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Martedì 22 GENNAIO 2019
Chirurgia estetica. I danni dei ‘finti’ specialisti e della chirurgia low cost



Gentile direttore,
secondo i dati ufficiali ISAPS (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), nel 2017 il numero totale degli interventi chirurgici con finalità estetiche è aumentato del 4%, e l’Italia si posiziona al 5° posto nel mondo, dietro solo a Usa, Brasile, Giappone e Messico. Il vertiginoso aumento delle richieste di interventi di chirurgia estetica ha portato inevitabilmente ad un numero sempre crescente di insuccessi chirurgici, costringendo i pazienti a ricorrere alla cosiddetta chirurgia secondaria, che ha lo scopo di “riparare” i danni causati da una precedente operazione.
 
Infatti, se molti interventi ottengono l’effetto sperato, altrettanti si rivelano mal riusciti e dai risultati disastrosi, con conseguenze invalidanti sia sotto il profilo fisico che psicologico. Secondo la letteratura scientifica più accreditata, i numeri sono a dir poco allarmanti: fino al 36 % di pazienti che si sottopone ad un intervento correttivo dopo una mastoplastica additiva, fino al 20% di quelli che riaffrontano una rinoplastica di revisione per correggere i danni causati dalla prima, fino al 30% gli “insuccessi” nella blefaroplastica estetica, ovvero la chirurgia di ringiovanimento delle palpebre. Se rapportiamo queste percentuali al numero di interventi che viene eseguito ogni anno in Italia (mastoplastica additive: 54.045, blefaroplastiche estetiche: 45.270, rinoplastiche: 26.880) ci rendiamo conto di quanto sia impressionante il numero di pazienti insoddisfatti in cerca di una seconda “chance”!
 
Ormai, nella mia pratica quotidiana, le richieste di interventi di chirurgia secondaria raggiungono quasi il 50% dell’attività, un dato a dir poco allarmante. E quando visito questi pazienti, spesso reduci da un lungo peregrinare in cerca del chirurgo che si renda disponibile a riparare i danni causati dal primo intervento, è evidente il loro stato di disagio psicologico, la loro preoccupazione, con conseguenti ripercussioni negative sulle loro relazioni sociali, sia in ambito sentimentale che lavorativo.
Così, dalla rinoplastica alla mastoplastica, passando per la blefaroplastica e senza dimenticare i disastri causati dalle semplici “punturine” della medicina estetica, sono molteplici gli interventi secondari a cui si sottopone una percentuale sempre più elevata di pazienti. Interventi, va ricordato, che richiedono una competenza specifica poiché non si interviene su una parte del corpo “normale”, ma alterata dal precedente intervento che ne ha compromesso le strutture anatomiche, che devono essere riparate o addirittura ricostruite.
 
Quante volte vediamo quei nasi che definiamo artificiali e con la cosiddetta punta “pinzata” o il dorso “insellato; quanti pazienti insoddisfatti dopo un intervento di blefaroplastica per un occhio che rimane aperto (o entrambi!), perché è stata tolta troppa pelle; quante mastoplastiche additive con risultati a dir poco “invalidanti” per le pazienti con mammelle asimmetriche ed innaturali!
 
È facilmente intuibile che nel prossimo futuro la chirurgia secondaria diventerà sempre di più un problema importante nella nostra società. Ma come evitare tutto ciò? Innanzitutto, diffidare dei “finti” specialisti e della chirurgia “low cost”! Rivolgersi sempre a medici specialisti nel settore, che partecipino in maniera continuativa a corsi di aggiornamento e congressi, e non esitare a chiedere allo specialista quanti interventi di quel tipo esegua di routine, con casistica e risultati ottenuti.
 
Internet può essere un’arma a doppio taglio: il paziente oggi è sicuramente più informato, ma spesso anche più confuso. Insieme all’informazione c’è anche tanta disinformazione, dettata dagli aspetti puramente commerciali, e sicuramente la chirurgia estetica non può essere paragonata ad un mero bene di consumo. Un intervento di chirurgia estetica non si vende! Occorre prima di tutto fare una corretta diagnosi, capire quello che un paziente desidera, analizzare il modo in cui il paziente vive e percepisce il suo “difetto” estetico: e solo dopo si può indicare la giusta terapia.
 
Non dimentichiamo che si parla sempre di sottoporsi ad un intervento chirurgico, che per definizione non è scevro da rischi e complicanze di ogni genere e che quindi non può essere paragonato ad una scelta su catalogo! Diffidare delle pubblicità che si leggono su internet o su qualche giornale: il lifting della pausa pranzo, la chirurgia senza “bisturi”, i fili “miracolosi” che sollevano… Infine, non va dimenticato un altro aspetto negativo: oggi la medicina e la chirurgia estetica sono diventate il “terreno di caccia” di tutti: dai dentisti, ai medici generici, agli oculisti e via dicendo. Tutti si sentono autorizzati a fare tutto, ma spesso i tentativi non riescono e si creano anche ulteriori danni. Insomma, a ciascuno il suo!
 
Michele Pascali
Professore a contratto di Chirurgia plastica e Coordinatore scientifico e professore nel master universitario in Chirurgia plastica ed estetica della faccia - Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

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