quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 31 AGOSTO 2017
Cardiologia. Dal Congresso Esc 4 nuove linee guida

Sono state presentate al congresso annuale della Società Europea di Cardiologia appena concluso a Barcellona. Le 4 nuove linee guida riguardano: la doppia terapia anti-aggregante nelle patologie coronariche (chairman della Task Force di queste linee guida l’italiano Marco Valgimigli); l’infarto del miocardio con elevazione del tratto ST (chairman lo svedese Stefan James); la diagnosi e il trattamento delle arteriopatie periferiche (chairmen Victor Aboyans per l’ESC e Jean-Baptiste Ricco per l’ESVS); e la gestione delle valvulopatie (chairmen Helmut Baumgartner perl’ESC e Volkmar Falk per l’EACTS).

Linee guida sulla doppia terapia antiaggregante (DAPT) nelle coronaropatie. La doppia terapia antiaggregante resta argomento controverso intorno al quale – ricorda l’italiano Marco Valgimigli – negli ultimi anni sono state generate molte evidenze contrastanti. Questo ha portato una certa confusione nella comunità scientifica soprattutto per quanto riguarda la durata ottimale della doppia terapia antiaggregante (DAPT) dopo il posizionamento di  stent coronarici.
 
Per mettere ordine in questa materia le nuove linee guida si sono focalizzate sulla DAPT in una serie di contesti: angioplastica, cardiochirurgia, pazienti con sindrome coronarica acuta gestita con terapia medica, pazienti nei quali è indicata terapia anticoagulante e nella chirurgia non cardiaca in elezione. Sono state considerate inoltre popolazioni particolari, quali le donne, i soggetti con diabete e i pazienti che presentano sanguinamenti nel corso del trattamento.
 
In generale, il documento raccomanda di utilizzare dei modelli predittivi per stimare il rischio di sanguinamento da DAPT e auspica un approccio su misura basato sul rischio ischemico, rispetto al rischio di sanguinamento.
Il punto più controverso è quando sia necessario prolungare il trattamento con DAPT oltre i 12 mesi nei soggetti con sindrome coronarica acuta sottoposti ad angioplastica. “Il messaggio più nuovo è importante a questo riguardo –commenta Valgimigli – è che il DAPT è un regime fatto per trattare il paziente e non lo stent impiantato in precedenza; la comunità scientifica dovrebbe adattarsi a questo nuovo paradigma di trattamento”.
 
Le linee guida raccomandato nei soggetti con sindrome coronarica acuta un trattamento standard con DAPT di 12 mesi, a prescindere dalla strategia di rivascolarizzazione adottata (medica, angioplastica, bypass aorto-coronarici). Nei soggetti ad elevato rischio di sanguinamento, si può prendere in considerazione un trattamento ‘breve’ di 6 mesi; mentre nei soggetti che hanno ben tollerato la DAPT senza complicanze emorragiche si può anche pensare di estendere il trattamento oltre i 12 mesi.
L’aggiunta della DAPT alla terapia anticoagulante aumenta il rischio di complicanze emorragiche di 2-3 volte; per questo tale strategia di trattamento va ponderata con grande attenzione e riservata ai pazienti con una forte indicazione all’anticoagulante, quali i soggetti con fibrillazione atriale, quelli con valvole meccaniche o con storia recente di trombosi venosa profonda o embolia polmonare. La durata della triplice terapia (DAPT + anticoagulante) non dovrebbe comunque superare i 6 mesi.
Il clopidogrel è l’inibitore di P2Y1,2 raccomandato di default nei coronaropatici stabili trattati con angioplastica, nei soggetti con indicazione all’anticoagulante, e nei soggetti con sindrome coronarica acuta nei quali siano controindicati ticagrelor o prasugrel. Questi ultimi due farmaci sono invece raccomandati nei soggetti con sindrome coronarica acuta a meno che non vi siano controindicazioni specifiche.
 
 
Linee guida sulla gestione delle arteriopatie obliteranti periferiche.E’ una condizione che colpisce oltre 40 milioni di cittadini europei e che si accompagna ad un aumentato rischio di ictus e disabilità, infarto e morte. Le arteriopatie periferiche comprendono la malattia aterosclerotica delle carotidi e delle vertebrali nel tratto extra-cranico, le mesenteriche, le arterie renali e le arterie di braccia e gambe; in pratica insomma tutte le arterie, ad eccezione di aorta e coronarie. Le nuove linee guida sono state scritte a quattro mani dagli esperti dell’ESC e dell’ESVS (European Society for Vascular Surgery).
 
Un intero capitolo è dedicato all’uso dei farmaci anti-trombotici; vengono fornite raccomandazioni per ogni singolo distretto arterioso, rispetto all’impiego di terapie antitrombotiche o anticoagulanti.
Un'altra new entry è rappresentata da un capitolo dedicato al trattamento delle altre patologie cardiologiche di frequente associate alle arteriopatie periferiche, quali scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, valvulopatie.
Sulla base dei nuovi dati disponibili sul rischio di ictus a lungo termine nei soggetti con stenosi carotidea asintomatica, le nuove linee guida raccomandano di sottoporre questi soggetti a rivascolarizzazione solo nel caso di pazienti ad alto rischio di stroke (mentre la precedente edizione raccomandava la rivascolarizzazione per tutti i pazienti).
 
Anche nel caso dei soggetti con patologie delle arterie renali, viene adesso data una forte raccomandazione contro la rivascolarizzazione sistematica delle stenosi renali. Completamente rivisto anche il capitolo sulla patologie delle mesenteriche con un’apertura verso la chirurgica endovascolare per questi soggetti, spesso fragili.
Per l’arteriopatia obliterante degli arti inferiori è stata introdotta infine una nuova classificazione (WIfI) per la stratificazione del rischio che considera i tre fattori principali contribuenti al rischio di amputazione: ferite (W), ischemia (I), infezioni del piede (fI).
 
Linee guida sulla gestione delle valvulopatie. Scritte a quattro mani dagli esperti dell’ESC e dell’EACTS (European Association for Cardio-Thoracic Surgery), rappresentano l’aggiornamento dell’edizione 2012. Da allora molti sono stati gli studi pubblicati sul trattamento transcatetere delle valvulopatie (TAVI, transcatheter aortic valve implantation). Questo ha portato gli autori delle nuove linee guida ad estendere l’indicazione per la TAVI anche alla popolazione a rischio intermedio.
 
Il consiglio degli esperti è che in caso di stenosi aortica sintomatica, la scelta tra TAVI o chirurgia tradizionale (SAVR, surgical aortic valve replacement) debba essere presa da un Heart-Team, composto da cardiologi e cardiochirurghi. In linea di massima vige comunque la regola che i soggetti ad alto rischio chirurgico debbano essere avviati alla TAVI, mentre i giovani, a basso rischio chirurgico debbano essere sottoposti a SAVR. Ma si tratta di una decisione che va accuratamente ponderata, soprattutto nei soggetti a rischio intermedio. I soggetti più giovani hanno più spesso valvole bicuspidi, che vanno peggio con la TAVI, rispetto alle tricuspidi e mancano comunque dati a lungo termine sulla durata delle valvole TAVI. Complicanze quali leaks paravalvolari e necessità di impiantare un pacemaker sono più frequenti con la TAVI e questo ha un peso nei giovani con una lunga aspettativa di vita.
Iltiming dell’intervento nei soggetti con valvulopatia asintomatica resta ancora argomento controverso. L’ipertensione polmonare è stata introdotta come criterio per intervenire nei soggetti con stenosi aortica asintomatica; escluso invece dai criteri di selezione il valore prognostico dei parametri dell’ecocardiogramma da sforzo nei pazienti con stenosi aortica e insufficienza mitralica.
 
Nel caso della terapia antitrombotica ci sono ormai evidenze sufficienti per raccomandare i nuovi anticoagulanti come alternativa agli antagonisti della vitamina K nei soggetti con fibrillazione atriale e valvulopatia aortica o insufficienza mitralica. I nuovi anticoagulanti restano invece per il momento controindicati nei soggetti con valvole meccaniche e nella stenosi mitralica.
 
Linee guida sulla gestione dell’infarto STEMI (con elevazione del tratto ST).Il documento rappresenta un aggiornamento delle precedenti linee guida ESC del 2012.
Per la prima volta viene data una definizione chiara di quando far partire il conto dei 90 minuti, ossia della finestra entro la quale è possibile sottoporre i pazienti con angioplastica (PCI): il cronometro dovrebbe partire dal momento in cui con un ECG si fa diagnosi di infarto miocardico con elevazione del tratto ST (STEMI), mentre fino ad oggi non si capiva se i 90 minuti dovessero essere considerati dal momento della comparsa del dolore precordiale, da quando veniva avvertito il 118, dall’arrivo dell’ambulanza o dal momento dell’arrivo del pazienti in ospedale.
 
Anche il termine ‘door-to-ballon’  è stato eliminato da questa edizione delle linee guida e questo perché il trattamento del paziente infartuato può iniziare anche in ambulanza (per cui la ‘porta’ non è più necessariamente quella dell’ospedale).
Nei casi in cui si opti per la fibrinolisi come strategia di riperfusione, il tempo massimo dalla diagnosi di STEMI al trattamento è stato accorciato dai 30 minuti del 2012 ai 10 minuti del 2017.
Nell’edizione precedente delle linee guida, non veniva raccomandata la rivascolarizzazione completa, ma solo dei vasi implicati nell’infarto. Nella nuova edizione si raccomanda invece di effettuare una rivascolarizzazione completa o direttamente nel corso della procedura indice o in un secondo momento e comunque prima della dimissione dall’ospedale.
 
Non più raccomandati l’aspirazione del trombo e lo stenting ritardato (cioè dopo 48 ore dal momento dell’angioplastica). Favoriti nelle nuove linee guida gli stent medicati, rispetto a quelli metallici e l’accesso radiale, rispetto a quello femorale.
Per quanto riguarda i farmaci, gli autori consigliano di protrarre fino a 12 mesi la doppia antiaggregazione in pazienti selezionati; la bivalirudina è sta retrocessa dalla classe I alla IIa, mentre l’enoxaparina è passata dalla IIb alla IIa. In alcuni pazienti rappresenta un’opzione il cangrelor, new entry rispetto alla precedente edizione del 2012. Nuova anche la raccomandazione di aggiungere altre terapie ipolipemizzanti nei soggetti con elevati livelli di colesterolo, già in terapia con statine al dosaggio massimale.
Il cut off per l’ossigenoterapia è stato abbassato da una saturazione di ossigeno del 95% ad una inferiore al 90%.
 
La comparsa di un blocco di branca sinistro e destro sono ormai considerati di uguale importanza per raccomandare un’angiografia urgente nei soggetti sintomatici.
E’ stato aggiunto un capitolo sull’infarto del miocardio senza coronaropatia ostruttiva (MINOCA) che riguarda il 14% dei pazienti STEMI e richiede ulteriori test diagnostici e una terapia su misura che può anche essere molto diversa da quella del tipico STEMI.
 
Maria Rita Montebelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA