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Sabato 02 MARZO 2019
Giornata Europea Logopedia. Il tema di quest’anno sarà l’autismo. Fli: “Comunicare è possibile”

Questa malattia, che in Italia colpisce circa 78mila persone, in prevalenza maschi, manifesta sintomi ‘unici’, che impattano sulle capacità del linguaggio e sulle abilità sociali. Un ruolo ‘chiave’ può essere svolto dal logopedista capace di educare il bambino all’integrazione socio-relazionale, favorendo il potenziamento di abilità più fragili quali la parola, la comprensione, la scrittura e la lettura.

Circa 78 mila persone sono colpite a autismo in Italia, 270 mila soffrono di disturbi dello spettro autistico. Una malattia complessa, dai sintomi ‘unici’ che impattano sulle capacità del linguaggio e sulle abilità sociali. Complessa ma che consente un’attivazione delle diverse abilità coinvolte. Una delle figure ‘chiave’ nell’ambito del necessario approccio multidisciplinare (composto da neuropsichiatra infantile, psicologo, fisioterapista, terapista della neuropsicomotricità e terapista occupazionale, nutrizionista, logopedista) è proprio il logopedista, fondamentale nell’educazione del bambino a una interazione con il mondo, in grado di stimolare alcune abilità come comunicare, comprendere, parlare, leggere e scrivere, utili nel vivere scolastico e socio-relazionale.
 
In casi più seri è possibile ricorrere alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) che attraverso il linguaggio dei segni, immagini e video, ma anche computer, tablet e device elettronici, aiuta i bambini con importanti difficoltà di linguaggio e comprensione a entrare in relazione a ‘proprio modo’ con gli altri e il mondo che li circonda. Non è un caso che la Giornata Europea della Logopedia 2019 (6 marzo) sia quest’anno proprio dedicata all’autismo. Dal 4 all’8 marzo, la Federazione italiana dei Logopedisti si attiverà come di consueto per i cittadini e tutti coloro che hanno necessità di informazioni e di aiuto. Una disponibilità ‘multicanale’ attraverso il telefono (049.8647936 dalle ore 10 alle ore 12), web (fli.it) e con il profilo e la chat di Facebook (facebook.com/FederazioneLogopedistiItaliani).

“In funzione della complessità della malattia e delle differenti manifestazioni – spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione dei Logopedisti – è importante che al primo sospetto ci si rivolga al pediatra, in grado di osservare con parametri corretti come gioca e comunica il bambino, creando situazioni per capire gli ambiti di maggiori difficoltà, monitorando nel tempo l’evoluzione della potenziale sintomatologia di malattia, oppure inviando a un centro di cura specializzato per avviare un trattamento multidisciplinare che si avvale di più figure professionali: il neuropsichiatra infantile, lo psicologo, il fisioterapista, il terapista della neuropsicomotricità e terapista occupazionale, il nutrizionista, il logopedista”.
 
“Il Logopedista – spiega Sara Isoli, logopedista specialista e consulente presso il Centro Ants-Onlus per l'Autismo di Verona – si ‘prenderà cura’ di intervenire sull’aspetto del linguaggio e della capacità di comunicare del bambino e sulle abilità sociali. Il nostro compito è aiutare il piccolo, a seconda delle sue potenzialità, a comunicare con i suoi amici per capire cosa vogliono e come farsi capire da loro, a riconoscere e usare correttamente i gesti, a comprendere le espressioni del viso degli altri e usare il proprio volto per esprimersi, a rispondere alle domande e farle, a chiedere aiuto, a rispettare i turni di una conversazione. Mentre per quanto riguarda abilità più scolastiche, favoriremo lo sviluppo/potenziamento della lettura e scrittura, guardando i libri, raccontando storie, scrivendo lettere, parole e frasi”.
 
“È importante – aggiunge Raffaella Citro, vicepresidente logopedisti europei (Cplol) – che anche il genitore sia coinvolto nelle sedute ‘terapeutico-educazionali’, soprattutto se l’area della comunicazione è particolarmente compromessa, affinché possa imparare i modi migliori per comunicare ed essere compreso dal proprio bambino e per stimolare la sua iniziativa comunicativa”.
 
“In casi particolarmente complessi o gravi – conclud Isoli – potrà essere necessario ricorrere alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), ovvero a tecniche che attraverso il linguaggio dei segni, immagini, foto, oggetti o video, ma anche parole scritte, computer, tablet o altri dispositivi elettronici aiutano i bambini con importanti difficoltà di parola a comunicare con il mondo. È fondamentale però che la CAA, in questi casi particolari, non venga usata solo nelle sedute di riabilitazione ma anche a casa, a scuola e in ogni altro contesto quotidiano del bambino”. 

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