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Venerdì 10 MARZO 2017
Aspirina. Il punto sul suo uso in prevenzione primaria per malattie cardiovascolari e tumori

Un position paper della Società Italiana per la Prevenzione Cardio-vascolare presentato ieri a Napoli. Mentre nel caso della prevenzione secondaria di eventi cardio e cerebrovascolari (infarti e ictus) il ruolo protettivo dell’aspirina e la sua supremazia sul rischio di sanguinamenti è indiscusso, i risultati degli studi clinici sull’aspirina nella prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari non saranno disponibili prima dei prossimi 4-6 anni.  

Opportunità e rischi nell'utilizzo dell'asprina nella prevenzione della malattie cardiovascolari e nei tumori sono analizzati in un position paper della Società Italiana per la Prevenzione Cardio-vascolare (Siprec) presentato ieri a Napoli. Mentre nel caso della prevenzione secondaria di eventi cardio e cerebrovascolari (infarti e ictus) il ruolo protettivo dell’aspirina e la sua supremazia sul rischio di sanguinamenti è indiscusso, i risultati degli studi clinici sull’aspirina nella prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari non saranno disponibili prima dei prossimi 4-6 anni.
 
Anche sul fronte dei tumori, sebbene le evidenze scientifiche suggeriscano un ruolo protettivo dell’aspirina (soprattutto contro i tumori dell’apparato gastro-intestinale), non esistono ancora prove certe al riguardo.
 
Il documento della Siprec cerca di fare chiarezza in attesa che tutti questi punti vengano chiariti, per fornire al medico elementi ulteriori di analisi nella pratica clinica di tutti i giorni, quando ci si trova a dover decidere se trattare o meno i pazienti con l’aspirina, anche in prevenzione primaria, in assenza di qualunque linea guida o raccomandazione. Sapendo che adottare un atteggiamento troppo prudente, cioè quello di evitare l’uso dell’aspirina in prevenzione primaria in tutti i pazienti, può portare a perdere un’occasione importante di prevenire un certo numero di infarti, ictus e forse tumori. 
 
Tutto ciò anche in considerazione del fatto che sempre più frequentemente l’aspirina viene prescritta in prevenzione primaria, in maniera ‘off label’, per non parlare dei pazienti che la assumono spontaneamente. In questa sorta di limbo nel quale mancano ancora prove certe di un beneficio nettamente superiore ai rischi, la comunità scientifica suggerisce di valutare caso per caso se iniziare o meno la terapia con aspirina in un’ottica di prevenzione primaria integrata (cardiologica e oncologica).
 
“La creazione di una carta o di un punteggio per il calcolo del rapporto rischio/beneficio cardiovascolare ed oncologico integrato – afferma il professor Massimo Volpe, neo-presidente della Siprec – sarebbe quindi fortemente auspicabile e potrebbe costituire uno strumento di fondamentale importanza a disposizione del clinico, in attesa che gli studi prospettici in corso (ACCEPT-D, ASCEND, ARRIVE, ASPREE) siano in grado di chiarire il duplice ruolo combinato dell’aspirina nella prevenzione di patologie cardio-vascolari e neoplastiche”.
 
Come decidere se dare l’aspirina in prevenzione primaria. Non è possibile secondo gli esperti rispondere in maniera manichea alla domanda ‘aspirina si o no in prevenzione primaria’; il rischio cardiovascolare è un continuum e se l’aspirina fa bene il suo lavoro in prevenzione secondaria non è verosimile che non abbia alcun effetto anche in un contesto di prevenzione primaria. Ma è necessario fare un attento bilancio rischi- benefici.
L’aspirina potrebbe avere un ruolo in prevenzione primaria nei soggetti ad alto rischio di malattie cardiovascolari e con basso rischio di sanguinamento.
I fautori del ‘si’ fanno inoltre notare che i benefici dell’aspirina, oltre che alla prevenzione degli eventi cardio e cerebrovascolari si estendono anche al fronte dei tumori; recenti studi sembrano infatti suggerire un suo ruolo  nella prevenzione dei tumori del colon-retto e di altre neoplasie e alcune metanalisi hanno evidenziato che l’assunzione di aspirina al dosaggio di 75-300 mg/die per oltre 5 anni ridurrebbe il rischio di cancro del colon-retto del 40%.
 
Nella scelta aspirina si o no in prevenzione primaria è bene dunque avvalersi di soglie del rischio che, per quanto arbitrarie, sono comunque meglio della totale assenza di raccomandazioni.
 
“Gli elementi già disponibili – ricorda il professor Raffaele De Caterina dell’Istituto di Cardiologia dell’Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti – suggeriscono che l’uso dell’aspirina in prevenzione primaria riduce la mortalità, anche extra-vascolare, riduce gli infarti e probabilmente anche gli ictus ischemici, al costo di un numero di sanguinamenti maggiori, in gran parte reversibili, e di un piccolissimo aumento del rischio di ictus emorragico (evento rarissimo)”.
 
Due anni fa, 7 società scientifiche nazionali che si occupano di prevenzione cardiovascolare, insieme al Working Group Thrombosis dell’ESC hanno concluso che l’aspirina possa essere senz’altro data in prevenzione primaria in presenza di un rischio a 10 anni di eventi cardiovascolari maggiori superiore al 20%, a meno che non vi sa una storia di sanguinamento senza cause reversibili o in caso di assunzione concomitante di altri farmaci che aumentino il rischio emorragico. Nel caso di un rischio a 10 anni calcolato intorno al 10-20%, andrà considerata anche l’eventuale presenza di familiarità per cancro gastro-intestinale (soprattutto del colon), le preferenze del paziente e andrà valutato attentamente il rischio di sanguinamento. In caso di rischio cardiovascolare a 10 anni inferiore al 10%, basso rischio di neoplasie del colon retto ed elevato rischio di sanguinamento, l’aspirina in prevenzione primaria non va data.
 
“L’aspirina – ricorda il professor Carlo Patrono del Dipartimento di Farmacologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – ha molteplici effetti farmacologici, in funzione della dose e dell’intervallo posologico: riduce la febbre, determina una riduzione del dolore di intensità lieve-moderata e di alcuni segni e sintomi di infiammazione. L’aspirina a basse dosi è inoltre un farmaco antipiastrinico ideale, effetto ampiamente sfruttato negli ultimi 30 anni. Nell’ultimo decennio infine è emerso un effetto chemio-preventivo dell’aspirina nei confronti del cancro del colon-retto”.
 
“Il Medico di Medicina Generale – afferma Augusto Zaninelli, professore di Medicina Generale dell’Università di Firenze – dovrebbe farsi custode della storia clinica globale del singolo paziente e del suo rischio cardiovascolare globale arrivando a considerare finanche la sua storia familiare. Pertanto, lo sviluppo di questo nuovo paradigma di prevenzione primaria  cardiovascolare e neoplastica globale conferma, ed anzi incrementa, la centralità dell’attività del Medico di Medicina Generale anche nell’ottica di un attento follow up a lungo termine dei pazienti in terapia con aspirina”.
 
Malattie cardiovascolari: le statistiche italiane. In Italia la mortalità totale in poco più di 30 anni si è dimezzata (-51% tra il 1980 e il 2013) e le malattie cardiovascolari sono quelle che più hanno contribuito a questo successo (- 63% la mortalità per cardiopatia ischemica; -70% mortalità per malattie cerebro-vascolari). Le malattie cardiovascolari rappresentano tuttavia ancora la principale causa di morte per gli italiani. I dati ISTAT nel 2013 evidenziano che queste patologie contribuiscono per il 37% alla mortalità totale (41% nelle donne e 34% negli uomini); le malattie ischemiche del cuore determinano il 12% della mortalità totale (11% nelle donne, 13% negli uomini) e quelle cerebrovascolari il 10% (11% nelle donne e 8% negli uomini).
 
Un problema ‘emergente’ è rappresentato dallo scompenso cardiaco, che spesso costituisce un’evoluzione della cardiopatia ischemica e che è causa ormai di oltre la metà dei ricoveri per malattie cardiovascolari. Ma in quale percentuale la riduzione degli infarti fatali registrati nei 20 anni tra il 1980 ed il 2000, nella  popolazione italiana di età 25-84 anni, è da attribuire alle azioni di prevenzione primaria sui fattori di rischio nella popolazione (principalmente correzione dello stile di vita, inteso come alimentazione, attività fisica, abitudine al fumo), e quale ai trattamenti farmacologici e chirurgici (by-pass aorto-coronarico e angioplastica) in fase acuta, in prevenzione primaria e secondaria?
 
 “Dei 42.927 decessi in meno registrati tra il 1980 ed il 2000 per malattia coronarica – afferma Luigi Palmieri del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Dismetaboliche e dell'Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma– ben il 58% è attribuibile ai benefici derivanti dalla riduzione dei principali fattori di rischio nella popolazione (effetto ridotto di un 3% per l’incremento del diabete e dell’obesità), mentre il 40% ai benefici derivanti dal complesso dei trattamenti farmacologici e chirurgici. Questi risultati enfatizzano l’importanza di una strategia complessiva che da un lato promuova attivamente un’azione di prevenzione primaria di popolazione sulle malattie cardiovascolari perseguendo la riduzione dei principali fattori di rischio attraverso l’adozione di stili di vita salutari, e dall’altra massimizzi la copertura della popolazione con trattamenti farmacologici e chirurgici efficaci”.

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