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Giovedì 24 MAGGIO 2018
Setticemia: il dosaggio precoce dei lattati salva la vita ai pazienti
A ottobre 2015 uscivano le linee guida per la gestione della setticemia (SEP-1) che prevedono tre interventi salvavita da mettere in campo nelle prime ore della sepsi. Nessun dubbio sull’utilità di ottenere delle emocolture e di inserire subito una terapia antibiotica empirica; grandi perplessità e polemiche ha invece sollevato il dosaggio precoce dei lattati. Uno studio pubblicato su Chest dimostra invece adesso che il dosaggio dei lattati entro tre ore è un vero salva-vita.
Di sepsi si muore, anche nei Paesi industrializzati. Per aumentare le chance di guarigione e di sopravvivenza dei pazienti il fattore tempo è determinante. Nell’ottobre 2015, i Centers for Medicare and Medicaid Services (CMS) americani hanno pubblicato una serie di raccomandazioni, indicate con l’acronimo SEP-1 (Severe Sepsis and Septic Shock Early Management Bundle) volte a definire il trattamento ottimale dei pazienti affetti da questa condizione, che nei soli Stati uniti causa 250 mila morti ogni anno.
In estrema sintesi tre sono gli interventi che dovrebbero essere effettuati nell’arco delle prime tre ore dall’inizio della sepsi: fare delle emocolture, iniziare subito una terapia antibiotica empirica e determinare la concentrazione dei lattati.
Sull’utilità dei primi due interventi nessuna osservazione è stata mai sollevata; al contrario di quanto è accaduto invece per il terzo punto, il dosaggio dei lattati, che ha scatenato non poche polemiche e resistenze.
Per uscire da questo empasse, Xuan Han (dipartimento di medicina dell’Università di Chicago) e colleghi sono andati a valutare le ricadute delle raccomandazioni contenute nel SEP-1 sulla cura dei pazienti e sui loro outcome. A tale proposito sono stati esaminati tutti i soggetti adulti ricoverati presso l’Università di Chicago dal novembre 2008 al gennaio 2016, che rispondevano ai criteri SEP-1 modificati (in totale 5.762 pazienti) per setticemia grave (definita come un insieme di due su quattro criteri di sindrome da risposta infiammatoria sistemica –SIRS, disfunzione d’organo e sospetto clinico di infezione basato sulle emocolture).
Il 47% dei pazienti studiati entrava in ospedale proveniente dal pronto soccorso, il 27% sviluppava una setticemia durante il ricovero in unità di terapia intensiva e il 26% era ricoverato in un reparto. In questa popolazione di pazienti è stato valutato il tempo di latenza rispetto al prelievo per la determinazione dei lattati e alla somministrazione di antibiotici ed è stata registrata la mortalità ospedaliera.
I risultati evidenziano che il prelievo per il dosaggio dei lattati, nei pazienti con un sospetto di setticemia, veniva effettuato all’interno della finestra temporale indicata dalle linee guida solo nel 32% dei pazienti ricoverati in un reparto ordinario, contro il 55% di quelli ricoverati in unità di terapia intensiva e il 79% di quelli nel dipartimento d’emergenza. E che il dosaggio dei lattati nel contesto della sepsi sia realmente utile lo dimostrano i risultati sulla mortalità di questi pazienti: i soggetti sottoposti tardivamente al dosaggio dei lattati erano quelli con la mortalità intraospedaliera più elevata (29%) e quelli ai quali la terapia antibiotica empirica veniva somministrata con maggior ritardo (in media dopo 3,9 ore, contro le due ore degli altri).
I soggetti con livelli iniziali di lattati superiori a 2,0 mmol/L presentavano un’aumentata probabilità (del 2% circa) di decesso per ogni ora di ritardo nella determinazione dei lattati.
Gli autori dello studio concludono dunque che il ritardo nel dosaggio dei lattati si associa ad una ritardata somministrazione della terapia antibiotica empirica e ad un aumentato rischio di mortalità tra i pazienti che presentano inizialmente una concentrazione di lattati intermedia-elevata. Una rapida determinazione dei lattati in un paziente con sepsi induce il medico a ad intervenire più rapidamente nei pazienti che mostrano alterati livelli iniziali.
“Questi risultati – commentano gli autori – suggeriscono che il riscontro immediato di un valore di lattati alterato induce in genere il medico a prendere provvedimenti immediati, quali l’inserimento di una terapia antibiotica empirica, migliorando così la prognosi dei pazienti con sepsi. Questo studio dimostra dunque che la misurazione sistematica precoce dei lattati nei giusti pazienti può fare una grande differenza in termini di outcome”.
Maria Rita Montebelli
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