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Martedì 20 NOVEMBRE 2018
Psicosi. Una questione di reti cerebrali

Alcune anormalità a livello di reti cerebrali sarebbero alla base di una maggiore predisposizione alla psicosi. Si tratta di cinque moduli che “dialogano” tra loro. Nelle persone che sviluppano psicosi questa organizzazione della rete cerebrale appare diversa

(Reuters Health) – Nei giovani a rischio di psicosi si possono riscontrare delle anormalità nell’organizzazione funzionale della rete cerebrale. È quanto emerge dallo lo studio statunitense Sharp (Shanghai at Risk for Psychosis). Lo studio è stato coordinato da Guusje Collin, ricercatrice presso il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston.

Lo studio Sharp
Collin e colleghi hanno usato la risonanza magnetica per osservare il connettoma funzionale, la rete di collegamenti per la condivisione delle informazioni tra i moduli del cervello. Questi moduli possono essere paragonati alle comunità di un social network, “regioni cerebrali che amano parlare tra loro e sono coinvolte nello stesso tipo di compiti”, esemplifica Collin.

I ricercatori hanno studiato 251 adolescenti e giovani adulti, compresi 158 giovani con rischio clinicamente elevato di schizofrenia (Chr), che hanno partecipato allo studio Sharp, e li hanno confrontati con 93 controlli sani abbinati per età, sesso e istruzione. Durante un anno di follow-up, 23 del gruppo Chr hanno sviluppato psicosi.

Nelle reti cerebrali degli individui sani sono stati identificati cinque moduli, “che riflettono in gran parte le reti funzionali conosciute”, osservano gli autori. Gli individui Chr che non sono diventati psicotici presentavano un’organizzazione cerebrale simile a quella dei controlli sani.
Le reti degli individui che hanno sviluppato la psicosi avevano anche un sesto modulo cingolo-opercolare che non è stato osservato in quelli non psicotici o nei controlli sani alla stessa risoluzione, ma è apparso solo a risoluzioni più elevate. “Pensiamo che quei tipi di cambiamenti potrebbero riguardare, ad esempio, le allucinazioni uditive che si manifestano in queste persone”, ipotizza Collin.

Fonte: Mol Psychiatry 2018

Anne Harding

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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