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Giovedì 26 LUGLIO 2018
La pianificazione condivisa della cura e l’autodeterminazione della persona anziana affetta da patologie psicogeriatriche

L’Associazione italiana di psicogeriatria ha approvato un documento con specifiche raccomandazioni sul tema della comunicazione e della pianificazione anticipata della cura. la Raccomandazione AIP sottolinea che l’agire comunicativo richiede spazi e luoghi adeguati e che questo agire è un processo di condivisione complesso, fluido, dinamico, fatto non solo di parole ma soprattutto di ascolto, di piccoli gesti, di sguardi, di toni, di pause della voce, di posture, di vicinanza e di umana misericordia

Con l’entrata in vigore della legge n. 219 approvata il 22 dicembre 2017 (‘Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento’) la cura è stata costretta ad interrogarsi per valutare la tenuta e la solidità dei suoi modelli antropologici.
 
L’Associazione italiana di Psicogeriatria (AIP) ha, da subito, compreso l’importanza di questa norma e lo ha fatto ancor prima della sua promulgazione con un Draft, approvato nel settembre 2017, in cui si evidenziavano i punti di forza e quelli di debolezza della proposta di legge, auspicando alcuni correttivi che non sono stati purtroppo apportati per affrontare le specificità del setting psicogeratrico (formato in larga prevalenza da persone affette da disturbi dementigeni visto che di essi ne soffre il 30% degli over80enni ed il 40% degli over90enni) e la loro particolare condizione di vulnerabilità.
 
Proseguendo nel suo impegno, AIP ha nominato al suo interno un gruppo di lavoro con l’obiettivo di redigere una apposita Raccomandazione  per provare  a correggere quella (purtroppo diffusa) antropologia del consenso informato che impoverisce la realtà esistenziale di ogni persona malata burocratizzando la cura e l’idea, poco realistica, che essa sia un decisore sempre pienamente competente e razionale pur essendo un gravissimo errore pensare che le persone dementi siano sempre incapaci di assumere una decisione riguardo alla cura.
 
Il Documento conclusivo con le sue Raccomandazione sono state presentate ed approvate all’unanimità dal Consiglio direttivo di AIP a Brescia il 7 luglio 2018 e nelle prossime settimane saranno presentate alla comunità civile ed a quella scientifica.
 
Pur senza banalizzare le molte questioni affrontate ed a partire dal diritto di ogni persona di conoscere la verità, il Documento tocca, in particolare, il tema della comunicazione e quello della pianificazione anticipata della cura. Mentre l’informazione è un atto relativamente semplice, la Raccomandazione AIP sottolinea che l’agire comunicativo richiede spazi e luoghi adeguati e che questo agire è un processo di condivisione complesso, fluido, dinamico, fatto non solo di parole ma soprattutto di ascolto, di piccoli gesti, di sguardi, di toni, di pause della voce, di posture, di vicinanza e di umana misericordia.
 
Soprattutto nella pianificazione anticipata della cura in cui deve essere analizzata con la persona (e con chi la rappresenta giuridicamente) la traiettoria naturale della malattia, i suoi tempi di progressione ed i provvedimenti terapeutici che potranno essere necessari quando la stessa non sarà più in grado di esprimere la sua voce.
 
Richiedendo questo nuovo paradigma, oltre alla stabilità nel tempo del team di cura, l’adozione di efficaci misure organizzative per garantire: (1) il setting della comunicazione (luogo, numero minimo dei partecipanti, numero minimo di incontri previsti, ecc.); (2) chi prenderà parte al processo comunicativo, specificando ruolo e doveri; (3) le modalità di verifica della comprensione delle informazioni; (4) la periodicità massima temporale di rivalutazione della volontà espressa dalla persona.
 
Tenuto conto di quanto suggerito dalla ‘Guida al processo decisionale nell’ambito del trattamento medico nelle situazioni di fine vita’ approvata nel 2012 dal Comitato di Bioetica del Consiglio d’Europa, adattandolo, naturalmente, al singolo contesto organizzativo ed affidandone la regìa ad un team leader il quale dovrà, tra l’altro, garantire la coerenza non solo della comunicazione ma dell’intero processo di pianificazione anticipata della cura, che non si esaurisce in un momento unico con la firma apposta dalla persona e con la sua archiviazione in Cartella clinica oltre che negli applicativi informatici; perché alla persona deve sempre essere offerta la possibilità di avere un sufficiente lasso di tempo per la maturazione della sua volontà, discutendo i dubbi ed affrontare le sue umane paure nella consapevolezza che la sostituzione, ovverosia il prendere sulle spalle il peso delle persone più vulnerabili, significa assumerci davvero la responsabilità di ciò che si fa.
 
Riguardo alla questione degli incapaci –punto dolente della nuova legge- il Documento affronta tre situazioni  tipo, pur senza banalizzare la complessità clinica della patologie dementigene (1) quella delle persone incapaci legali che non sono in grado, nemmeno sul piano naturalistico, di partecipare alle scelte personali; (2) quella delle persone, che pur non essendo ancora state dichiarate incapaci legali, non sono in grado di partecipare alle scelte che le riguardano; (3) quella delle persone che, indipendentemente dalla loro capacità legale, sono ancora in grado di esprimere le loro scelte morali sulla base di una sia pur ridotta capacità di discernimento.
 
Nella prima situazione non si pongono particolari zone d’ombra anche perché il problema della sostituzione dell’incapace da parte del rappresentante legale nelle scelte di cura è stato molto ben analizzato dalla giurisprudenza di legittimità, con soluzioni ampiamente condivisibili e del tutto convincenti.
 
La seconda situazione è molto più interessante agli effetti pratici perché in alcuni ambiti della cura (in particolare quelli psicogeriatrici) sono frequentissime (quasi la regola) le situazioni di persone che, ancorché non legalmente incapaci, non sono in grado di partecipare alle loro scelte di vita e di aderire/rifiutare le cure.
 
In queste situazioni si è di regola fin qui privilegiato con alterne fortune la strada indicata dall’art. 406 della legge civile, non solo essendo stati spettatori inermi dei lunghi tempi della giurisdizione, molto spesso incompatibili con le esigenze di cura della persona, ma avendo spesso notato la maggior efficienza dei Tribunali rispetto agli Uffici dei Giudici tutelari, a discapito però degli obiettivi della legge sull’amministrazione di sostegno.
 
Ritenendo che il ruolo di proxy (o di protettori naturali) dei familiari sia molto debole proprio sul piano della tenuta giuridica e che spesso la convergenza di pensiero sulle scelte di cura tra chi compone la sfera parentale o amicale della persona non fosse una realtà facile da comporre; anche perché le (ancorché frequenti ma non sempre legittime) angolazioni di interesse sono frequentemente distanti tra di loro, con la conseguenza che sono all’ordine del giorno i contrasti tra i componenti la sfera parentale riguardo alle decisioni di cura, con insulti stressogeni che ricadono non solo sul team di cura ma soprattutto sul malato.
 
Le questioni più complesse sono però quelle in cui la persona, indipendentemente dalla situazione di incapacità legale, ha una sia pur ridotta capacità di capire e di esprimere le sue scelte morali. Anche se queste difficoltà sono state sommariamente ghigliottinate dalla nuova legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento che considera competent le sole persone che lo sono per legge.
 
Questa pubblica esecuzione deve comunque tener conto del fatto che il nostro ordinamento distingue le persone totalmente incapaci (gli interdetti) da quelle che lo sono parzialmente (gli inabilitati), essendo stata poi creata una terza categoria di soggetti incapaci di provvedere autonomamente ai propri interessi per menomazioni non solo di carattere psichico ma anche fisico.
 
Anche se questi strumenti di protezione giuridica non esauriscono la sfera morale della medesima, essendo stati creati allo scopo di permettere alle residue capacità di funzionare sotto l’aspetto esistenziale, soprattutto in quei territori dove si pone l’esigenza di un titolato supporto di indirizzo e di governo esterno. Senza però sovrapporre la capacità di agire alla capacità di intendere e di volere e senza confondere queste due categorie giuridiche con l’autonomia morale della persona.
 
Che spesso sopravvive anche nelle persone dementi e che non richiede di essere esplorata solo quando la persona rifiuta le cure proposte attraverso la consulenza psichiatrica o con le consuete batterie neurotestistiche riservate allo screening delle malattie dementigene ma esplorando, invece, quelle abilità funzionali sulle quali esiste un sufficiente accordo in letteratura.
 
Questo Documento esprime l’impegno di AIP per la tutela delle persone più vulnerabili nella piena consapevolezza che ogni nuova legge ci appella all’impegno ed alla responsabilità di applicarla in maniera equa e giusta superandone le criticità e le aree grigie che sono davvero numerose nella nuova legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento.
 
La quale contiene molte conferme e poche novità che vanno però valorizzate nell’interesse di salute, soprattutto delle persone più fragili. Attentare alla loro dignità seguendo la strada delle derive burocratiche ed approfittando degli errori concettuali contenuti nella nuova norma sarebbe un gravissimo ed imperdonabile errore.
 
La nostra maturità, di professionisti davvero impegnati nella difesa di queste persone, si vede da questo ed il nostro sincero augurio è che il lavoro realizzato sia l’occasione per riaggiustare i paradigmi fondanti della cura dando ad essi una prospettiva umana in grado di riposizionare davvero al centro di tutti i discorsi ed in ogni contesto socio-sanitario la dignità della persona umana.
 
Fare a meno di essa significa abdicare alla nostra identità di genere ed aprire definitivamente la porta al mondo governato dal cinismo, dalla burocrazia dannosa e dalla fredda tecnicalità.
 
 
Marco Trabucchi
Presidente Associazione italiana di psicogeriatria
 
Fabio Cembrani
Direttore UO Medicina legale, Trento
 

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