quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 04 LUGLIO 2018
Perché mi sono dimesso da consigliere dell’Omceo di Catania



Gentile Direttore,
con la presente desidero partecipare pubblicamente le ragioni delle mie irrevocabili dimissioni da consigliere dell’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri (OMCeO) della Provincia di Catania. Tale decisione non è soltanto riconducibile agli eventi che, negli ultimi mesi, hanno portato l’OMCeO in questione alla ribalta della cronaca, ma vuole rappresentare uno spunto per contribuire all’apertura di una pubblica discussione al fine di interrogarsi su mission e vision dell’istituzione ordinistica nella sua interezza, non solo a livello locale, ma anche nazionale, a seguito del recente varo di una “non riforma” degli ordini professionali dell’ambito sanitario.
 
Sono entrato nel consiglio OMCeO da giovane, in rappresentanza dei giovani medici, animato da passione e da speranza, sicuro di poter contribuire in maniera incisiva al cambiamento. Oggi ne esco da medico “adulto”, con una visione disincantata e disamorata. Ho cercato di prestare la mia opera di rappresentanza nel rispetto del mandato affidatomi dai colleghi, basandomi su principi di innovazione, rinnovamento, equilibrio e trasparenza.
Nel tempo, purtroppo, ho avuto modo di cogliere le contraddizioni tra il pensiero dichiarato e le azioni, fino al punto di vedere l’Istituzione, cui mi onoravo di appartenere, relegata al ruolo ancillare della politica di parte o, peggio, di trampolino di lancio della carriera politica dei singoli.

In questi anni, a livello nazionale, ho visto il mio Ordine, e con esso tutti gli OMCeO siciliani e la maggior parte degli Ordini italiani 1) farsi imporre dalla politica un tentativo di riforma dell’ordinamento ordinistico, per poi “scendere a patti”, col risultato dell’adozione di una riforma di stampo gattopardesco; 2) rimanere inerte, e quindi complice, del progetto dei potentati sindacalisti di modificare lo statuto dell’ENPAM, ente previdenziale di tutti i medici, adottando un sistema elettorale maggioritario, che ha tolto voce e mortificato le minoranze, ree di avere chiesto trasparenza a fronte di gestioni discutibili; 3) irretire le legittime istanze dei giovani medici in osservatori e commissioni, poste sotto il controllo di un’oligarchia gerontocratica.
 
Nel contesto ordinistico siciliano ho assistito: al proliferare di sistemi a scatole chiuse (Fondazioni, consorzi esterni con finalità commerciali, registri, ecc.), gemmati utilizzando il nome dell’istituzione ordinistica, preludendo alla possibilità di accedere a finanziamenti pubblici, forti della “vicinanza” alla politica; allo schieramento dell’istituzione ordinistica a fianco della politica di parte, mettendo a rischio l’autonomia, e talora la stessa identità ordinistica; all’assenza di spirito critico nei confronti della politica, a fronte dei gravi errori che hanno portato alla mancata implementazione delle reti ospedaliere, dell’emergenza-urgenza, e dell’assistenza del territorio, tali da ingenerare il blocco delle assunzioni ed il precariato storico in sanità, nonché di uno stato di sovraffollamento dei pronto soccorso che è, troppo spesso, concausa degli episodi di intolleranza e, talora, di ingiustificabile violenza da parte degli utenti.
 
Ho registrato, infine, l’indifferenza del mio Ordine, e con esso tutti gli OMCeO siciliani, di fronte alla contestazione dei giovani medici siciliani sull’adozione di una tassa di iniqua, unico caso in Italia, per partecipare alle selezioni per l’accesso ai corsi di formazione di Medicina Generale. Tutto questo mentre, a latere, l’istituzione ordinistica siglava con la politica protocolli di intesa per la gestione di servizi e corsi, con le annesse ingenti risorse.
 
Ho cercato di contrastare queste logiche dal di dentro, e non ho parimenti mancato di denunciarle all’esterno, scegliendo la strada più difficile, creandomi anticorpi ed inimicizie, esterne ed interne.
 
Posso affermare, pertanto, senza timore di essere smentito, di avere dimostrato coerenza ed attaccamento al mandato affidatomi dagli elettori, con buona pace di alcuni colleghi consiglieri che, soltanto adesso, dopo aver sostenuto per anni acriticamente il sistema, oggi ne prendono le distanze.
 
Non ritengo che l’istituzione ordinistica, per come la concepisco, debba piegarsi alla logica del compromesso e del tirare a campare in attesa che le acque si plachino. L’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri va rinnovato dalle fondamenta, cercando di rendere partecipi tutti, mettendosi a servizio dei propri iscritti e creando i presupposti per valorizzare le competenze professionali ed il merito, e non le appartenenze. Tutto ciò a garanzia della tutela del diritto alla salute dei cittadini.
 
Su questi presupposti continuerò la mia opera di rappresentanza, dentro o fuori l’OMCeO non importa, cercando di onorare il giuramento ippocratico di “affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali” (Cit. giuramento di Ippocrate) e di continuare a dare voce a quella “maggioranza silente” dei Medici che, sempre più numerosi, guardano con diffidenza all’istituzione ordinistica.
 
Non posso però congedarmi senza prima aver porto le mie scuse alla collega Serafina Strano, che è stata oggetto di vile ed ingiustificabile violenza nell’esercizio della Professione presso la Guardia Medica di Trecastagni nel 2017. Certamente, se ne avessi avuto la possibilità in Consiglio, mi sarei espresso a favore, senza se e senza ma, dello schierare l’OMCeO provinciale di Catania al suo fianco quale parte civile in sede di processo. Di questa mancanza me ne rammarico sinceramente. E da consigliere OMCeO, per quanto non abbia responsabilità dirette, non posso fare a meno di scusarmi, parimenti, con tutte le colleghe e i colleghi, oggetto di violenza o di tentativi di violenza sul luogo di lavoro, che assieme a me hanno assistito alle celebrazione di eventi pubblici in tema di sicurezza e violenza sui medici e sugli operatori sanitari, organizzati da taluni Ordini non tanto per richiamare l’attenzione della politica al fine di adottare interventi concreti ed urgenti, quanto piuttosto per offrire ai politici delle passerelle mediatiche che hanno mortificato il ruolo e la credibilità dell’Istituzione ordinistica.
 
In un momento storico nel quale, mentre da più parti, si afferma la necessità di dare segnali di discontinuità all’insegna del cambiamento, e i soliti noti rimangono saldamente ancorati alle poltrone, in ossequio all’arte del trasformismo ed in dispregio alla coerenza ed al senso di responsabilità, le mie dimissioni ambiscono a restituire la parola agli iscritti, ma anche all’opinione pubblica, al fine di conferire la giusta credibilità ad una istituzione, quale quella ordinistica, che è fatta da uomini, comportamenti ed azioni, prima ancora che da regolamenti e convenzioni.
 
Dr Pasquale Gianluca Albanese
Iscritto all’OMCeO provinciale di Catania
Socio fondatore Associazione Italiana Medici
Socio onorario Associazione Italiana Giovani Medici 

© RIPRODUZIONE RISERVATA