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Venerdì 12 MAGGIO 2017
Sperimentazioni cliniche. Melazzini (Aifa): “Condividere i dati è nell'interesse di tutti”

Condividere questii dati prodotti nel corso delle sperimentazioni è una risorsa informativa che potrebbe consentire di ridurre i costi e i tempi e orientare lo sviluppo futuro della ricerca, ottimizzare gli interventi di salute pubblica, guidare le scelte dei decisori sulla base di evidenze solide e costantemente aggiornate. È però fondamentale che l’accesso ai dati sia adeguatamente governato in modo da garantire gli interessi di tutte le parti in causa

La condivisione dei risultati della ricerca clinica ha un valore prezioso per la comunità medico-scientifica, come ho avuto già modo di evidenziare in un precedente editoriale intitolato Dagli studi clinici alla pratica medica, allineando e integrando i dati sanitari [1]. Significa valorizzare e mettere a fattor comune l’enorme mole di dati sanitari prodotti nel corso delle sperimentazioni cliniche: una risorsa informativa che potrebbe consentire di ridurre i costi e i tempi e orientare lo sviluppo futuro della ricerca, ottimizzare gli interventi di salute pubblica, guidare le scelte dei decisori sulla base di evidenze solide e costantemente aggiornate.
 
È questa la ragione per cui è crescente l’interesse nei riguardi di esperienze e di partnership pubblico-privato per la condivisione dei dati mediante strumenti che ne consentano il reale accesso e l’effettiva fruizione per scopi clinici e di ricerca.
 
In un articolo su The New England Journal of Medicine, un Comitato di esperti [2] evidenzia i vantaggi di alcuni di questi modelli, con particolare riferimento all’area oncologica. Solo di recente – osservano gli Autori – la comunità dei ricercatori ha iniziato a dare centralità al tema della condivisione dei dati e delle relative responsabilità. Se sono trascorsi oltre sessant’anni prima che ciò accadesse è perché i ricercatori e le aziende farmaceutiche sono stati indotti a proteggere i dati e a utilizzarli esclusivamente per le loro finalità da diversi fattori. Tra questi, la tutela della proprietà intellettuale, gli interessi del gruppo di studio primario e dello sponsor, i rischi per la riservatezza connessi alla condivisione di dati individuali ad alta densità necessari per sviluppare approcci di medicina personalizzata, la difficoltà di accesso alle infrastrutture tecnologiche, la carenza di know-how bio-informatico e di idonei strumenti legali.
 
Alcuni modelli sviluppati di recente stanno fornendo valide soluzioni a questi ostacoli. Gli Autori citano ad esempio il modello “gatekeeper”, in cui team di ricerca qualificati hanno accesso a specifici set di dati contenuti in un archivio web centrale, sulla base di una valutazione della proposta di ricerca da parte di un comitato indipendente di esperti. I modelli gatekeeper forniscono la customizzazione e il controllo delle singole richieste di dati in modo che i ricercatori che contribuiscono siano in grado di mantenere un livello di controllo sull’utilizzo dei loro dati. Questo modello – affermano gli Autori – può adeguatamente affrontare le barriere alla condivisione per quegli studi che riguardano ambiti sensibili, dati genomici o un numero limitato di partecipanti. Può anche offrire una certa protezione ai gruppi di ricerca che richiedono limitazioni all'uso dei dati proprietari. Tuttavia non consente di superare molti degli attuali limiti.
 
Un numero consistente di dati di studi clinici immediatamente disponibili – osservano gli Autori – può essere condiviso con il minimo rischio sia per i pazienti che per i ricercatori. Tra questi, i dati di studi già pubblicati, in particolare se i trattamenti sperimentati non sono oggetto di una valutazione da parte dell’autorità regolatoria. Inoltre, gli studi clinici sponsorizzati dall'industria coinvolgono generalmente un gruppo di confronto per il quale possono essere condivisi dati importanti a livello del paziente. Finché restano anonimi, a tutela della riservatezza dei pazienti, e non sussistono altri motivi di restrizioni all’uso, dovrebbe essere possibile scaricarli, analizzarli e riutilizzarli ai fini della ricerca.
 
Un esempio di un modello di condivisione di dati open source – cui sono affiliati alcuni degli Autori dell’articolo – è il Project Data Sphere (PDS), un progetto indipendente e senza fini di lucro del CEO Roundtable on Cancer’s Life Sciences Consortium (LSC), nato per sviluppare e attuare iniziative per la riduzione del rischio di cancro, la diagnosi precoce, l'accesso ai migliori trattamenti disponibili e il sostegno alla scoperta di nuove e più efficaci terapie antitumorali. Il progetto ruota attorno a una piattaforma web-based per l'accesso ai dati open-source. Attraverso questo sito, i ricercatori possono scaricare, condividere, integrare e analizzare i dati al livello del paziente provenienti da studi clinici di fase III sul cancro condotti da ricercatori accademici o da aziende farmaceutiche. Chi fornisce i dati ha accesso ai protocolli di de-identificazione e di standardizzazione e ai moduli degli accordi legali.
Allo stato attuale, la piattaforma contiene dati provenienti da più di 42.500 pazienti e 74 studi clinici, numeri in rapido e costante aumento.
 
Si tratta di un modello – affermano gli Autori – che potrebbe accrescere le conoscenze di una vasta comunità di scienziati provenienti da ambiti diversi e promuovere soluzioni crowd-sourced a importanti problemi clinici, un livello di coinvolgimento che non è possibile con i modelli gatekeeper. Tuttavia – sottolineano – l’'utilità del sito è limitata agli studi e alle analisi dei dati inclusi nella piattaforma. L’estensione di questo modello a una comunità di ricerca più ampia, al di fuori dell’area oncologica, richiederà tempo e risorse, ed è aperto il dibattito su quali debbano essere i ruoli e le responsabilità degli attori pubblici e privati nell'archiviazione e nella condivisione dei dati.
 
In conclusione gli Autori incoraggiano la coesistenza di più modelli – una singola piattaforma con accesso a più livelli o più piattaforme discrete realmente aperte e intercomunicanti – e ritengono che i vantaggi della condivisione convinceranno altri ricercatori a mettere in comune i propri dati.
 
È però fondamentale che l’accesso ai dati sia effettivo e adeguatamente governato in modo da garantire gli interessi di tutte le parti in causa, in primis quello dei partecipanti ai trial, sempre più al centro del processo, come d’altra parte richiede il nuovo Regolamento europeo sulla sperimentazione clinica (536/2014), in vigore da ottobre 2018. Si tratta di una sfida fondamentale per l’impatto sulla ricerca stessa e le ricadute dirette e indirette sulla scienza medica e la pratica clinica.           
 
Mario Melazzini
Aifa Editorial
 
[1] M. Melazzini, Dagli studi clinici alla pratica medica, allineando e integrando i dati sanitari, in http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/dagli-studi-clinici-alla-pratica-medica-allineando-e-integrando-i-dati-sanitari, 6 aprile 2017.
[2] Monica M. Bertagnolli, Oliver Sartor, Bruce A. Chabner, Mace L. Rothenberg, Sean Khozin, Charles Hugh-Jones, David M. Reese e Martin J. Murphy, Advantages of a Truly Open-Access Data-Sharing Model, in http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMsb1702054#t=article, 23 marzo 2017.

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