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Sabato 23 FEBBRAIO 2019
La sanità ha detto “no” al regionalismo differenziato

Con l’assemblea congiunta delle professioni mediche e sanitarie, e con il manifesto, è accaduta una cosa senza precedenti, mentre i partiti sul regionalismo differenziato sono divisi, quindi alla ricerca di una mediazione, con il M5S che, unico e da solo, ha assunto esplicitamente la battaglia per la difesa del SSN, la sanità su iniziativa lungimirante della Fnomceo si è auto-organizzata, costituendosi come soggetto politico inter-professionale unitario autonomo. Un fatto senza precedenti

L’assemblea congiunta di tutti i consigli nazionali delle professioni, organizzata oggi, su iniziativa della Fnomceo, al teatro Argentina si è chiusa approvando un manifesto, “alleanza tra professionisti della salute per un nuovo SSN”, rivolto al presidente della Repubblica e al presidente del consiglio dei ministri che dice no al regionalismo differenziato in sanità
 
Il manifesto
I punti politici del manifesto possono essere così sintetizzati:
- dal momento che il diritto costituzionale alla salute non è discutibile, e meno che mai negoziabile, essendo tale diritto l’unico riferimento per definire il bisogno di salute sia dell’individuo che della collettività, l’integrità, l’unità, la nazionalità del servizio sanitario che, da esso derivano, non sono in discussione, quindi meno che mai sono in discussione i suoi propri valori, soprattutto quelli dell’universalismo e quelli della solidarietà.
 
- In nessun caso l’autonomia riconosciuta alle regioni può ledere e smentire le norme di principio definite quali norme generali dallo Stato, volte a sancire regole valide in modo universale per tutte le regioni, quali quelle sul lavoro professionale (ruoli, formazione, competenze, contrattazione ecc), quelle a garanzia della natura pubblica del sistema, quelle volte a stabilire l’accesso alle prestazioni e alla fruizione del diritto, ecc.
 
- Il riferimento per decidere la distribuzione di risorse al SNN resta quello del fabbisogno e dell’occorrenza di salute dell’individuo e della collettività, per cui si riconferma il principio di equità, quale principio supremo, a ciascuno secondo il proprio bisogno, da ciascuno secondo il proprio reddito, e il principio di solidarietà quale obbligazione morale e sociale in ragione della quale i più avvantaggiati aiutano i meno avvantaggiati e le risorse da distribuire obbediscono a criteri di perequazione.
 
- Alle regioni possono essere riconosciuti gradi maggiori di autonomia oltre quelli già riconosciuti con la precedente riforma del titolo V, in ordine alle funzioni e ai compiti loro assegnate, ma solo nel quadro del perfezionamento universalistico delle leggi di principio dello Stato.
 
- L’autonomia, correttamente intesa, resta un valore ad ogni livello (professionale, organizzativo, operativo, gestionale) ma in nessun modo può essere mistificata con l’autarchia.
 
Sanità un soggetto politico autonomo
Con l’assemblea congiunta delle professioni mediche e sanitarie, e con il manifesto, è accaduta una cosa senza precedenti, mentre i partiti sul regionalismo differenziato sono divisi, quindi alla ricerca di una mediazione, con il M5S che, unico e da solo, ha assunto esplicitamente la battaglia per la difesa del SSN, la sanità su iniziativa lungimirante della Fnomceo si è auto-organizzata, costituendosi come soggetto politico inter-professionale unitario autonomo. Un fatto senza precedenti.
 
Come tale si è dotata di un pensiero molto chiaramente espresso nel manifesto che, va rimarcato, contiene due punti importanti:
- il tema dell’alleanza tra le professioni (questione normalmente complessa cioè nella realtà quasi impossibile da realizzarsi)
- il superamento dell’apologia dal momento che la difesa efficace della sanità passa per la definizione di un nuovo SSN (i problemi esistono e vanno risolti)
 
Il significato politico è evidente: il regionalismo differenziato pone il problema della sopravvivenza del sistema universale, la sanità si ricompatta su una proposta che difende i valori dell’universalismo, ma non chiude al cambiamento, ponendosi come l’interlocutrice principale della politica e del governo.
 
I garanti della deontologia
L’ultima grande manifestazione fatta a difesa del SSN, quella del Colosseo, è stata nel 2009 (10 anni fa). Essa non solo era promossa solo dai medici ma avveniva in uno schema classico dove gli interessi legittimi di costoro erano in conflitto con le politiche del governo in carica, quindi una logica inter-sindacale, (la manifestazione era stata promossa da ben 24 sigle sindacali.
 
Questa volta è diverso, l’assemblea, al teatro Argentina, è stata organizzata dagli ordini professionali quindi dalle federazioni delle professioni, cioè da soggetti che giuridicamente sono da considerarsi enti sussidiari dello Stato, il cui interesse va ben oltre quello riduttivamente riconducibile di natura sindacale.
 
Si tratta di “enti” garanti della deontologia vale a dire garanti della correttezza delle prassi professionali cioè coloro che attraverso i doveri delle professioni garantiscono i i diritti dei cittadini.
 
Sono questi garanti che, oggi, tutti insieme, parlando a nome di 1 milione e mezzo di operatori, dicono al governo che il regionalismo differenziato come proposto da Veneto Lombardia e Emilia Romagna, non è compatibile con le deontologie professionali, cioè esso mette a rischio alcuni postulati fondamentali di moralità che sino ad ora hanno garantito in questo paese ad ogni cittadino italiano o straniero uguaglianza di trattamento, universalità delle cure e centralità del bisogno della persona.
 
Postulati senza i quali in una società civile la medicina non può essere esercitata.
 
Le ragioni morali della giustizia
Quindi, prima delle ragioni giuridiche, economiche, istituzionali sono quelle morali, etiche e deontologiche che dicono “no” al regionalismo differenziato.
 
Esso è un grande pericolo perché esso è, al di là dei suoi profili di legalità, fondamentalmente un progetto “immorale”.
 
Se il regionalismo differenziato è ingiusto, perché ad alcune regioni accresce il grado di benessere e ad altre lo riduce, esso proprio perché è ingiusto è immorale. Tutto il resto pur importante viene dopo.Cioè le ragioni dell’utilità vengono dopo quelle della morale.
 
La perdita di benefici delle persone, dice l’assemblea delle professioni al teatro Argentina, non può essere in nessun modo giustificata dai maggiori benefici goduti da altre persone. Ciò sarebbe immorale.
  
 
Prima del valore degli interessi, del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna, viene quello della giustizia cioè quello della morale.
 
In medicina l’egualitarismo è morale il regionalismo differenziato no.
 
Conte e Salvini
Una politica che pensasse di poter controbilanciare i sacrifici, imposti ai più deboli, con una maggiore quantità di vantaggi goduti dai più forti, sarebbe una politica ingiusta.
 
Credo, a giudicare dalle prime dichiarazioni, che tanto il presidente Conte che il vicepresidente Salvini fin da subito, si siano dimostrati sensibili prima di tutto alle ragioni della giustizia e a quelle delle moralità.
 
Il vicepresidente Salvini in sintonia con il M5S ha subito dichiarato di non essere d’accordo a fare “cittadini di serie A e cittadini di serie B”. Una affermazione che vale una scelta politica. Se nei confronti della salute è il reddito che diversifica i cittadini in serie A e in serie B allora l’unica cosa che di fronte alla salute, rende i cittadini uguali, è il diritto.
 
Il vicepresidente Salvini ci dice quindi, in ragione di un ideale di uguaglianza, che in sanità il diritto resterà l’ideale di riferimento. Quindi ci dice che il criterio del gettito fiscale non può essere ammesso tra quelli che decidono la distribuzione delle risorse tra le regioni, dal momento che i diritti dipendono da una distribuzione equa, cioè giusta, quindi da una distribuzione che è giusta solo se è in rapporto ai bisogni.
 
Il presidente Conte in Parlamento (question time) sul regionalismo differenziato mi pare sia sulla stessa lunghezza d’onda e parla di “fabbisogni definiti con indicatori comuni” e di “criteri unitari per l'erogazione dei servizi in ogni angolo del Paese” ed esclude “il riferimento ad indicatori collegati all'introito fiscale".
 
Aggiungendo in modo chiaro che: "Il percorso del regionalismo differenziato dovrà tenere in considerazione non solo la peculiarità delle realtà territoriali, ma anche la piena realizzazione della solidarietà nazionale, nell'ambito della tutela dell'unità giuridica, di quella economica e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali".
 
Mi pare di poter dire quindi che, a giudicare dalle intenzioni che vedo dietro a queste dichiarazioni, siano soprattutto le ragioni della giustizia e della moralità a guidare le preoccupazioni del governo.
 
Le stesse che sono alla base dell’assemblea del teatro Argentina
 
Io penso che per la sanità la mobilitazione delle professioni, degli ordini, la forza superiore dell’ideale deontologico, ma, fatemelo dire, anche la forte e ostinata battaglia culturale e mediatica che abbiamo fatto, anche su questo giornale, abbiano cominciato a dare i primi risultati.
 
Di fatto si è aperta una fase di mediazione molto delicata ma che lascia pensare che il nostro comune sforzo, soprattutto quello della Fnomceo e delle altre federazioni professionali, non sia stato vano.
 
 
Mi pare di poter dire che le ragioni morali, che sono prima di ogni altra cosa le nostre, stanno prevalendo su quelle geopolitiche e questo ci fa pensare che almeno, per quello che riguarda la sanità, non siamo ancora arrivati ad un grado di cinismo politico tale dove tutto è scontato e tutto è negoziabile quindi merce di scambio.
 
Questo governo, pur tra mille contraddizioni, dimostra che, perfino le antitesi, possono essere commensurabili (non solo la tav)  ma a condizione di assumere valori ad esse sovraordinate come quelli che definiscono il bene morale. Quel bene morale al quale recentemente anche la Cei ci ha richiamati.
 
Vorrei rimarcare rispetto all’assemblea delle professioni in particolare l’impegno straordinario della Fnomceo che in questa vicenda, ha fatto da locomotiva al processo di unificazione tra le professioni. Essa ovviamente insieme agli altri ci consegna con il suo impegno rinnovato, una idea di ordine professionale e di deontologia ma anche di professione completamente diverso di quella alla quale eravamo abituati in passato.
 
Credo che la sanità tutta nei suoi confronti abbia contratto un debito storico il cui valore e la cui importanza non potrà essere storicamente in alcun modo sottovalutato.
 
Se per riformare dobbiamo diventare contro-riformatori
Vorrei concludere richiamando un articolo di un intellettuale dichiaratamente di destra anche lui critico come me, nei confronti del regionalismo differenziato, come Marcello Veneziani, che sulla Verità (21 febbraio 2019) invita il sud ad approfittare dell’occasione politica  per “riscattarsi”  dalla sua storia di paese con minori diritti. Cioè di usare l’autonomia come una risorsa per diventare altro da quello che è. Che mi pare sia il tentativo davvero interessante e generoso che sta facendo De Luca con la sua Campania.
 
La penso come Veneziani anzi allargando il concetto di “sud” a tutto quanto è per una ragione o per l’altra arretrato, quindi usandolo come metafora di regressività, direi, che una alleanza tra professioni ha senso certo per sconfiggere dei mostri come il regionalismo differenziato ma soprattutto per definire un nuovo SSN con la speranza di non avere più mostri tra i piedi.
 
E’ del tutto evidente che il regionalismo differenziato è una proposta sbagliata per risolvere problemi innegabili, che per essere risolti abbisognerebbero di un pensiero nuovo, idee nuove, proposte meno convenzionali, altri criteri di equità, quindi di un pensiero riformatore che ci riscatti tutti dalla stagnazione culturale e dal solito tram tram. Il regionalismo differenziato è una controriforma che nasce dalla totale mancanza di un vero pensiero riformatore.
 
Non c’è alcun dubbio che in sanità si debbano cambiare e quindi riformare molte cose, a partire proprio dal lavoro delle professioni, dall’organizzazione dei servizi, dalle loro modalità operative, ma non c’è nessuna ragione che ci obblighi per riformare ad essere “immorali”. Cioè se per riformare dobbiamo diventare contro riformatori allora vuol dire che con il sacrificio della morale tutto è possibile.
 
Quello che auspico, con tutte le mie forze, è che la mediazione non venga fatta, per tirare a campare, dando un contentino a tutti, ma si faccia per cambiare le cose, cioè per essere più morali, più giusti, più equi, più solidali.
 
I valori morali in realtà l’unica libertà che hanno è di crescere.
 
Politica codarda
Sarà il ministro Grillo che in sede di mediazione, quindi nell’ambito del governo, dovrà rappresentare la sanità. Il ministro ha disertato l’assemblea delle professioni. Nessuno del ministero si è presentato a rappresentarla. Grave errore politico, un segnale di stupida indisponibilità, probabilmente riconducibile a malcelate insicurezze personali, brutto esempio di politica codarda. Peccato.
 
Ivan Cavicchi

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