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Lunedì 29 MAGGIO 2017
Autismo. Individuare la “firma motoria” per una diagnosi sempre più precoce

Osservando i movimenti dei bambini potrebbe essere possibile diagnosticare precocemente l’autismo, fin dai primi mesi di vita o addirittura in gravidanza. E anche favorire la loro interazione sociale modificando la motricità dei bambini con autismo grazie ai robot. Questi i temi al centro del meeting “Autismo: verso un futuro migliore”, promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini a Genova

Diagnosticare precocemente l’autismo, fin dai primi mesi di vita o addirittura in gravidanza, osservando i movimenti dei bambini. E poi modificare la motricità dei bambini con autismo e di conseguenza la loro interazione sociale grazie ai robot.
 
Sono temi di ricerca di cui si è parlato durante il meeting “Autismo: verso un futuro migliore”, promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini e organizzato nei giorni scorsi a Genova.
 
 
“Le recenti acquisizioni della ricerca ci dicono che c’è rapporto tra fare e vedere. Il modello a ‘sandwich’ che ha dominato per lungo tempo le scienze cognitive e le neuroscienze è ormai superato” spiega Edvige Veneselli, Direttore dell’Unità di Neuropsichiatria Infantile all’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova e presidente del meeting. “In questo modello fare e vedere sono separati, non c’è una connessione diretta tra i sistemi percettivi e il sistema motorio. Oggi sappiamo che il sistema motorio partecipa a molte funzioni percettive e che la cognizione non è separata dal sistema motorio. I processi cognitivi, tradizionalmente considerati come isolati, sono invece radicati nell’azione e molti processi cognitivi vedono la partecipazione del sistema motorio”. Questa concezione ha avuto conferma con la scoperta dei neuroni a specchio, che rispondono non soltanto quando si esegue un movimento, ma anche quando si vede un altro individuo eseguire lo stesso movimento o uno simile.
 
“I nostri studi riguardano la capacità di leggere l’intenzione dalla semplice osservazione dei movimenti” aggiunge Cristina Becchio, Senior Researcher dell’Istituto Italiano di Tecnologia(ITT) di Genova. “Tradizionalmente le intenzioni sono state considerate fenomeni intracranici, che non si possono vedere perché sono racchiuse nella scatola cranica dell’individuo e come tali non sono osservabili – ha spiegato – abbiamo invece osservato che le intenzioni, gli stati mentali, si traducono in pattern di movimento visibili. Si tratta di differenze del movimento quasi impercettibili e per studiare le variazioni nel pattern del movimento abbiamo bisogno di una metodologia non semplicemente quantitativa, ma anche qualitativa, utilizzando tecniche di modelling, neuro-imaging e stimolazione. Inoltre abbiamo abbinato alla tecnica di risonanza magnetica funzionale una tecnica di analisi multivariata”.
 
In collaborazione con l’unità di neuropsichiatria infantile dell’Istituto Gaslini, i ricercatori si sono quindi chiesti se un’analoga modulazione intenzionale si potesse osservare nel movimento effettuato da bambini con diagnosi di autismo e se ci fossero differenze tra bambini con autismo rispetto ai bambini a sviluppo tipico nelle intenzioni e nei movimenti. “La conclusione – ha aggiunto Becchio – è che la quantità di informazioni trasmesse dalla cinematica circa l’intenzione al movimento è maggiore nel gruppo a sviluppo tipico rispetto al gruppo con autismo, a conferma quindi di un’anomalia nel movimento”.
 
Dalle prime osservazioni di ricerca si posso trarre anche implicazioni per la diagnosi. “Queste osservazioni, infatti, potrebbero fornire un nuovo marker comportamentale utile per una diagnosi precoce prosegue l’esperta – dato che queste anomalie sono presenti fin dalla nascita e quindi potrebbero essere indagate fin dai movimenti nei primi mesi di vita. E per favorire la diagnosi, i ricercatori dell’IIT stanno pensando di realizzare una nuova tecnologia portatile che possa catturare la firma motoria dell’autismo in un ambiente al di fuori del laboratorio. Un dispositivo non invasivo, a basso costo, che possa monitorare i movimenti durante le 24 ore e fornire utili indicazioni per l’individuazione precoce della malattia”.
 
Altri ricercatori stanno studiando il rapporto tra movimento e autismo. I fratelli minori di bambini già diagnosticati sono a rischio di sviluppo di autismo, soprattutto i maschi. Infatti nei maschi minori di fratelli con autismo il rischio di sviluppare la stessa condizione è pari al 25,9, tanto che nel mondo sono nati diversi "baby sibling network", reti di ricercatori che monitorano i bambini a rischio fino ai tre anni di vita. In Italia è stato istituito il Nida, Network Italiano per il riconoscimento precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico, promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della Salute. “Abbiamo monitorato sia bambini a basso rischio, cioè senza precedenti casi in famiglia, sia ad alto rischio, cioè con fratelli autistici” ha affermato Maria Luisa Scattoni, Ricercatrice del Reparto di Neurotossicologia e Neuroendocrinologia dell’Istituto Superiore di Sanità.
 
“Di recente abbiamo incluso altre popolazioni a rischio, cioè i bambini prematuri tra la 26ma e 31ma settimana di gestazione – ha spiegato Scattoni – il monitoraggio riguarda due indici di benessere: il pianto prenatale e l’analisi dei movimenti nei primi mesi di vita. Il pianto è il primo sistema con cui il bambino comunica con il mondo esterno e la sua caratteristica è data dal numero di picchi di frequenza generato dalle vibrazioni delle corde vocali, che agiscono sotto il controllo del sistema nervoso centrale. Mettendo a confronto i diversi gruppi di bambini, monitorati per i primi sei mesi di vita, abbiamo osservato che i bambini a basso rischio hanno una frequenza fondamentale del pianto diversa rispetto ai bambini ad alto rischio. Per quanto riguarda l’altro indice di benessere – prosegue Scattoni – il presupposto è che il bambino nelle prime settimane di vita effettua dei movimenti di stiracchiamento delle braccia e delle gambe. Dalla nona settimana di vita il movimento coinvolge tutto il corpo, che poi precede il movimento finalizzato e intenzionale, per esempio portare qualcosa alla bocca. Abbiamo osservato i movimenti di tre gruppi: i bambini a basso rischio, quelli ad alto rischio ma non ancora diagnosticati per autismo, e un terzo gruppo con diagnosi di autismo. Nelle prime sei settimane di vita i bambini a basso rischio presentano un punteggio ottimale mentre i bambini ad alto rischio che non hanno ancora ricevuto una diagnosi hanno una traiettoria differente, e i bambini con diagnosi di autismo hanno un repertorio povero. Ora stiamo avviando un nuovo studio, all’interno di un progetto europeo, per registrare i movimenti fetali durante l’ecografia 3D e 4D, in modo da poter identificare i bambini a rischio fin dalla gravidanza”.
 
Le nuove tecnologie per una diagnosi precoce. Le nuove tecnologie possono essere utili non soltanto per una diagnosi precoce, ma anche per migliorare il movimento dei bambini con autismo. “Un progetto dell’ITT riguarda lo sviluppo di nuovi approcci senso-motori utilizzando piattaforme robotica – ha aggiunto Becchio – pensiamo di utilizzare iCub, il robot realizzato nei laboratori del nostro Istituto”. Si tratta di un robot androide costruito dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova. Alto 104 cm e pesante 22 kg, la sua estetica e funzionalità ricordano quelle di un bambino di circa tre anni. Il maggiore scopo di questa piattaforma informatica e hardware è quella di studiare la cognizione, attraverso l’implementazione di algoritmi motivati dalla biologia.
 
“Partendo dal presupposto che i bambini con autismo si muovono diversamente – ha sottolineato Becchio – l’idea è che se potessimo modificare la loro cinematica, potremmo ottenere un impatto non soltanto sul loro controllo motorio, ma verosimilmente anche sulla loro capacità di percepire l’azione altrui e quindi sulla loro capacità di interazione sociale. Poiché non possiamo istruire un bambino a muoversi diversamente, perché il controllo motorio non è sottoposto a un controllo consapevole, potremmo grazie al robot sfruttare un fenomeno che si chiama ‘contagio motorio’: dato che le azioni altrui sono contagiose, possiamo trasferire parametri di movimento dall’azione altrui ai bambini con autismo. Per cui ci prefiggiamo di cambiare i pattern motori di iCub per contagiare i bambini a muoversi con una cinematica via via più simile a quella dei bambini a sviluppo tipico”. 

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