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Martedì 25 SETTEMBRE 2018
Troppe bugie sulla spesa sanitaria privata



Gentile direttore,
scrivo per condividere con Lei ed i suoi lettori alcune riflessioni sul futuro del Sistema Sanitario italiano in una prospettiva che non vuole indugiare sulle emergenze o sui casi di “malasanità”, che da sempre assorbono l’attenzione della politica e delle cronache, ma che intende considerare gli interventi strutturali potenzialmente in grado di avviare un nuovo corso per il diritto alla salute dei cittadini del nostro Paese.
 
Troppo spesso assistiamo, infatti, ad interventi scomposti e pregiudiziali sulle possibili soluzioni per la gestione del Servizio Sanitario Nazionale che non forniscono contributi concreti per lo sviluppo di un dibattito costruttivo su questa materia.

Si continua a perpetrare, ad esempio, il falso mito di un Servizio Sanitario in grado di dare tutto a tutti, di una Sanità che è la migliore del mondo, di una spesa privata sempre inutile, inappropriata ed appannaggio dei ricchi, di assicurazioni brutte e cattive che vogliono un modello assistenziale a stelle e strisce e così via. E in questo modo si continua ad alimentare una visione distorta e confusa sull’argomento, si nasconde la realtà e si accetta – in nome di un’impostazione meramente ideologica – che sempre più spesso i cittadini siano tenuti pagare le cure (alcune) di tasca propria mettendo i più deboli ed i più fragili in difficoltà.

La verità, a nostro avviso, è che il Sistema Sanitario italiano da quasi un decennio è evoluto in una forma “mista” che affianca al finanziamento pubblico una quota crescente (oramai oltre un quarto) di pagamento diretto, nel momento del bisogno, da parte dei cittadini per poter finanziare privatamente le proprie cure. Tale ibridazione delle fonti di finanziamento, peraltro, si è aggiunta a quella relativa alla “struttura di produzione” della sanità nel nostro Paese che vede un contributo del 60% del pubblico e del 40% del privato.
 
Il nostro Paese, nonostante l’impianto universalistico del proprio Servizio Sanitario Nazionale, è uno dei Paesi OCSE con i più elevati livelli di spesa di tasca propria a carico delle famiglie, con un’incidenza percentuale (oltre il 22% della spesa sanitaria totale) che supera di gran lunga persino quella degli Stati Uniti (dove si attesta al 11,3% della spesa sanitaria totale), da sempre associati nell’immaginario collettivo ad un modello di Sanità a pagamento.
 
Sono profondamente convinto che il vero problema, troppo a lungo ignorato anche per ragioni di convenienza politica, sia proprio questo. La Spesa Sanitaria di tasca propria, infatti, è la più grande forma di disuguaglianza in Sanità dal momento che lascia solo il cittadino di fronte alla scelta tra pagare e curarsi minando le fondamenta stesse del patto sul quale si basa l’intero Sistema di Sicurezza Sociale del nostro Paese.
 
Ed è proprio in questa prospettiva che il passaggio ad una gestione delle cure private delle famiglie attraverso un Secondo Pilastro Sanitario organicamente sinergico al Servizio Sanitario Nazionale ed affidato ad operatori specializzati (come le Compagnie Assicurative ed i Fondi Sanitari) consentirebbe di esercitare una governance collettiva sulla spesa sanitaria privata finalizzandola ad obiettivi di salute diffusa, garantendo una maggiore equità tra tutti i cittadini e rendendola in generale più sostenibile ed efficiente.
 
E’ da queste considerazioni, abbondantemente supportate da evidenze numeriche nel Rapporto RBM - CENSIS (e sulle quali sono disponibile ad un confronto), che nasce la considerazione che supportare una maggiore diffusione della Sanità Integrativa a fette sempre più ampie della popolazione italiana – sulla scorta, peraltro, delle esperienze di successo adottate dai principali Paesi dell’Europa Occidentale – potrebbe garantire un importante contributo alla tenuta non solo finanziaria ma anche sociale del nostro Sistema Sanitario.
 
In proposito, peraltro, occorre anche sfatare un ulteriore falso mito che i detrattori dell’Assicurazione Sanitaria e della Sanità Integrativa stanno diffondendo a gran voce negli ultimi mesi.
 
Secondo la struttura tipica delle Polizze Sanitarie applicate ai Fondi Sanitari nel nostro Paese la risarcibilità della prestazione è sempre subordinata alla prescrizione delle cure da parte del medico di base ovvero di quello stesso professionista al quale il Servizio Sanitario Nazionale affida il controllo di appropriatezza delle prestazioni sanitarie. E proprio questo elemento dovrebbe far riflettere sulla “naturale” convergenza che potrebbe essere trovata tra il Servizio Sanitario Nazionale ed un Secondo Pilastro Sanitario diffuso a tutti i cittadini.

Continuare a privarsi delle potenzialità di una collaborazione strutturale ed organica tra pubblico e privato non credo possa garantire maggiori risorse al Servizio Sanitario Nazionale ma, per certo, finirà per alimentare un’ulteriore crescita della spesa sanitaria di tasca propria lasciando il cittadino impreparato ad affrontare una situazione della quale nessuno lo aveva opportunamente informato. E’ per questo che ritengo opportuno rilanciare, in questa fase in cui il dibattito sul Reddito di Cittadinanza e sulle Pensioni è ancora aperto, la nostra proposta per un Reddito di Salute con il quale avviare un Secondo Pilastro Sanitario complementare, che potrebbe garantire, non solo a parole, quel diritto alla salute che la nostra Costituzione tutela tra i beni fondamentali del cittadino.
 
Marco Vecchietti
Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute 

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