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Lunedì 05 DICEMBRE 2011
Cancro al seno. Il futuro è nella chemioterapia personalizzata

Particolari varianti alleliche rendono la chemioterapia tossica per alcune pazienti. A partire dal risultato i medici suggeriscono che in futuro i test genetici saranno il primo passo verso la cura. Che sarà rigorosamente personalizzata.

Test genetici e approccio terapeutico personalizzato sembrano proprio essere le due nuove parole d’ordine della lotta al cancro. Soprattutto della lotta al cancro al seno, secondo quanto emerge da una ricerca condotta dall’Unità Operativa Multidisciplinare di Patologia Mammaria dell’Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Cremona. Sarebbe infatti una particolare variante genetica - dalla sigla difficile da ricordare (MTHFR 1298A>C) – a far risultare la chemioterapia con capecitabina tossica per alcune pazienti. La ricerca è stata presentata al 13°congresso AIOM.
La capecitebina è un agente chemioterapico della famiglia delle fluoropirimidine, utilizzato proprio nel trattamento del carcinoma metastatico della mammella. Lo studio, condotto in collaborazione con Diatech Pharmacogenetics, unica azienda in Italia ad occuparsi di ricerca farmacogenetica, ha preso in esame diciannove pazienti di età media di 58.8 anni con neoplasia della mammella. Le donne erano trattate con capecitabina da 1500 mg (53%) o 2000 mg (47%) somministrata ad intervalli regolari, da sola (10%) o associata con vinorelbina (90%), altro farmaco chemioterapico, ad azione antimitotica.
Alcune delle pazienti che facevano parte del campione hanno riscontrato nella cura alti livelli di tossicità e scarsa risposta al trattamento. Ad esempio, in alcuni casi queste donne hanno sviluppato ematotossicità  o la sindrome mano-piede (in entrambi i casi si trattava del 42% delle pazienti), in altri diarrea (21%), in altri ancora nausea e vomito (16%). In un caso c’è stato addirittura un ricovero in rianimazione, proprio in seguito al trattamento con capecitabina.
 
Ma a cosa sono dovute tutte queste complicazioni?Il problema, secondo i ricercatori, sarebbe la presenza della variante allelica MTHFR 1298A>C nel Dna di alcune di queste donne.  Sarebbe questa a produrre una reazione avversa alle fluoropirimidine, una classe di composti che agisce specificamente sui componenti delle basi azotate del DNA, interferendo con alcune delle loro reazioni. I trattamenti oncologici per il carcinoma mammario metastatico spesso si basano proprio sull’uso di questo tipo di farmaci chemioterapici, di cui, appunto, fa parte anche la capecitebina.
Lo studio suggerisce che la determinazione di questo polimorfismo potrebbe essere utile per evitare possibili complicazioni. Un’osservazione di questo genere implica infatti che reazioni tossiche e risposte indotte dalle terapie possano variare da persona a persona in base al Dna delle pazienti. Le varianti genetiche coinvolte, però possono oggi essere facilmente individuate.
 
E per questo, secondo parte della comunità scientifica, è oggi possibile ed auspicabile lo sviluppo di terapie chemioterapiche mirate.“Non possiamo far finta di niente”, ha detto Daniele Generali, oncologo e ricercatore dell’Unità Operativa di Cremona. “Oggi sappiamo con certezza che la farmacogenomica può determinare il tipo di terapia per ogni singolo paziente. Lo studio da noi condotto ne è la controprova, e conferma le scelte fatte dalla nostra struttura a favore delle terapie personalizzate in ambito oncologico. Grazie alla farmacogenomica rispondiamo a molte domande cruciali; sappiamo quali farmaci dare e in che misura, ma anche quali non dare per non creare tossicità inutili. Purtroppo riscontriamo poca cultura in materia, ma sono ottimista perché ritengo sia una strada oramai alla portata e sotto gli occhi di tutti. Farmacogenomica nel quotidiano dunque. Poiché, se associata a esperti in materia e a una corretta comunicazione al paziente, può migliorare la vita.”
“È il 2.0 dell’oncologia moderna”, ha aggiunto il presidente della Diatech Pharmacogenetics Fabio Biondi parlando della farmacogenetica. “Dobbiamo credere in questa disciplina perché può portare beneficio al maggior numero di pazienti. Ma questa materia necessita della grande competenza e del sostegno degli oncologi italiani, sentinelle attive dei cambiamenti”, ha concluso.
 
Laura Berardi

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