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09 APRILE 2017
Corruzione in sanità. Servirebbe più cautela sui dati. Si lavori per motivare gli operatori anziché mortificarli con giudizi generici e sommari

La "ricerca" su illegalità e corruzione non è esente dai difetti che condizionano la gran parte degli studi condotti in ambito sanitario. Essa gode infatti di una risonanza molto ampia ma, purtroppo, non sempre è rigorosa. La corruzione “vende”. Ma solo una buona ricerca può rivelarsi la chiave per valorizzare e rafforzare il patrimonio di integrità del Ssn, fortunatamente ancora ampio.

I dati su illegalità e corruzione pubblicati in questi giorni su quotidiani, newsletter e siti web ci dicono soprattutto una cosa: la "ricerca" su illegalità e corruzione non è esente dai difetti che condizionano la gran parte degli studi condotti in ambito sanitario. Essa gode infatti di una risonanza molto ampia ma, purtroppo, non sempre è rigorosa. La corruzione “vende”. E, probabilmente, anche le proposte di formazione rivolte alle Aziende sanitarie e, più in generale, a tutta la Pubblica Amministrazione "vendono", benché siano per lo più meri adempimenti burocratici. Su argomenti così delicati, sui quali l’attenzione dei cittadini è così elevata, servirebbe invece un sovrappiù di cautela per mettere a fuoco le specificità del settore sanitario e fare gli opportuni distinguo tra irritualità formali e illegalità sostanziali (quest’ultime fortunatamente assai meno frequenti).
 
Sorprende ad esempio leggere nella prefazione del nuovo Report 2017 “Curiamo la corruzione” che il lettore potrà trovarvi “… indicazioni utili per erigere barriere efficaci contro corrotti e corruttori”: solo pochi mesi fa i ricercatori della Cochrane, a fronte dell’analisi delle pubblicazioni scientifiche internazionali, hanno ribadito che non esistono dati certi per affermare quale sia il modello più efficace per la riduzione della corruzione nel settore sanitario.

Altre evidenze scientifiche mostrano, se mai ce ne fosse bisogno, come non esistano persone completamente avulse dal rischio di comportamenti opachi, essendo immerse in ambienti che continuamente offrono loro scorciatoie, piccoli vantaggi, favoritismi. Ma costruire barriere non ha mai portato a risultati positivi. Si tratta piuttosto di offrire a tutti coloro che quotidianamente operano in un settore delicato quale quello deputato alla tutela della salute, caratterizzato per sua natura da plurime e diversificate situazioni di conflitto di interesse, strumenti innanzitutto etici e culturali che possano far aumentare la percezione dei rischi.
 
Ed è questa forse la riflessione più importante che emerge dalla lettura del rapporto “Curiamo la corruzione”: il ricorso, spesso inevitabile, a misure e indicatori soggettivi, richiede una particolare cautela, di analisi e soprattutto di interpretazione. È indispensabile non cedere alla tentazione di descrivere i fenomeni affidandosi a "stime" o alla "presunzione" del loro manifestarsi. Inoltre l’interpretazione della percezione del rischio (principale indicatore usato nelle survey attuali) va ri-orientata: un’alta percezione dei rischi è un bene non un male. Tanto più i professionisti sono in grado di percepire i rischi, tanto più saranno disposti a ricercare, formulare e condividere strumenti di gestione e prevenzione degli stessi. Se un alpinista è conscio del rischio che corre avventurandosi in alta montagna, si attrezza adeguatamente.
 
Analogamente, se i professionisti sanitari conoscono le potenziali ricadute negative derivanti da rischi di illegalità, saranno portati a dotarsi di strumenti adeguati. Questo approccio tuttavia richiede tempo e formazione specifica, e forse proprio per questo è trascurato da ricercatori e formatori che puntano alla visibilità immediata o alla (fugace) credibilità derivante dall’applicazione di intricati algoritmi matematici. Serve, al contrario, una visione lungimirante, rispettosa del lavoro e soprattutto delle persone che quotidianamente si spendono per la salute della popolazione. Senza, ovviamente, abbassare la guardia rispetto a opacità e illegalità.

Tutti, pazienti, operatori, istituzioni e fornitori del servizio sanitario, abbiamo bisogno di ricerche mirate, puntuali, sui rischi e sulle loro cause, meglio se su problemi specifici, capaci di tradursi in attività di coinvolgimento partecipato del personale sanitario. Solo una buona ricerca può rivelarsi la chiave per valorizzare e rafforzare il patrimonio di integrità del SSN, fortunatamente ancora ampio.

Abbiamo infine bisogno di non sprecare l’attenzione che attualmente viene riservata alla legalità, evitando di organizzare giornate sulla trasparenza e l’anticorruzione che di fatto non hanno una reale capacità di promuovere una crescita culturale. Facciamo emergere invece le esperienze di promozione dell’integrità nel sistema della salute, e non solo nel sistema sanitario.
 
Riconosciamo la fatica e l’impegno di chi rifiuta le lusinghe di una realtà così suadente e sfrontata da costituire - in alcune situazioni - un abbraccio mortale per l’integrità di parti del sistema. Promuoviamo la legalità, e non limitiamoci a contrastare la corruzione. Identifichiamo e valorizziamo i fattori di protezione contro ogni forma di illegalità, a partire dalla competenza dei professionisti fino al sostegno del controllo sociale, evitando di affidarci solo ai controlli ispettivi. Lavoriamo per motivare gli operatori, anziché mortificarli con giudizi generici e sommari.
 
La difesa della legalità passa in primo luogo dalla capacità di distinguere i comportamenti virtuosi da quelli disinvolti e questi ultimi da quelli criminali.  
 
Nerina Dirindin
Commissione Sanità del Senato
 
Luca De Fiore
Direttore Il Pensiero scientifico
 
Chiara Rivoiro
Coripe Piemonte

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