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Martedì 18 APRILE 2017
Pro e contro del nuovo metodo Aifa per i farmaci innovativi

Meno “algoritmo” e più “linea guida”. Innovazione farmacologica e tecnologica scompaiono come criteri. Un nuovo meccanismo d’azione non conta se non aggiunge un vantaggio terapeutico e la tecnologica è tale solo se genera una migliore profilo clinico. Critiche? Poche, trovo il metodo valido. Però non considera l’innovazione “economica”: il metodo valuta il vantaggio per il paziente e non per l’intero Ssn

“Ibis redibis non morieris in bello” sentenzia ambigua la Sibilla Cumana nella sua predizione oracolare. “Andrai tornerai non morirai in guerra”: significato opposto secondo virgola prima o dopo il “non”. Interpretazione discrezionale, ma dalla semantica ambivalente: può essere utile elasticità di giudizio o demagogico strumento di potere. Nel nuovo algoritmo AIFA per l’innovatività di un nuovo farmaco di discrezionalità ce n’è parecchia di più rispetto al vecchio metodo.
 
Partorito dopo una gestazione quinquennale, a fare da ”ossitocina” la legge di bilancio e i due nuovi fondi dedicati da 1 miliardo, il nuovo metodo “asciuga” le precedenti tecnicalità e diventa meno dogmatico e più interpretativo, specialmente nelle valutazioni intermedie, la stragrande maggioranza. Riducendo quali-quantitativamente le variabili codificate di valutazione e le loro potenziali inferenze incrociate. Meno “algoritmo” e più “linea guida”, insomma.
 
Non equipara più innovazione reale e potenziale ma ne differenzia i benefici, riducendo quelli dei “potenziali” da 36 a 18 mesi, al solo inserimento nei prontuari regionali, no accesso ai nuovi fondi, non più esenzione dal payback. Onere decisionale quindi ridotto per AIFA e più spostato sulle Regioni (che comunque fanno parte del suo CdA).
 
Innovazione farmacologica e tecnologica scompaiono come criteri. Un nuovo meccanismo d’azione non conta se non aggiunge un vantaggio terapeutico e la tecnologica è tale solo se genera una migliore profilo clinico (per PK/PD o per accresciuta aderenza e/o compliance o altro). S’incentivano quindi end-point concreti (anche nel form AIFA di richiesta).
 
Critiche? Poche, trovo il metodo valido. Però non considera l’innovazione “economica”. Diceva Henry Ford che “è vera innovazione solo quando i vantaggi sono diffusi”. Il metodo valuta il vantaggio per il paziente e non per l’intero SSN, che invece ne è il principale “stakeholder”, e payer, e nel cui alveo, nella cui “prospettiva” si effettua la valutazione.
 
È l’irrisolta questione delle risorse tra etica ippocratica della cura al singolo paziente inevitabilmente contrapposta all’etica dei sistemi sanitari pubblici, di tutti i pazienti, cioè dell’equa loro allocazione per la massima utilità diffusa. Una nuova terapia è innovativa anche perché rende più efficiente e quindi equa la spesa SSN nell’allocazione delle risorse. Per rapporto costo-efficacia incrementale (ICER) favorevole, per Budget Impact (BIA) conveniente, per processo.
 
Complice anche l’offerta di terapie sempre più “selettive”, il nuovo metodo valuta in modo “verticale”, clinico per i suoi beneficiari, ma senza approccio “orizzontale” di sistema, invece “economico”. Molto innovativo per pochi, non importa se e quanto per il SSN. Che però è di tutti e pagato da tutti. Quale cut-off, allora, tra innovatività terapeutica (per pochi) e suo costo (per tutti), se non ne conosciamo gli effetti? È il Cost per QALY (NICE UK, HAS francese, ecc).
 
Si aggiunge un’aggravante, direi, di principio, con una sorta di paradosso di Easterlin al contrario: ottieni dal SSN benefici economici (fondi speciali, esenzione dal payback, ecc.) ma senza dovergliene dare. In una disconnessione tra causa ed effetto, un disallineamento tra criteri di merito e sua remunerazione.
 
E una potenziale eterogenesi dei fini del decisore. Escludendo la valutazione economica e di HTA dal giudizio sull’innovatività, questi rinuncia alla relativa leva di controllo, ma così ne rafforza l’autonomia nel resto del processo negoziale nella “value proposition” industriale sul plusvalore economico del prodotto così slegata dal grado d’innovatività.
 
Vale, infine, il rischio generale intrinseco alla maggiore discrezionalità interpretativa e quindi decisionale, vantaggiosa se decidi tu, meno se ne sei oggetto. Fu fatale persino alla Sibilla che pure ne era appunto dispensatrice: quando fu lei a dovere chiedere ad Apollo, di cui era oracolo e amante, l’immortalità lui la accontentò: la rese immortale, però (furbo e carogna) senza concedergli la giovinezza, facendola così invecchiare in eterno. Chi di ambiguità ferisce…

Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 

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