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Giovedì 21 FEBBRAIO 2019
Camici bianchi e felpe colorate in corsia



Gentile Direttore,
quello della vestizione dei professionisti sanitari, costituente motivo di “uniformazione” o “omogeneizzazione” , così come definito da alcune aziende, anche se può essere scarsamente avvertito da parte di professionisti di tutto rispetto che ultimamente non hanno visto cambiare molto il  proprio “look”, è invece assai sentito, anche se scarsamente denunciato, dalla classe dei tecnici sanitari, che storicamente per diversi motivi professionali di convergenza, si sono evoluti con una precipua vestizione: il camice bianco.
 
Da più di un paio di anni è in atto questo cosiddetto processo di “omogenizzazione”, che però qualcuno si è accorto avere molto poco di una effettiva razionalizzazione, visto che le c.d. “nuove divise” realizzano un unico distinguo: da una parte i medici con i loro camici bianchi e dall’altra, indistintamente, tutti gli altri che, con la loro divisa bianca con relativa banda colorata distintiva la professione/ruolo rivestito, si omogeneizzano perfettamente all’indossare il vero elemento di vestiario che, a parer di chi scrive (ma non soltanto suo), costituisce l’elemento di mero inganno: una felpa a zip colorata (generalmente bleu) che alla fine effettivamente “amalgama” (oscurando i “differenziali” dettagli cromatici) tutti coloro che, giusto caso, medici non sono.
 
Recentemente una ASST del nord Italia riceve una missiva di un gruppo di professionisti TSRM che si è accorto che tale sbandierata, «rivisitazione degli indumenti di lavoro al fine di rendere uniformi le “divise” in uso per tutta l’ASST», anche arricchita da altre motivazioni (la necessità di adempiere alle «esigenze igienico-sanitarie» nonché esprimere, mediante una opportuna differenziazione,  «… una chiara ed immediata identificazione del ruolo del personale …») è, oltre che un espediente, effettivamente un atto  deplorevole, in quanto alla indebita discriminazione sociologica (volontaria o no) si è aggiunta quella intra-professionale, giacché in alcuni ospedali della medesima ASST è in uso dai TSRM il camice bianco, mentre in altri no (?!?). 
 
La missiva è inviata anche all’Ordine Provinciale TSRM enfatizzando «gli aspetti che configurano il camice come Dispositivo di Protezione Individuale (es. protezione da contaminazione di radioattivi e prevenzione da contaminazioni con sostanze biologiche)».
 
Ossia tutte situazioni cui il TSRM è potenzialmente esposto e non protetto né dalla casacca a maniche corte, né tantomeno dalla felpa bleu in tessuto c.d. “pile”, del tutto inidoneo (anzi addirittura pericoloso) alle titolate esigenze igienico-sanitarie.
 
Sia, ancora, «Riconoscendo che il camice non è elemento distintivo esclusivo della nostra professione e che il codice colore è comune ad altre professioni» riconduce alla necessità che tale figura professionale sia dotata di un dovuto, idoneo, decoroso nonché completo vestiario, che effettivamente sia identificativo, oltreché comune, alle medesime figure professionali in tutto il comprensorio aziendale.
 
Malgrado la sonora replica dell’ordine TSRM: «Le iniziative di Codesta Azienda si evidenziano come assolutamente contrastanti con le finalità ricordate e con le prescrizioni professionali previste per i soggetti iscritti nei rispettivi albi TSRM di questa Federazione. Anche ai sensi della recente normativa contenuta nella legge 3/2018 la Federazione TSRM PSTRP, quale ente pubblico sussidiario dello Stato, nell'esercizio della sua funzione di vigilanza sulla conservazione del decoro e dell'indipendenza delle rispettive professioni, ha il dovere e il diritto di richiamare Codesta azienda a comportamenti conformi alle direttive Federative.
La Federazione rimane in attesa di un riscontro.»….
 
….l’ASST in questione non ha ancora onorato i termini della legge 241/90 (la prima missiva era del 30/11/2018; la replica dell’ordine del 03/01/2019 – lieve ritardo pur giustificato dalle elezioni di rinnovo del direttivo), non fornendo obbligatoria risposta.
 
Frattanto, mentre i TSRM meditano su una nota di sollecito, sono alcuni medici radiologi di “zoccolo duro” che forniscono spontanee repliche, non tanto di pertinenza, quanto di esercizio di tipiche ed altrettanto storiche espressioni; fra tutte la più banale: « … Si adoperano per ottenere il camice, così da sembrare dei medici».
 
Ed anche la più originale, quanto gustosa: «Tutto all’insegna del tecnico di radiologia»
 
Alle quali si vuole dare rispettivamente replica; alla prima: “Non trattandosi di “ottenimento”, ma di rivendicazione  – a parte – Così come l’abito non fa il monaco, anche il camice non fa il medico e non fa nemmeno il tecnico o qualsivoglia altro professionista – le professioni si costruiscono e si riconoscono tramite  l’impegno personale e la serietà professionale”
 
Alla seconda: “I TSRM – con insegna o senza – hanno sempre fatto il loro dovere, spesso anche assumendosi  responsabilità e (soprattutto) torti non propri,  senza riserva o inosservanza alcuna; al contrario, probabilmente allo stato corrente si rendono più consapevoli dei medici radiologi circa la importanza, ad es. di una reale giustificazione degli esami fuori dall’«elenco esaustivo»  delle pratiche radiologiche ammesse alla standardizzazione – primi fra tutti gli esami in corsia e le TAC –  e di una reale somministrazione del consenso informato, prestato sulla base di una adeguata ed esplicita informazione, per la attività di Risonanza Magnetica, come previsto, per entrambe i casi, da apposita normativa, che se pure vorrebbero essi stessi cambiare (perché ne ha messo in discussione la tanto meritata quanto effettivamente già conseguita autonomia), fin tanto che non lo sarà, è al momento da rispettare nelle formule vigenti... ed i corrispondenti obblighi ricadono proprio sui medici radiologi – di spirito e non”.
 
Frattanto, schermaglie a parte, si continua ad attendere una auspicabile, ma dovuta, replica della fedifraga ASST …
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato Direzione e Management AA SS
Abilitato alle Funzioni Direttive
Specializzato in Neuroradiologia

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