quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 28 GIUGNO 2017
Aggressione ai medici. Omceo Roma: “Subito un piano di prevenzione”

A rischio continuità assistenziale e pronto soccorso. Dopo la recente aggressione subita a Fiano Romano l’Ordine dei medici annuncia un' iniziativa per dare risposte coinvolgendo la centrale d'ascolto, Ares 118, Regione Lazio, Prefettura, aziende sanitarie, istituzioni preposte all’ordine pubblico e le autorità locali a partire dai sindaci. Lavra: “Mancano coordinamento e condivisione delle informazioni sulle criticità già note”

“Devono essere messe in campo con urgenza misure concrete e coordinate per tutelare l’agibilità professionale e l’incolumità fisica di tutti coloro che operano nelle strutture sanitarie, in particolare di quei medici che devono garantire la Continuità Assistenziale o che svolgono attività nei Pronto Soccorso”.
 
È questa la richiesta che arriva dall’Ordine provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri (OMCeO), dopo l’ultima aggressione subita nei giorni scorsi nella zona di Fiano Romano da un medico in vista domiciliare.
 
“È evidente che non è possibile continuare a tollerare e subire questa situazione di pericolo che sempre più frequentemente sfocia in aggressioni ai nostri colleghi”, afferma con decisione il presidente dell’Ordine della Capitale, Giuseppe Lavra
 
“Esprimiamo, anche pubblicamente, piena solidarietà al medico aggredito mentre era in visita domiciliare – ha aggiunto – e al contempo annunciamo una nostra iniziativa ufficiale in cui intendiamo coinvolgere le strutture di coordinamento della Continuità Assistenziale, quindi la centrale d'ascolto e l’ARES 118, la Regione Lazio, la Prefettura, le aziende sanitarie, le istituzioni preposte all’ordine pubblico e le autorità locali a partire dai sindaci”.
 
L’Ordine di Roma sottolinea le carenze dell’organizzazione territoriale della sanità che non permettono un’efficace gestione di situazioni potenzialmente a rischio e che finiscono così far ricadere soltanto sui medici di guardia quei casi ad alta criticità, in particolare quelli connotati da disagio mentale e sociale. “Casi che peraltro sono quasi sempre già noti – aggiunge Lavra - ma le cui informazioni a riguardo non vengono trasmesse a chi è chiamato a intervenire sul posto. Senza contare che spesso ad affrontare queste situazioni a rischio sono medici molto giovani, senza una formazione specifica o addirittura precari”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA