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Venerdì 14 LUGLIO 2017
Smog. Ambientalisti amricani fanno causa all'agenzia di Stato. Avrebbe comunicato dati inquinamento in ritardo

Dopo l'annuncio del 6 giugno scorso dell'Epa di ritardare la stesura delle nuove indicazioni sui limiti di smog accettabili, e dunque di identificare le parti del Paese più inquinate, i gruppi ambientalisti fanno causa all'agenzia americana di protezione dell'ambiente

(Reuters) - Organizzazioni ambientaliste e di tutela della salute pubblica avrebbero fatto causa, presso la Corte d'Appello americana, contro la U. S. Environmental Protection Agency (EPA), che ha ritardato nel fornire le indicazioni sui livelli ammissibili di smog. I gruppi, tra cui Natural Resources Defense Council ed Earthjustice, si sono lamentati, in special modo, relativamente all'annuncio del 6 giugno scorso da parte dell'agenzia americana che avrebbe ritardato l'identificazione delle aree più inquinate del Paese, motivando la scelta per raccogliere ulteriori informazioni e riesaminare gli standard di inquinamento esistenti.

Al centro della causa c'è il Clean Air Act che richiede all'EPA di indicare i livelli di smog accettabili e identificare poi in quali parti del Paese l'inquinamento supera questi livelli, imponendo la bonifica. L'agenzia ha rilasciato gli standard nel 2008 e nel 2015 e dovrebbe aggiornarli quest'anno. Secondo le organizzazioni, il ritardo nelle indicazioni dei livelli di smog determinerebbero un ritardo nei controlli.

Liz Bowman, portavoce dell'EPA, ha dichiarato che l'agenzia aveva chiesto ai legali rappresentati delle organizzazioni ambientaliste di ritardare la presentazione della causa di due settimane, dal momento che l'EPA stava ancora lavorando alle designazioni e che gli avvocati ritenevano la causa inutile, una volta visto il lavoro dell'agenzia. Ma Mustafa Ali, ex amministratore per la giustizia ambientale all'EPA, ha commentato che la causa sarebbe più che giustificata, perché se l'EPA avesse bisogno di più tempo, “potrebbe prenderselo senza portare a un ritardo complessivo”.

Fonte: Reuters

Emily Flitter

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)

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