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Venerdì 17 MARZO 2017
Settimana mondiale senza sale: 90% italiani ne consuma troppo

Mangiare troppo sale, troppo spesso, può provocare danni molto gravi alla salute, non solo all’apparato cardiovascolare. Scoperta anche la correlazione tra alcuni tumori e l’assunzione esagerata di sale. Dal 20 al 26 marzo, si svolgerà la Settimana mondiale del sale per sensibilizzare non solo la popolazione, ma anche le aziende produttrici di generi alimenti, perché la maggior parte del sale è contenuto proprio nei prodotti già pronti. I consigli degli esperti per limitare il consumo individuale.

Consumare troppo sale fa male alla salute. Non solo aumenta la pressione arteriosa, facendo salire pure il rischio di infarto del miocardio e ictus cerebrale, ma può indurre anche altre patologie come i tumori dell’apparato digerente, l’osteoporosi e la malattia renale cronica. Per sensibilizzare ad una corretta assunzione di questo alimento, dal 20 al 26 marzo, si svolgerà la Settimana mondiale del sale, promossa dalla World Action on Salt & Health (WASH), associazione mondiale con partner in 95 Paesi dei diversi continenti.

Una storia lunga oltre 10 anni
Gran parte del sale ingerito è contenuto in alimenti che compriamo già pronti come il pane e prodotti da forno, formaggi e salumi. Per questo la vera sfida non è solo raggiungere i consumatori, ma anche l’industria alimentare. La settimana di sensibilizzazione, infatti, è stata istituita nel 2005 proprio con l’obiettivo di incoraggiare le aziende alimentari multinazionali a ridurre il sale nei loro prodotti e a sensibilizzare i Governi sulla necessità introdurre delle campagne per educare i propri cittadini.

Quanto sale consumano gli italiani: lo studio
Soltanto il 5% degli uomini e il 15% delle donne consuma meno di 5 g al giorno di sale, la dose massima raccomandata, corrispondente a 2 grammi di sodio. La media tra i maschi è risultata pari a 10,6 g e a 8,2 g tra le signore. È questo il risultato di uno studio, “MinSal 2009-2012” , realizzato dall’Università di Napoli Federico II e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in collaborazione con l’ex Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), l’Università Cattolica di Campobasso, la Fondazione per l’Ipertensione Arteriosa, la Clinica Pediatrica dell’Università di Foggia e il GIRCSI. In tutte le Regioni italiane sono stati riscontrati valori fuori norma, ma al sud la media è risultata decisamente più alta, così come emerso osservando l’inattività fisica e l’obesità.

 
Sono stati analizzati anche altri due campioni di popolazione: uno con pazienti affetti da pressione alta ed un altro con bambini e adolescenti. Il consumo medio giornaliero di sale nel campione della popolazione di ipertesi è risultato superiore alle assunzioni raccomandate e pari a 10,1 g tra gli uomini e 8,1 g tra le donne, senza alcuna differenza tra le aree geografiche e con valori particolarmente elevati tra i pazienti ipertesi in sovrappeso o obesi. Anche la popolazione pediatrica è risultata caratterizzata da una assunzione eccessiva di sale con 7,4 g di sale al giorno tra i ragazzi e 6,7 g tra le ragazze. Il 93% dei ragazzi e l’89% delle ragazze ha un consumo superiore al valore consigliato per età.

Tutti numeri ben lontani dagli obiettivi raccomandati dall’OMS nel Piano d’Azione Globale 2013-2020. Lo scopo è raggiungere, entro il 2025, una riduzione dei consumi di sale a livello mondiale pari al 30%.

Come ridurre il sale in 5 mosse
L’impegno per ridurre il sale può e deve partire anche dal singolo individuo. Ecco i consigli degli esperti. Innanzitutto: leggere attentamente l’etichetta nutrizionale per scegliere in ciascuna categoria i prodotti a minore contenuto di sale e cerca i prodotti a basso contenuto di sale, cioè inferiore a 0.3 grammi per 100 g (corrispondenti a 0.12 g di sodio). Poi, ridurre l’uso di sale aggiunto sia a tavola che in cucina, preferendo il sale iodato, e utilizzare in alternativa spezie, erbe aromatiche, succo di limone o aceto per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi. Regola numero tre: limitare l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, salse, maionese ecc.). Quattro: ridurre il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale, come snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola. Infine, evitare l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini, almeno per il primo anno di vita.
 
Le istituzioni Italiane impegnate
Attraverso l’impegno congiunto del Ministero della Salute, con il Programma Guadagnare Salute, di organizzazioni non governative come la Società italiana di nutrizione clinica (SINU) e il Gruppo di lavoro Intersocietario per la Riduzione del Consumo di Sale in Italia (GIRCSI) dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e delle Regioni, nonché la collaborazione dell’industria alimentare e di alcune aziende di ristorazione collettiva, si sta investendo per aumentare la consapevolezza dei cittadini e rendere più facili le scelte salutari. Sono stati stretti anche accordi volontari con l’industria alimentare e con le principali associazioni nazionali dei panificatori artigianali per riformulare una ampia gamma di prodotti disponibili sul mercato, a partire dal pane, prima fonte di sale nell’alimentazione degli Italiani. Il Ministero della Salute, attraverso il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), ha sostenuto, inoltre, alcuni progetti che hanno consentito la raccolta di informazioni sui consumi di sale dei cittadini italiani di ogni età.

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