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Lunedì 25 FEBBRAIO 2019
La formazione per i professionisti della sanità del futuro
Gentile Direttore,
è accaduto un fatto straordinario: per la prima volta nella storia italiana tutti gli ordini delle professioni sanitarie e sociali, in rappresentanza di 1,5 milioni di professionisti della salute, si sono alleati e hanno formalizzato un “manifesto per un nuovo SSN”; una mossa di grande impatto e significato politico.
La notizia è di quelle importanti e segnala che forse è giunta l’ora di superare steccati e diffidenze per mettere assieme le idee migliori perché i bisogni di salute sono cambiati e l’attuale organizzazione dei servizi sanitari in Italia non è più in grado di rispondere in modo efficace a tale stravolgimento.
È senz’altro appropriata la richiesta di formale coinvolgimento degli ordini delle professioni sanitarie in questa fase storica per il sistema: sullo sfondo aleggiano il progetto del regionalismo differenziato e la preoccupazione che le autonomie delineate diventino ostacolo a equità e universalismo del Ssn, peraltro costituzionalmente garantito.
Oltre al tema dell’alleanza tra professioni, l’assemblea di ieri ha puntato i riflettori su un altro punto importante, come sottolineato da Cavicchi nel suo articolo, ovvero “… il superamento dell’apologia dal momento che la difesa efficace della sanità passa per la definizione di un nuovo SSN (i problemi esistono e vanno risolti).”
Ma se da un lato la sanità dice no al regionalismo differenziato, dall’altro ha il dovere di fornire alternative, teoriche e concrete assieme, all’attuale organizzazione del sistema che, come detto, non è tarato per rispondere ai bisogni legati alle malattie croniche e tantomeno può reggere la sfida della sostenibilità, tema reso impellente proprio dall’incidenza delle malattie a lunga durata. Se serve un nuovo Sistema sanitario nazionale, allora sarà utile avere nuovi professionisti sanitari?
Un aspetto sul quale pare non si stia riflettendo abbastanza è quello del ruolo che la formazione dei professionisti - e dunque dell’Università – deve ricoprire all’interno di questa storica trasformazione.
Il problema della sopravvivenza di una società consiste nell’assicurare la trasmissione delle conoscenze e dei valori che essa ritiene essenziali.
L’educazione è, sotto questo aspetto, l’insieme degli strumenti che una società adotta per garantire questa trasmissione. Traslando questo assunto alla medicina, possiamo tranquillamente dichiarare che il tema dell’educazione dei professionisti sanitari debba andare di pari passo al tema dell’innovazione dei modelli.
Può dunque essere utile cominciare a chiedersi quali debbano essere le principali competenze del futuro professionista sanitario. Con quali elementi deve essere formato, per rispondere in modo appropriato all’interno di un nuovo modello? Quali competenze, di base e avanzate, soddisfano al meglio i modelli proposti dalle professioni? Il CCNL ha in qualche modo già recepito la necessità di “nuovi” operatori, ma com’è messa la formazione in materia?
In geologia, il concetto di formazione rivela ad un tempo il processo e il suo risultato: i termini “formazione primaria” e “formazione secondaria” suggeriscono insieme la natura e la struttura specifiche di strati rocciosi differenti che si sono sovrapposti gli uni sugli altri, gli uni dopo gli altri, in epoche diverse dell’evoluzione.
Per comprendere la storia della Terra si studiano gli strati di cui essa è costituita, formata, analizzando le gerarchie tra formazioni inferiori e superiori…considerando ogni realtà naturale come il risultato di un processo, che è esso stesso all’interno di un processo e in movimento.
Allo stesso modo si dovrebbe cominciare a fare in medicina; siamo tutti consapevoli dei legami interni tra una forma e il suo processo di formazione, ed è superfluo sottolineare che ogni realtà prende forma solo nell’ambito e al termine di un particolare processo che dura un certo tempo e che le conferisce un proprio aspetto, proprie caratteristiche e peculiarità specifiche.
Considerando la formazione del professionista il processo, e il professionista formato, l’effetto, attraverso quale trasformazione possiamo rendere l’effetto, causa?
Detto in altre parole, in che modo il “prodotto” dei processi formativi (i professionisti) possono contribuire allo sviluppo del sistema? Cedo che solo svolgendo un ruolo diretto nello sviluppo di quel contenuto, l’effetto diventa a sua volta causa: da prodotto di uno sviluppo diventa condizione di un altro, passaggio da una forma storica ad una più elevata…
Se tutti concordiamo nel sostenere che il SSN va cambiato, che servono nuovi modelli e nuove competenze, allora dobbiamo impegnarci affinché il ruolo delle “giovani” professioni sanitarie (quelle battezzate “professioni autonome” dalla Legge 251/2000) trovi adeguato spazio attraverso il pieno riconoscimento nei ruoli di docenza ordinaria.
Il mondo della formazione universitaria – di base e avanzata – è sottoposto alla stessa sfida: innovarsi, senza apologia per andare verso un sistema che permette a tutti e non solo a qualcuno di sviluppare pienamente le loro capacità.
Melania Salina
Docente a contratto presso il
Corso di Laurea in Fisioterapia- Università di Trieste
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