanalisi fossero corretti, il gioco varrebbe la candela perché i danni del fumo sono tali e tanti da rendere poca cosa l’aumento del rischio.
Pfizer, l’azienda produttrice del farmaco, dal canto suo, non accetta mediazioni e contesta alla base lo studio.
In una nota, diffusa a stretto giro di posta dalla pubblicazione dell’analisi, ha sottolineato come “la ricerca disponibile su vareniclina, cioè 14 trial clinici con più di 7000 fumatori coinvolti e le valutazioni delle autorità regolatorie in tutto il mondo, dimostra l’importanza di questo farmaco, che costituisce un’opzione di trattamento efficace e appropriata per la cessazione dell’abitudine al fumo negli adulti”.
L’azienda, inoltre, si è detta “preoccupata dall’attendibilità della metanalisi di Singh e altri pubblicata sul Canadian Medical Association Journal. Preoccupazioni connesse, tra le altre cose, all’appropriatezza della misura del rischio cardiovascolare impiegata dagli autori che combina eventi che non condividono cause biologiche comuni, al modo in cui gli eventi cardiovascolari sono stati contati e classificati e dal piccolo numero di eventi da cui gli autori hanno tratto le conclusioni”.
Intanto, sta definendo con l’Fda le modalità per realizzazione di una metanalisi che chiarisca una volta per tutte il profilo beneficio-rischio del farmaco, che è sul mercato americano ed europeo dal 2006.

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