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Martedì 24 LUGLIO 2018
Quante disuguaglianze in Italia rispetto alla media dell'Ue. Ecco i dati degli indicatori Eurostat, dal Pil procapite al gap tra i redditi

Il monitoraggio Eurostat dell'SDG 10 nell'UE si concentra sui progressi compiuti nella riduzione delle disuguaglianze tra e all'interno dei paesi e nel raggiungimento dell'inclusione sociale e della migrazione sicura. Italia (quasi) sempre al di sotto della media degli altri Paesi. E va peggio rispetto ai rapporti extra-Ue. 

Italia paese di disuguaglianze? Dal 2013 (circa) in poi sembra di si. O almeno sono in aumento rispetto alle medie Ue, tranne che per alcune voci in cui il Paese è sempre stato al di sotto della media del resto d’Europa e una in cui comunque andiamo meglio: la quota di popolazione con un reddito inferiore del 40% alla media in cui nel 2016 l’Europa era – in media – al 20,6% e l’Italia al 19,1% (in % sul reddito) e tuttavia è sempre rimasta al di sotto della media europea dal 2010 in poi.
 

 
 
L'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG) 10 "Disuguaglianze ridotte" richiede un aumento del reddito del 40% inferiore della popolazione e la riduzione delle disuguaglianze basate sul reddito, sesso, età, disabilità, razza, classe, etnia, religione e opportunità. Ciò avverrà adottando politiche e normative pertinenti.
 
Il monitoraggio dell'SDG 10 nell'UE si concentra sui progressi compiuti nella riduzione delle disuguaglianze tra e all'interno dei paesi e nel raggiungimento dell'inclusione sociale e della migrazione sicura.
 
Il primo indice considerato nell’analisi delle disuguaglianze Eurostat  è il Pil procapite. L’Italia dal 2010 è stata sempre sopra la media Ue fino a metà 2012, quando si è avuta un’inversione di tendenza e il Pil procapite ha iniziato la discesa fino ad arrivare nel 2017 a 28700 contro una media Ue di 29900 euro.
 
 
 
Pressappoco stessa sorte per il reddito disponibile per le famiglie, anch’esso sempre al di sopra della media Ue fini a metà 2013 e poi al di sotto fino a raggiungere nel 2016 i 21586 euro contro i 21903 della media Ue.
 
 
 
Nettamente più elevata della media Ue la percentuale di persone a rischio di povertà di reddito dopo i trasferimenti sociali: sono il 20,6% in Italia nel 2016 contro il 17,3% della media Ue.
 
 
 
Dato confermato dalla media relativa a rischio di gap di povertà che il Italia raggiunge il 31,6% contro il 25% medio dell’Ue nel 2016.
 
 
L’Italia fa peggio della media Ue anche per quanto riguarda il coefficiente di Gini, una misura della diseguaglianza di una distribuzione spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza: più è elevato, maggiore è la disuguaglianza. E l’Italia nel 2016 registrava un valore pari al 33,1% contro il 30,8% della media Ue, ma dal 2010 è sempre stata al di sopra.
 
 
 
 
Valori particolari per il nostro Paese poi su tre indici: il finanziamento ai paesi in via di sviluppo, l’importazione dai paesi in via di sviluppo e le domande di asilo.
 
Per i primi due l’Italia ha mantenuta quasi costante negli anni da 2000 al 2016 un valore pressoché analogo (con lievi oscillazioni.
In milioni di euro il primo indice vale 17444,6 in Italia nel 2016 contro 144651 nella media Ue. Per il secondo indice, sempre in milioni di euro, l’Italia nel 2017 è a quota 98917 contro una media Ue di 956917.
 
 
 
Sulle domande di asilo l’Italia superava la media Ue nel 2008, poi è andata al di sotto per tornare di nuovo al di sopra nel 2001. Poi ancora al di sotto fino a fine 2017 quando l’Ue ha registrato una forte flessione raggiugendo 1271 per milione di abitanti contro i 2091 sempre per milione di abitanti dell’Italia. 
 

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