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Martedì 16 GENNAIO 2018
Quale futuro per l'industria dei vaccini?

Data la variabilità della domanda e dalle eccessive scorte che talvolta restano invendute, dagli eccessivi costi di finanziamento per la produzione e ricerca dei vaccini, dalla non attendibilità dei dati sulla pericolosità dell'epidemia, dagli scarsi finanziamenti pubblici a supporto dell ricerca, le maggiori società momentaneamente hanno messo in stand-by le loro attività di ricerca. Chi produrrà il prossimo vaccino in caso di epidemia?

Vaccini obbligatori sì o no. Questo è uno dei tanti leitmotiv che accompagneranno la prossima campagna elettorale in Italia Oltre oceano la preoccupazione, più diffusa, sui vaccini, nella comunità scientifica e governativa è di diversa natura. Chi produrrà il prossimo vaccino in presenza di una futura pandemia? Secondo la rivista americana online di approfondimento sanitario Statnews, le società farmaceutiche sperimentatrici e produttrici di vaccini si stanno smarcando, per usare un termine calcistico, da questa produzione che rappresenta sempre un segmento importante della loro mission, sia in termini di profitto, sia in termini di prestigio.

Il gruppo oligopolistico che fa capo alle società farmaceutiche GSK; SANOFI PASTEUR; MERCK,, NOVARTIS, hanno dichiarato che nulla sarà ed avverrà come prima, nei modi e con i mezzi con cui hanno affrontato le epidemie più importanti che si sono presentate negli ultimi decenni; Sars, epidemia influenzale N1H1, febbre del West Nilo , Zika ed Ebola.

Le case produttrici ricordano che sono state sempre in prima linea quando l'OMS o le autorità locali sanitarie di alcuni paesi hanno manifestato allarmi in merito ad effettive e possibili epidemie.

Ma i produttori dei vaccini fanno presente che la urgente e spasmodica necessità di trovare un antidoto alla diffusione epidemica fa interrompere attività di ricerca e produzione di altri farmici creando un vulnus sia economico che temporale per le sperimentazioni programmate di nuovi prodotti da immettere sul mercato per curare gravi patologie.

D'altro canto le società ricordano che talvolta gli allarmi sono stati eccessivi in relazione alla diffusione e alla gravità dell'epidemia in corso. Basti pensare al flop dell'influenza N1H1 del 2009 che lasciò invendute grandi quantità di scorte del vaccino con grave danno economo alle società produttrici ( GSK, Sanofi Pasteur e Novartis ) e la vicenda del vaccino Zika prodotto dalla Soc. Sanofi con finanziamenti federali americani successivamente decurtati ,cancellando la Fase 3 della ricerca, poiché l'infezione fu declassata in tenimi di morbilità.

Merck ha dichiarato, recentemente di portare avanti il suo vaccino contro l'Ebola ma non cercherà di sviluppare un vaccino che protegga contro altri ceppi di Ebola e il relativo virus Marburg.

Altro argomento portato avanti dalla case produttrici a difesa delle loro tesi non possibiliste per il futuro è quello relativo al fatto che gran parte della produzione è destinata a Paesi a basso o medio reddito da cui si ricava poco profitto, che deve essere compensato dalle vendite a prezzi più alti nei Paesi più ricchi.
 
A difesa delle argomentazioni portate avanti dalle case produttrici dei vaccini bisogna rammentare che le uniche e vere competenze per realizzare i vaccini, in quantità sufficienti ed in luoghi di estrema sicurezza è il settore privato dell'industria farmaceutica e se questo decidesse un disimpegno in questo campo ci sarebbe uno stop dei vaccini per le prossime epidemie.

Il mercato globale dei vaccini rappresenta soltanto il 2-3% circa di quello globale dei medicinali. In Italia è di 350 milioni, che corrispondono solo a una minima quota degli oltre 5 miliardi che il governo ha riservato alla prevenzione, corrispondente al 5 per cento dei 111 miliardi del Fondo sanitario nazionale (dati anno 2016).
 
I ricavi in questo settore sono in crescita: secondo un rapporto di Marketsandmarkets, il mercato globale dei vaccini sfiorerà i 58 miliardi di dollari entro il 2019, in questo campo si ha inoltre il vantaggio che il diritto intellettuale non è soggetto a scadenze temporali.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della sanità i vaccini hanno salvato e salvano circa 2,5 milioni di vite umane all'anno, per lo più bambini
Sempre l’agenzia internazionale ha calcolato che, al di là del valore umano, il ritorno in termini economici degli investimenti sulle vaccinazioni sia del 13-19 per cento.

Produrre un vaccino significa prevedere elevati investimenti finanziari.

Basti pensare che i luoghi e gli impianti deputati alla produzione impiegano mediamente 5-6 anni prima iniziare la loro attività .Questo lasso di tempo è dovuto, in gran parte, alla grande quantità di controlli e certificazioni richieste dalle autorità sovra nazionali e nazionali e locali che controllano la sicurezza e qualità del prodotto e le procedure adottate, la sicurezza dei dipendenti e la sicurezza dei cittadini in loco. Ogni anno questi siti di produzione ricevono dalle 100 alle 150 ispezioni delle autorità sanitarie.

Per produrre un nuovo lotto di vaccino il lead time dall'inizio produzione sino alla relativa commercializzazione è di circa dieci mesi, un anno o pù.

Pertanto valutando tutti questi argomenti espressi che vanno dallo stop di ricerca e produzione dei farmaci in caso di epidemia, dalla variabilità della domanda e dalle eccessive scorte che talvolta restano invendute, dagli eccessivi costi di finanziamento per la produzione e ricerca dei vaccini, dalla non attendibilità dei dati sulla pericolosità dell'epidemia, dagli scarsi finanziamenti pubblici e governativi a supporto dell ricerca, le maggiori società produttrici di vaccini momentaneamente hanno messo in stand-by le loro attività di ricerca e prosecuzione delle ricerche in corso.

Chi produrrà il prossimo vaccino in caso di epidemia?
 
Mauro Quattrone 

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