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Lunedì 19 NOVEMBRE 2018
Formazione medica. Una piccola luce alla fine del tunnel



Gentile direttore,
questi sono periodi bui. Sembra di essere entrati in lunghi tunnel bui ed interminabili, senza mai la visione di una luce che ne faccia intravedere la fine. Nove anni senza contratto sono un tunnel lunghissimo. Molti colleghi sono entrati nel mondo del lavoro senza aver mai conosciuto un nuovo contratto.
 
Molti altri non sanno cosa sia un lavoro stabile, vivono nella precarietà. Siamo al buio e avvertiamo anche un’inesorabile discesa, un declino, la sensazione che tutto stia cambiando e che anche quando e se mai arriverà la luce, nulla sarà come prima.
 
Governi vecchissimi, vecchi, nuovi e nuovissimi sembrano non accorgersi di questo disagio. La politica di oggi e di ieri guarda altrove, la sanità non entra mai nell’agenda politica. È vista come un costo non come una risorsa.
 
Per questo scioperiamo. È una parola che a noi medici non piace, non ci piace anche solo dover limitare l’assistenza ai nostri malati, ma sappiamo anche che è il solo modo per farci ascoltare, anche se per un tempo brevissimo. In preparazione dello sciopero le organizzazioni sindacali hanno organizzato una giornata di incontro con i politici.
 
Sono venuti in tanti e li ringraziamo tutti, ma tra i tanti interventi ne ho apprezzato uno in particolare, quello dell’onorevole Manuel Tuzi membro della VII commissione (Cultura scienza e istruzione). Non ci ha parlato del rinnovo del contratto (come in molti speravano), ma di un argomento che a mio avviso è altrettanto importante: la formazione post laurea.
 
Essendo un giovane medico e neo specialista è giusto che voglia affrontare temi che ha lui stesso vissuto o subito e che tanti suoi colleghi coetanei vivono oggi. Nel suo intervento ha centrato il problema “dell’imbuto formativo”, ovvero dei medici che una volta laureati non trovano possibilità di accesso alle scuole di specializzazione o ai corsi di medicina generale. Sostiene che l’attuale legge che prevede l’accesso alla formazione post laurea vada riformata, che vadano aumentati i posti ma anche riformato il tipo di formazione.
 
Ha sostenuto (come proposto da Anaao Assomed) che oggi per superare l’emergenza del ricambio generazionale si debba permettere agli specializzandi degli ultimi anni di poter essere assunti negli ospedali, finalmente.
 
Non so se i buoni propositi partoriranno la riforma, non so se i poteri forti dell’università riusciranno anche questa volta a piegare le volontà ed i buoni propositi anche dei nuovi legislatori ma so per certo che è la prima volta che sento dire cose tanto sensate. E’ stata promessa una riforma necessaria. Si è impegnato a sentire i sindacati e le associazioni studentesche. Chi scrive lo ripete da anni, da quando insieme a tanti altri colleghi iniziammo le lotte nelle scuole di specializzazione (fondammo l’AISS, - Associazione Italiana Specializzandi e Specialisti) che portarono poi ad una legge pasticciata. La legge avrebbe dovuto seguire le indicazioni della normativa europea, ma fraudolentemente, non previde né “l’adeguata remunerazione” prevista dalla CEE (che diventò in Italia borsa di studio), né conseguentemente il versamento di contributi previdenziali, in realtà inizialmente non concessi e poi con una nuova legge, versati ma solo in un fondo “speciale INPS” da dove era difficile congiungerli con gli altri contributi.
 
Ma la parte più grave della legge è che creava una dicotomia tra la formazione dei colleghi della medicina generale, che potevano essere formati da scuole regionali e quelli dei medici specializzandi, la cui formazione veniva affidata, unici nel mondo, solo alle università. (vedi articolo pubblicato su quotidiano sanità di Anaao giovani).
 
 
Non solo, durante l’intervento ho sentito dire che il problema dell’accesso facoltà di medicina e chirurgia si affronta contestualmente agli altri problemi. Prima si risolve il problema dell’attuale carenza dei medici negli ospedali mediante provvedimento tampone, poi si determina il numero delle borse di studio che servono sia per formare specialisti che per formare medici di medicina generale e pediatri, quindi si finanziano i corrispettivi contratti formazione lavoro (il cui costo però in parte sarebbe a carico delle asl/ao) infine si determina il numero degli accessi alle università di medicina e chirurgia. Se mai fosse sarebbe una vera rivoluzione. Ancora oggi si formano i medici non in base alle reali necessità ma in base alla programmazione universitaria e alle risorse disponibili.
 
 
Credo che lavorare anche su questi temi sia la prima risposta vera e concreta a chi il 23 novembre sciopererà. Si sciopera anche per una “formazione europea”, per vedere entrare colleghi giovani e motivati nei nostri ospedali, per vedere coperte le piante organiche e non essere costretti a fare male troppi lavori. Per un ricambio generazionale, per poter essere anche noi a trasmettere ai colleghi più giovani le nostre conoscenze.
 
 
Se mai questa riforma dovesse realizzarsi sarebbe il primo segnale di luce in fondo al lungo tunnel del SSN.
 
 
 
Francesco Medici
Anaao Assomed

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