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Lunedì 29 GENNAIO 2018
Il Codice deontologico degli psicologi va cambiato. Ecco come



Gentile direttore,
alla luce di due importanti testi di legge, introdotti recentemente, riguardanti l’uno il c.d. “biotestamento”, l’altro il c.d. “DDL Lorenzin”, l’attuale articolo 31 del Codice Deontologico degli Psicologi italiani appare improvvisamente inadatto ad indicare il comportamento professionale da adottare nei casi in cui fossero coinvolte persone minorenni.
 
Nel vigente articolo vengono utilizzate ancora espressioni quali “prestazione professionale” anziché la più adatta “trattamento sanitario” oppure “potestà genitoriale” anziché “responsabilità genitoriale”:
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
 
Mentre la nostra proposta:
Il consenso informato al trattamento sanitario della persona di minore età o interdetta è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà della persona, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità. Questa ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di discernimento, e deve ricevere informazioni adeguate sulle scelte relative alla propria salute. Lo psicologo segnala all’Autorità competente l’opposizione da parte del minore informato e consapevole o di chi ne esercita la responsabilità genitoriale a un trattamento sanitario ritenuto necessario.

Il testo ispiratore è principalmente la recente legge sul biotestamento laddove viene sancito che “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.

Si introdurrebbe, così, una sostanziale modifica alla vigente e restrittiva normativa, ponendo al centro del processo decisionale la persona minorenne/interdetta valorizzando la sua capacità di discernimento.

Appare pacifico e implicito che tener conto della volontà della persona minorenne/interdetta non significa necessariamente attribuirle la facoltà di decidere se e come intraprendere un trattamento sanitario, ma prevedere un suo coinvolgimento attivo in tutte le fasi del processo decisionale che porta lo Psicologo, insieme a chi esercita la responsabilità genitoriale o tutore, a rispettare il diritto alla valorizzazione dell'opinione della persona interessata al trattamento sanitario. Nei casi in cui lo Psicologo dovesse acquisire il dissenso da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o dal destinatario “informato e consapevole”, segnalerà la situazione di impedimento al Giudice Tutelare che determinerà come procedere.

Il bisogno di proporre una modifica sostanziale all’articolo 31 del C.D. deriva dal bisogno di cambiare la posizione, assolutamente marginale allo stato attuale, della persona minorenne/interdetta sottoposta a trattamento sanitario: da soggetto passivo che subisce, in ogni caso, un’etero-determinazione relativamente alla sua salute, ad un soggetto attivo e informato, che possa avere la possibilità di esprimere la propria opinione sul trattamento sanitario proposto.
 
Leggi la proposta integrale

 
Marco Pingitore
Psicologo-Psicoterapeuta  

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