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Giovedì 06 OTTOBRE 2011
Assobiomedica. Le Asl non ci pagano. Forniture a rischio per ospedali e strutture sanitarie

Il ritardo nei pagamenti ha raggiunto una media di 305 giorni. Intervista al presidente dell'associazione dei produttori di dispositivi medici Stefano Rimondi: “La situazione è diventata insostenibile, a rischio la tenuta della sanità". Richiesto intervento del Governo.

Hanno comprato pagine pubblicitarie sui principali quotidiani nazionali del Paese (vedi immagine a fondo pagina) e si preparano a fare lo stesso sulle testate regionali. “Perché i cittadini devono sapere che se le prestazioni che riceveranno saranno peggiori, questo sarà a colpa dei tagli imposti dalla politica che stanno mettendo in ginocchio le imprese che lavorano in sanità”. L’iniziativa è delle imprese produttrici e fornitrici di dispositive mediche. E ad illustrarla a Quotidiano Sanità è il presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi, che spiega: “Quando Asl e ospedali non hanno più soldi, la prima cosa che fanno per ridurre la spesa è ritardare i pagamenti ai creditori”. Una condizione che continua a peggiorare, come è possibile verificare dalle tabelle che forniscono il quadro, regione per regione, dei giorni di ritardo nel 2011, del trend dal 1990 ad oggi e del valore, in euro, dei debiti che le Regioni hanno nei confronti delle imprese.


Presidente, da Assobiomedica è partita una vera e propria campagna di comunicazione e sensibilizzazione.
La pubblicazione sui quotidiani nazionali di quel messaggio di denuncia è la prima di una lunga serie di iniziative per denunciare una situazione nazionale che è diventata ormai insostenibile e che sta mettendo in ginocchio le imprese produttrici e fornitrici di dispositivi medici. In questi primi mesi del 2011, infatti, c’è stato un ulteriore rallentamento dei pagamenti che ormai ha raggiunto una media nazionale di 305 giorni con punte di 900 (cioè oltre 3 anni) in alcune regioni. Il trend in peggioramento si registra addirittura negli ultimi due mesi.
Una criticità cronicizzata e diffusa in tutto il Paese, comprese cioè le cosiddette Regioni virtuose, ma che sembra destinata a peggiorare ulteriormente.

Una denuncia che tra chi si occupa di sanità è nota da anni. Ora lanciate l’allarme dalle pagine di testate generaliste. Perché?
I cittadini e non solo chi si occupa di sanità devono essere informati su quello che sta accadendo. Perché non si tratta solo di un problema per le imprese causato da una sbagliata politica dei tagli, ma di una situazione che avrà conseguenze gravi sulle prestazioni erogate. I cittadini devono sapere che, a queste condizioni, la sanità a cui sono abituati non esisterà più. Che avranno peggiori prestazioni e una peggiore assistenza, perché non si può pensare che la sanità potrà conservare gli attuali livelli qualitativi prescidendo dal contributo dei dispositivi medici e delle aziende che li forniscono. Ma di questo non devono essere incolpate le imprese, bensì il Governo e le scelte che compie. Questo vogliamo che sia detto e che sia chiaro.

Diceva che negli ultimi due mesi i ritardi sono aumentati. Colpa delle manovre?
È evidente che il Governo sta facendo passare l’idea che sulla sanità si possa procedere per tagli e la prima cosa che Asl e Ao hanno tagliato sono stati i pagamenti dei debiti. Le nostre aziende sono già in crisi, ma se si continuerà così, sarà una crisi da cui le aziende piccole e medie non sapranno più uscire. Sopravvivranno le multinazionali, ma in un mercato ad alto rischio, costrette quindi a spostare altrove i loro investimenti.

Nelle inserzioni a pagamento avete anche annunciato altre iniziative, fino all’interruzione delle forniture.
Forse saremo costretti a prendere decisioni anche drammatiche, ma intendiamoci, non si tratta di una minaccia che metteremo in atto per volontà nostra. Se un’azienda non ha i soldi per pagare gli stipendi e i propri tecnici, è evidente che sarà costretta anche a ridurre l’attività e le forniture. Questo manderà in crisi molte strutture e, di conseguenza, avrà esiti gravi sulla qualità delle cure erogate al cittadino.
Non è uno scenario remoto. È un rischio attuale.
Ci auguriamo di non arrivare al punto di interrompere le forniture. E soprattutto di non essere costretti a farlo. Ci auguriamo, soprattutto, che ci sia una sensibilità da parte dei decisori politici di capire che siamo a un punto di rottura.

A parte l’auspicio, c’è anche ottimismo?
In realtà ben poco. Ma rendiamoci conto che un Paese che non riesce a pagare i fornitori della salute dei cittadini è un Paese che è a un passo dal fallimento totale. Ci auguriamo che non sia così.
 
L.C.
 


 

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