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Martedì 13 FEBBRAIO 2018
Ecco perché vorremmo il pediatra fino a 18 anni



Gentile Direttore,
prendo spunto dall’approvazione dell’accordo integrativo regionale 2018 della pediatria di famiglia da parte della Giunta regionale della Lombardia - accordo peraltro di modesta rilevanza strategica per le reali necessità assistenziali, fotocopia di accordi che si trascinano senza sviluppo da ormai troppo tempo - per alcune riflessioni di più ampia veduta sul rapporto tra politica e sanità e tra amministrazione della cosa pubblica e salute.
 
Trovo, infatti, che i nostri amministratori mostrino scarsa attenzione ai profondi cambiamenti - sociali e antropologici - in corso. Lo testimonia, ad esempio, proprio la questione “convenzioni” della medicina generale e della pediatria di famiglia, il cui blocco dei rinnovi è inaccettabile per i medici e insostenibile per il Sistema sanitario. L’ACN in vigore risale al 2010, ma quello che ha determinato una sostanziale riforma, per adeguarsi a sopravvenute esigenze, data addirittura 2005!

In un mondo in cui i mutamenti sociali sono sempre più rapidi, solo la quotidiana fatica dei medici e dei pediatri del territorio pone rimedio (ma, a queste condizioni, come? e fino a quando?) a colpevoli ritardi dell’amministrazione sanitaria. È da irresponsabili non accorgersi che il sistema è a rischio collasso di fronte ai mutamenti sociali: dal calo delle nascite all’aumento assoluto e relativo della popolazione anziana alla modifica dei bisogni e delle aspettative assistenziali. È di questi giorni, tra l’altro, l’allarme lanciato dai colleghi medici di famiglia sulle prospettive di forte riduzione del numero dei professionisti attivi.

Eppure chi sarebbe preposto ad amministrare la sanità pubblica resta inattivo, dimostrandosi inadeguato ad affrontare le criticità del momento, anche in funzione del non farsi trovare impreparati di fronte a ciò che il futuro prossimo ci sta per riservare. Una classe dirigente che usa aspetti clinici e scientifici come motivo di strumentale contrapposizione partitica, anziché impegnare talento e potestà rappresentativa per adeguare il SSN alle ormai non più nuove, ma essenziali necessità assistenziali, quale fiducia può infondere?

Che cosa ci sentiamo di suggerire?

Nell’accordo integrativo lombardo, SiMPeF si è battuta per l’inserimento di due aspetti particolarmente importanti per valorizzare l’azione dei pediatri nei confronti dei piccoli assistiti: 1) il richiamo alla prevenzione e alla pratica dei corretti stili di vita, essenziali mezzi per ridurre le cronicità ossia l’attuale problema assistenziale, affinché non lo sia più o sempre meno in futuro; 2) l’impegno dell’amministrazione regionale al coinvolgimento delle rappresentanze dei pediatri di famiglia nella programmazione della politica vaccinale. In un periodo in cui le vaccinazioni sono diventate tema di contrapposizione politica, il ritorno al coinvolgimento dei professionisti più vicini ai diretti interessati (bambini e famiglie) è un esempio di buon senso e di appropriata amministrazione.

Ma veniamo al tanto atteso nuovo accordo collettivo nazionale, per il quale auspichiamo una rapida chiamata da SISAC con definitivo mandato a chiudere la trattativa. Un paio di proposte concrete, in maniera concisa:
- adolescenti e problematiche socio-sanitarie – prolungamento (progressivo?) sino ai 18 anni della competenza pediatrica (adeguandosi alle raccomandazioni dell’OMS sui criteri di miglior pratica nell’assistenza pediatrica), funzionale a sollevare la medicina generale da impegni gravosi, quale l’assistenza a giovani con problematiche che più si attagliano alle competenze dei pediatri di libera scelta, per potenziarne la capacità ricettiva nei confronti della popolazione anziana e dei pazienti con patologie croniche. L’adolescenza non può più rimanere quella “terra di nessuno” assistenziale quale continua ad essere; non solo la cronaca segnala casi di emergenza socio-sanitaria tra i giovani, ma le evidenze di nuovi comportamenti sociali giovanili impongono il farsi carico, anche da parte di noi medici, della problematica, fosse anche solo per concorrere a modificarne comportamenti a rischio salute. Gli strumenti propri del pediatra di famiglia, quali le visite ad età filtro e gli screening psico-attitudinali-sanitari, ne fanno il professionista più attrezzato allo scopo.
 
- revisione e rimodulazione dei massimali di scelta, sfruttando le aumentate capacità professionali dei pediatri di famiglia con il potenziamento organizzativo della pediatria territoriale, che deve prevedere il coinvolgimento di personale di studio amministrativo e infermieristico, funzionale a una più appropriata accoglienza.Si potrebbe così perseguire un appropriato sgravio del 2° livello ospedaliero/specialistico da compiti più propri della medicina del territorio oltre a sussidiare l’attività dei servizi di igiene/prevenzione nelle gravose incombenze previste dal nuovo piano nazionale vaccini.
Sono cose realizzabili, basta averne la volontà. Una volontà che speriamo si associ alla capacità di governo di coloro che usciranno vincitori il 4 marzo e saranno chiamati a dirigere il Paese e le sue due principali Regioni - Lombardia e Lazio. Ce lo auguriamo per la soddisfazione nostra e, in definitiva, della comunità e, per quanto ci sta più a cuore, per i nostri piccoli assistiti e le loro famiglie.
 
Rinaldo Missaglia
Segretario nazionale SiMPeF

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