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Lunedì 25 DICEMBRE 2017
Una legislatura che ha legiferato moltissimo (e anche bene) ma che si percepisce come un’incompiuta, anche un po’ stonata

Nonostante le molte cose fatte sul piano legislativo ed economico e nonostante oggi si stia oggettivamente meglio di come si stava nel 2013, la percezione (sentimento sopravvalutato ma ormai giudice indiscusso dei destini politici e non del mondo contemporaneo) è che, nel migliore dei casi, sia cambiato poco o nulla. Per la sanità vale la stessa cosa: molte leggi importanti (mai così tante in cinque anni), più risorse (anche se meno di quelle promesse) e più diritti (dai Lea al biotestamento) ma per tutti gli addetti il sistema è prossimo al collasso

È atteso a giorni il decreto di scioglimento delle Camere del presidente Mattarella che sancirà la fine di questa legislatura. 
 
Molte cose sono state fatte, molte cose sono cambiate, ma la percezione dei più è che invece non sia cambiato nulla e che, forse, si stia pure peggio di prima. E questo vale un po' per tutto.
 
Guardiamo il lavoro. Oggi ce n’è di più di 5 anni fa ma non basta ad autorizzare nessuno a rivendicare che ormai il problema disoccupazione sia stato eliminato. Anzi.
 
Così per le risorse economiche per la sanità. Ce ne sono di più (anche se meno di quelle promesse) ma nei fatti la sensazione, e non solo, è che le casse di Asl e ospedali siano sempre prossime al fondo raschiato del barile.
 
E sul piano legislativo? Di leggi (buone o cattive che siano) ne sono state fatte tante. Dal jobs act alla buona scuola, passando per gli 80 euro e tutti i bonus del mondo (i quali, comunque la si pensi, sono soldi in più nelle tasche degli italiani). E poi il reddito di inclusione, l’eliminazione dell’Imu e di Equitalia, il divorzio breve, il servizio civile, le unioni civili, la riforma del cinema e dell’audiovisivo, il tetto ai super stipendi nella PA e via dicendo…
…ma la percezione è che non si sia fatto nulla di così importante da autorizzare alcuno a dire “Oggi stiamo meglio di prima”, tant’è che chi ci prova prende più sberleffi che applausi.
 
Per la sanità è la stessa cosa: nuovi Lea, standard ospedalieri, albo nazionale per i DG di Asl e Ospedalibiotestamento, Dopo di noi, soldi veri per i farmaci innovativi (con una battaglia senza eguali nel mondo contro l’epatite C), legge sulla responsabilità professionale, riforma di ordini e sperimentazioni cliniche, medicina di genere, vaccini obbligatori, legge sull'autismo e screening neonatali e, sul fronte regionale, progressiva uscita dai piani di rientro di quasi tutte le regioni in difficoltà, riforme di sistema coraggiose e come tali anche molto controverse (come quella della Lombardia sulle cure ai cronici) e via dicendo…
…ma anche in questo caso quello che resta e che si legge costantemente in tutti i commenti dei vari rapporti annuali (Censis, Crea, Osservasalute, Gimbe, Eurispes, Bocconi, ecc.) è che il sistema sanitario italiano è prossimo al botto e al collasso.
 
Insomma, questi cinque anni, con tre governi, sempre con quell’aria di essere in qualche modo provvisori (tranne il primo anno e mezzo di Renzi, quando sembrava che avessimo trovato il nostro Putin, amato e temuto allo stesso modo da quasi tutti) e senza quell’afflato arrembante e netto, che solo un governo con una maggioranza sancita dalle urne può avere, sembrano essere passati senza che sia cambiato nulla.
 
Chi guardi alla realtà senza veli e pregiudizi, sa bene che così non è, e che l’Italia del 2013 stava molto peggio di quella di oggi e questo vale anche per la sanità…ma non c’è nulla da fare, questa legislatura è nata male e fin dall’inizio si è portata appresso il marchio di una sinfonia un po’ stonata e anche incompiuta.
 
Emblema di ciò, indelebile e tragico nel suo story teller, è il referendum del 4 dicembre 2016, la rivoluzione mancata di Renzi, il “rottamatore che volle farsi re”.
 
Cesare Fassari

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