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Mercoledì 17 MAGGIO 2017
Cosa sono i farmaci SOP che, secondo il Consiglio di Stato, hanno diritto a farsi pubblicità

L'Italia, stante a quanto riferisce Assosalute, che rappresenta le aziende produttrici dei farmaci senza obbligo di ricetta, è l'unico Paese della UE a suddividere questa tipologia di farmaci in base alla possibilità o meno di fare pubblicità al pubblico: gli OTC, che possono fare pubblicità, e i SOP/SP che invece, pur vendibili senza prescrizione medica, non possono essere promossi al grande pubblico. Ecco numeri e caratteristiche di questa sotto categoria.

In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, la categoria dei farmaci senza obbligo di prescrizione medica è suddivisa in due sottocategorie: i farmaci di “automedicazione” o da “banco” in sigla OTC (dall’inglese over the counter, “sopra il bancone”) e i farmaci “senza obbligo di prescrizione” in sigla SOP, o come li chiama più appropriamente l’associazione di categoria Assosalute, “SP”, ovvero “senza pubblicità”.
 
E sì perché l’unica differenza tra le due categorie è la possibilità o meno di fare pubblicità diretta al pubblico. Possibilità concessa agli OTC e negata invece ai SOP/SP.
 
In Europa la situazione è diversa e normalmente i farmaci senza obbligo di prescrizione sono pubblicizzabili. Fanno eccezione, oltre ai farmaci SOP/SP in Italia, i farmaci prescritti e rimborsati in Francia e Spagna (in Francia possono essere esclusi dalla pubblicità altri farmaci senza obbligo di prescrizione per ragioni di salute pubblica), per i quali non è ammessa la pubblicità.
 
In Polonia e Svizzera la pubblicità è ammessa per i farmaci prescritti e rimborsati, ma solo nei punti vendita.
 
Nei Paesi Bassi, in linea di principio, i farmaci rimborsabili, se prescritti, sono pubblicizzabili (è vietata sola la comunicazione sulla loro rimborsabilità), ma di norma questo non avviene.
 
In Grecia i farmaci senza obbligo di prescrizione rimborsabili non sono pubblicizzabili, ma di fatto in tale Paese non esistono più farmaci di questa categoria.
 
Per Irlanda e Portogallo, pur essendovi farmaci senza obbligo di prescrizione non pubblicizzabili (se rimborsabili), non esistono dati specifici che distinguano tra farmaci pubblicizzabili e non pubblicizzabili.
 
In Germania la pubblicità non è consentita per alcune indicazioni terapeutiche.
 
Per tutti gli altri Paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Regno Unito) anche i farmaci eventualmente soggetti a rimborso o a restrizioni sulla distribuzione sono pubblicizzabili.
 
La sentenza del Consiglio di Stato di cui abbiamo parlato ieri quindi sembrerebbe andare nella direzione degli altri Paesi europei aprendo la via alla possibilità di fare pubblicità anche ai farmaci SOP/SP italiani mettendoli sullo stesso livello degli OTC.
 
Per precisione va ricordato comunque che la sentenza del Consiglio di Stato non ha di per sé valenza erga omnes riferendosi ovviamente alle aziende farmaceutiche che hanno presentato ricorso. D'altra parte, essendo un giudicato definitivo tra le parti, costituisce un importante precedente che detta una linea precisa da seguire sulla pubblicità per i farmaci senza obbligo di ricetta.
 
Infatti, fermi restando gli obblighi e le procedure previsti per poter effettuare pubblicità, previa apposita domanda da presentare in ogni caso al ministero della Salute, dopo questa sentenza il ministero come potrà negare l'autorizzazione ai titolari di un SOP/SP? Anche perché, in caso di diniego, possiamo star certi che i ricorsi fioccheranno e, con il precedente giurisprudenziale della sentanza del Consiglio di Stato, il verdetto appare scontato.
 
A meno che non siano individuati e normati nuovi profili di farmaci senza ricetta da sottomettere a regimi restrittivi per la pubblicità in considerazione di loro particolari profili che al momento non si possono tuttavia prevedere.
 
Ma in termini di prodotti e fatturato di cosa stiamo parlando?
Nel 2015 (dati Assosalute) il mercato dei SOP/SP è stato di 646,2 milioni di euro, pari al 25,8% del mercato totale dei farmaci senza ricetta.
 
In termini di confezioni ne esistono 1.070 in commercio e ne sono stati venduti 74,8 milioni di pezzi.
 
I più venduti sono quelli indicati per i disturbi per tosse, raffreddore e affezioni dell’apparato respiratorio che da soli rappresentano il 40% delle vendite di questa categoria di farmaci, mentre un altro 30% abbondante è ripartito in quote quasi uguali tra dermatologici (11,1%), analgesici (11%) e prodotti per i disturbi dell’apparato digerente (10,4%).
 
Fonte: i dati e le informazioni sulla legislazione europea sono tratti dal Rapporto 2016 sull'automedicazione in Italia di Assosalute
 

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