quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 07 GIUGNO 2017
La polemica sui vaccini e la nostra idea di scienza

L’idea di scienza di tutto l’establishment della sanità e della medicina è, stringi stringi, tetragona, monolitica, inconfutabile, invariante nel tempo (o mangi questa ministra o ti butti dalla finestra) e chi prova a ridiscuterla è automaticamente un nemico, un ciarlatano, un anti vaccinista. Non ci sto

Quando ho letto la lettera di Panti e la sua polemica nei miei confronti (QS 29 maggio 2017)   mi è venuto in mente quello che dicono i toscani come lui “chi ha la coda di paglia ha sempre paura che gli pigli fuoco”. La sua è una polemica nervosa incongrua e frettolosa più preoccupata di ribadire quello che lui pensa sui vaccini e dintorni, quindi sull’ordine dei medici di Bologna, che non di discutere degli argomenti che ho proposto vale a dire del rapporto che esiste tra ortodossia eterodossia e deontologia.
 
Ne concludo che se Antonio non avesse temuto per la sua coda di paglia non sarebbe stato né nervoso né incongruo e né frettoloso come del resto è sua abitudine non essere.
 
Dice che mi sono scagliato contro la radiazione dei due medici con lo stesso impeto con il quale ho difeso l’ordine di Bologna su quella tormentata faccenda del 118. In realtà nel mio editoriale (senza nessun impeto) mi sono limitato ad apprezzare l’ordine di Bologna che, a proposito di vaccini, invece di radiare dei medici, ha messo su una commissione di studio.
 
Quanto al 118 in altre circostanze, come sa bene Antonio, ho sempre sostenuto e continuo a sostenere (senza mai entrare nel merito della questione) che la responsabilità di questa faccenda è da attribuire alla Fnomceo e alla politica che non hanno saputo gestire con chiarezza e trasparenza in ambito nazionale la questione delle competenze avanzate e del famoso comma 566 lasciando gli ordini provinciali a grattarsi le croste. Quindi per favore su Bologna non confondiamo le acque.
 
In realtà senza impeto ho sostenuto un’altra tesi più politica e cioè che se avessimo dato corso alle indicazioni di lavoro della terza conferenza della professione di Rimini probabilmente non avremmo avuto bisogno di radiare nessuno perché avremmo avuto a disposizione una ridefinizione della   professione tale da comprendere le problematiche che oggi vengono fuori  a causa non dei vaccini (perché essi non sono in discussione) ma a causa del modo irragionevole con il quale si intende procedere con le vaccinazioni e contro il quale una parte della società sta protestando. Che è un’altra cosa.
 
Siccome mi trovo sostanzialmente d’accordo con il documento sui vaccini redatto dalla Fnomceo (8 luglio 2016), intendo rassicurare il mio amico Antonio sulla mia fede profilattica, rammentandogli che  la mia unica colpa  è di aver  segnalato una nuova fattispecie di problematica: se un medico ha delle opinioni sui vaccini non ortodosse radiarlo significa radiarlo per reati contro l’ortodossia aprendo con ciò  una contraddizione nuova, inesplorata, inedita nei confronti della deontologia e che in quanto tale andrebbe studiata.
 
Mi sorprende che Antonio dissenta da una frase del mio editoriale con la quale sostengo che. "nessun medico è radiabile se in scienza e coscienza quindi sulla base di quello che sa e crede e di cui è convinto ritiene di fare o non fare" e che alla fine mi dia indirettamente del ciarlatano o uno che vuole i ciarlatani in casa.
 
Quella frase era preceduta da una serie di condizionali cautelativi a difesa sostanzialmente del valore della scienza, che non capisco perché Antonio abbia omesso, che è la seguente: “fatto salvo il principio dell’esclusione dell’assurdo, dell’abnorme, del comportamento criminale, della conoscenza pregiudizievole e preconcetta, della manifesta pericolosità e inattendibilità del medico”.
 
Detto in parole povere: fatto salvo l’anti-scientificità, la criminalità, la manifesta incapacità, un medico non sarebbe radiabile se agisse in scienza e in coscienza, il che vuol dire che se al contrario agisse in modo antiscientifico e in modo incosciente o criminale al contrario sarebbe radiabile.
 
Che c’entrano i ciarlatani, i gruppi religiosi integralisti, il ritorno al 68 e quindi l’epistemologia anarchica, e il crocianesimo in salsa trotzkista
 
Antò… ma che dici?
 
Mi dispiace ma non hai colto le novità, anche teoretiche, che erano nel mio editoriale (di questi tempi di linea guidari, la teoria della professione modale non la sottovaluterei) e che riassumo in alcune domande:
· cosa definisce l’ortodossia di un medico? E in cosa consiste l’eterodossia?
 
· come si definisce una prassi ortodossa? E come si definisce una prassi eterodossa?
 
· esiste un principio di demarcazione netto  tra ortodossia e eterodossia?
 
· se la regola è ortodossia (evidenza scientifica, linea guida, protocollo ecc) quando per il bene del malato la si viola si commette reato di  eterodossia? O l’ortodossia comprende necessariamente anche un margine di eterodossia?
 
· la deontologia è o no sul piano modale la mediazione tra ciò che è ortodossia  e ciò che nell’interesse del malato  non può essere che eterodossia?
 
· se l’ortodossia è una regola dispotica cioè dogmatica (come quella dei linea guidari) che davanti alla complessità del caso non transige che razza di medico avremmo?
 
Ma il punto implicito della lettera di Antonio è un altro e su questo ricorrendo comunque al principio di indulgenza, dissento da lui vivacemente. La sua idea di scienza, come quella di tutto l’establishment della sanità e della medicina è stringi stringi, tetragona, monolitica, inconfutabile, invariante nel tempo (o mangi questa ministra o ti butti dalla finestra) e chi prova a ridiscuterla è automaticamente un nemico, un ciarlatano, un anti vaccinista. Non ci sto.
 
Sono ormai più di 30 anni che lavoro a ripensare l’idea di scienza che ancora oggi ha la medicina. Fatto salvo (occhio alla condizione posta) gli straordinari progressi scientifici (indiscutibili)  essa è epistemicamente un’idea di scienza vecchia, datata, bucata continuamente dalle aporie, dalle contraddizioni, che produce evidenze falsificabili, che si rifà ad una filosofia della realtà ampiamente superata in tutti i campi disciplinari (vedi dibattito sul realismo) inadeguata perché riduttiva nella sua sperimentalità positivista  a reggere lo scontro con la complessità quella vera del caso, disumana perché ancora ferma alla visione dell’organo e della malattia, con un modo di conoscere irrelato fondato ancora su idee rozze di oggettività ecc.
 
Questa idea di scienza, alla quale comunque dobbiamo lo sviluppo della medicina scientifica (e che per quello che mi riguarda anche personalmente mi è molto cara) debitamente aggiornata potrebbe essere molto ma molto più potente e i medici potrebbero essere in ragione di essa molto ma molto più stimati dalle persone.
 
Tra i tanti volumi che ho scritto sulla necessità di riformare lo statuto epistemologico della medicina, ne ricordo uno solo del 2011 (quindi in tempi non sospetti) “Una filosofia per la medicina” cioè un pensiero elaborato per aiutare la medicina a ripensarsi ed ad essere ancora più efficacemente scientifica, il cui sottotitolo è significativamente “razionalità clinica tra attualità e ragionevolezza”.
 
Chi propone il ripensamento della idea di scienza medica non è contro la scienza ma è per la scienza sempre e comunque. Chi si oppone anche in buona fede a questo ripensamento non è uno scienziato ma uno scientista e un normale conservatore il famoso “riformista che non c’è”.
 
Chi dice, come la Lorenzin, che sui vaccini bisogna “educare la società alla scienza” io rispondo e chiedo a quale scienza? A quella della fine dell’800 nella quale il mio amico Antonio (data l’età) si ritrova suo malgrado o a quella del terzo millennio per la quale mi batto da tanti anni?
 
E poi siete proprio sicuri che in ragione di tutti i casini che abbiamo (oggi la medicina difensiva, il contenzioso legale, la responsabilità professionale, i vaccini, domani chissà) non si debba fare il contrario cioè rieducate la scienza alla complessità delle persone, della realtà, della società e dei nostri casini?
 
Torniamo a Rimini, davvero pensate che sia possibile ripensare il medico a medicina epistemicamente invariante? Se si allora siete in malafede. C’è una società che per tante ragioni ha sempre meno fiducia nei medici davvero pensate che imporre loro la nostra scienza con dei TSO  sia la soluzione?
 
Ivan Cavicchi

© RIPRODUZIONE RISERVATA