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Venerdì 22 GIUGNO 2018
Carceri. Garante Pa di Trento: “A Spini servono più investimenti per lavoro, struttura e personale”

Antonia Menghi ha presentato la Relazione delle attività 2017. La Casa circondariale di Spini di Gardolo ospita attualmente 315 detenuti, tra questi 242 stanno scontando la pena definitiva. Oltre alla a polizia penitenziaria, carente anche il numero di operatori nell’area educativa. Scarsa attenzione al disagio psichico e alle malattie psichiche dei detenuti di Spini, dove è in servizio per poche ore un solo psichiatra. LA RELAZIONE

Su 315 detenuti presenti ora nella Casa circondariale di Spini di Gardolo (costruita a spese della Provincia nel 2010 e che secondo il Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, potrebbe ospitare al massimo 418 persone), si contano 21 donne e 220 stranieri – la maggior parte dei quali tunisini, seguiti da marocchini, albanesi, nigeriani e rumeni. La componente straniera, oscillante tra il 70 e il 73 per cento, è tra le più alte negli istituti penitenziari d’Italia. A fornire i dati è stata la Garante dei diritti dei detenuti della Pa di Trento, Antonia Menghini, che, introdotta dal presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, ha presentato alla stampa la relazione delle attività 2017.

Attività da lei avviate appena ricevuto l’incarico, nell’ottobre scorso, dal Consiglio provinciale che pochi mesi prima, in giugno, aveva introdotto con legge questa figura nell’ordinamento. “Pur fresca di nomina – spiega il Consigli in una nota - , in teoria Menghini dovrebbe già concludere il suo compito a fine legislatura, in ottobre al pari del Difensore civico, senonché il Consiglio provinciale potrebbe prorogarle la fiducia avendo eccezionalmente previsto la rieleggibilità del Garante, tenuto conto della breve durata del primo mandato”.

Tornando alla vita nella casa circondariale, una nota del Consiglio, sintetizzando l’intervento di Menghini, evidenzia come fino al 4 novembre 2017 le unità di personale della Casa circondariale erano appena 150, delle quali però solo 121 (17 donne e 104 uomini) “utilmente impiegate nel servizio di istituto”, vale a dire 93 in meno del previsto (214). Considerata questa grave carenza e le difficoltà della polizia penitenziaria, la Provincia ha ottenuto dal ministero l’assegnazione di 30 nuove unità di personale, arrivate a fine 2017. A Spini mancano però anche operatori nell’area educativa: dovrebbero essere 6 (ne servirebbero almeno 5) più una figura di supporto, e invece sono 4.  

“Non è stato facile approvare questa legge”, ha ricordato introducendo l’incontro il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti. “Il primo tentativo risale alla passata legislatura, ma solo un anno fa siamo riusciti a condividere la norma proposta. Oggi – ha aggiunto – sono orgoglioso che incardinata nel Consiglio vi sia anche l’ufficio del Garante dei detenuti, perché sviluppare la difesa dei diritti è un segno di civiltà e un importante elemento di innovazione che qualifica la nostra autonomia”.

Plaudendo alla passione dimostrata da Menghini per l’intenso lavoro promosso in pochi mesi e ben documentato dalla sua relazione, Dorigatti ha ricordato le iniziative che ancor prima di approvare la legge il Consiglio provinciale aveva dedicato ai detenuti: un loro spettacolo teatrale messo in scena anche in città nel 2016; e una mostra di pittura con le loro opere allestita a palazzo Trentini. “Oggi – ha osservato il presidente – al numero di detenuti di Spini non corrisponde l’assegnazione di un adeguato contingente di personale, e non solo di polizia penitenziaria ma anche dell’area educativa. Si tratta – ha concluso – di costruire ponti tra chi sta dentro e chi sta fuori, per favorire il futuro reinserimento sociale dei detenuti, valorizzandone le capacità positive con il concorso di tutti i soggetti che possono fare rete e contribuire a questo obiettivo”.

Dell’impegno profuso per “fare rete” con le istituzioni pubbliche e il privato sociale, il mondo della scuola e quello della sanità, acquisendo le collaborazioni necessarie all’affermazione concreta dei diritti dei detenuti, ha poi dato conto Antonia Menghini, evidenziando, da un lato, “la base di partenza” delle iniziative già esistenti da rafforzare e, dall’altro, le criticità da lei rilevate in questi mesi. Dopo aver ricordato le decine di visite alla struttura di Spini dove ha incontrato sia il personale sia i detenuti, dedicando a questi ultimi già più di 80 colloqui personali, Menghini ha ricordato che di positivo e da potenziare con altri investimenti vi sono le lavorative. “E’ dimostrato – ha osservato Menghini – che il lavoro incide positivamente sulle recidive e ha quindi un ritorno positivo per il territorio in termini di sicurezza”.

Occorre comprendere che su questo fronte e in quello della formazione professionale, un impiego nel privato sociale durante il periodo della detenzione, poi per chi esce può tradursi in un’attività lavorativa esterna ed è un “viatico importante – ha insistito – per il reinserimento sociale”.

Fondamentale è anche l’istruzione scolastica offerta ai detenuti, una parte dei quali frequenta corsi di alfabetizzazione e altri assimilati alle “medie” e al liceo Rosmini di Trento (54 iscritti). Molto utili e partecipati sono poi i corsi della scuola estiva, con 163 detenuti e di grande valore è la disponibilità di ore di lezione offerta per questo da insegnanti volontari.

Sul versante delle problematicità, la Garante ha messo in luce che, oltre alla sproporzione tra il numero dei detenuti e quello del personale di polizia penitenziaria e dell’area educativa (il fatto che sole due ore alla settimana siano dedicate ad attività sportive dipende proprio dalla carenza di agenti), sono insufficienti le risorse messe a disposizione dallo Stato per garantire la manutenzione ordinaria una struttura moderna come quella della casa circondariale di Spini. Ne è un esempio negativo il secondo piano della sezione femminile che, inutilizzato, oggi è fortemente compromesso.

Terza criticità: la poca attenzione prestata al disagio psichico e alle malattie psichiche dei detenuti, problema che può causare gravi conseguenze ma che risente anche della mancanza di un’apposita normativa. Menghini ha segnalato che soggetti simili a quelli ospitati nella Rems di Pergine – struttura detentiva nella quale sono accolte persone considerate pericolose per la sicurezza, con incapacità che si sono manifestate al momento dell’illecito – si trovano anche a Spini, dove però è in servizio per poche ore un solo psichiatra. “Urgente per i detenuti e il loro possibile reinserimento sociale – ha concluso la Garante – è quindi investire sull’istruzione, il lavoro, la formazione e il personale necessario perché possano impiegare in modo costruttivo il loro tempo”.

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