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Lunedì 25 MARZO 2019
Filosofia, etica, pedagogia: tre parole per il medico del futuro

In merito agli Stati Generali della professione medica si è aperto un ampio dibattito in cui si fa appello a ontologia e a valori. È importante rimarcare l’attualità di questi concetti nell’epoca della medicina tecnologica centrata sul “fare” per la malattia e per la salute e non sul “pensare” per la malattia e per la professione. È il segno che la medicina, ancor più nell’epoca della tecnica, non può stare senza una riflessione filosofica ed etica.

Scrive Antonio Panti: “viene al pettine il nodo principale della questione medica. La medicina è una scienza fondata su valori immutabili e sulla definizione di ontologie nomotetiche di cui garantisce il progresso sul piano conoscitivo e clinico oppure è una costruzione sociale che varia a seconda di come la società definisce salute e malattia e di come la tecnologia costringe a modificare i confini antropologici della cura?”[1]
 
La domanda fondamentale che pone Panti è raccolta da zz in un successivo contributo che richiama l’ontologia della medicina e un dovere morale del medico di fronte a questioni antropologiche, in particolare quelle del dolore e della sofferenza, del fine vita e della dignità della persona arrivata al suo termine, che travalicano le scienze della natura per toccare le scienze dell’uomo e di fronte alle quali le risposte sono ancora aperte[2]. Su questi presupposti Pierantonio Muzzetto chiede se è cambiata solo la medicina o se anche il medico sta “mutando pelle”[3]?
 
Entriamo in tema. Ontologia è una parola dei filosofi che indica “ciò che è”, ossia la natura vera del reale, qualcosa di fondativo e immutabile che cogliamo dietro ogni fatto e di cui quel fatto non è altro che il caso particolare dotato di una apparenza estemporanea, variegata e mutevole e che chiamiamo essenza, esattamente come dietro a Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che sono singoli uomini differenti l’uno dall’altro sotto tanti aspetti, esiste un’unica umanità.
 
Si può anche pensare che esistano delle essenze riferite non ad oggetti fisici, ma ad oggetti sociali quali la Scuola, l’Esercito, l’Atalanta, la Società Italiana di Pedagogia Medica (SIPeM) nonché la Medicina e la Sanità. Si può però pensare che la scuola, l’esercito, l’atalanta, la medicina, la sanità non abbiano diritto ad avere il nome scritto in maiuscolo ma, più modestamente, non siano altro che nomi comuni, che vanno scritti in minuscolo, utili per indicare un collettivo che esiste sociologicamente e giuridicamente, ma che rappresenta solo un insieme di persone unite da una intenzione in comune e qualificabili volta a volta come insegnanti e alunni, soldati, giocatori e tifosi di un partito sportivo, esercenti la professione di medico…
 
Si può pensare che se non ci fossero soldati non esisterebbe l’esercito e, infatti, senza coscritti non c’è esercito di leva, così come se non ci fossero giocatori e tifoserie non esisterebbero i club calcistici e senza cultori appassionati non esisterebbe la Società Italiana di Pedagogia Medica.
 
Queste considerazioni valgono anche per la medicina e la sanità che esistono negli uomini e nelle donne che danno corpo all’istituzione.
 
Passiamo all’altra questione. Si rimarca che “la medicina possiede una sua ontologia di valori”[4]. Va bene dire che la Medicina sia un valore e sia depositaria di valori; però va chiesto quali siano i rapporti tra scienza medica e valori e, a seguire, se vi sia un’etica della medicina (scritta in minuscolo) o un’etica per le persone che esercitano la professione di medico?
 
Come ogni scienza, la Medicina è neutrale cioè non pone problemi di valore di fronte ai fatti, anche se, in realtà, questi vanno interpretati entro un orizzonte di conoscenze e di valori. Succede, poi, che gli uomini e le donne che praticano la medicina, esistono e la praticano in un mondo di valori, cioè in un articolato sistema di valori sociali.
 
Per parlare di valori non è sufficiente dire che con questo termine ci si riferisce a qualcosa di pregiato nel mondo materiale e a qualcosa da perseguire nel mondo morale. In medicina i valori sono di varia natura e la medicina, quando praticata, tocca ogni volta molti valori. I valori sono epistemici, riguardano la conoscenza stessa che, già di per sé, è un valore; sono deontologici e giuridici, riguardano le appropriate relazioni tra medici e tra medici e società civile; sono etico-morali, riguardano le buone azioni; sono culturali, riguardano tradizioni e riti di un gruppo sociale; sono spirituali, riguardano la verità trascendentale della vita delle persone; sono economici, riguardano beni e finanze personali e pubbliche. Insomma, non si può fare il dottore in un modo privo di valori.
 
Con tutti questi valori così diversi tra loro, e con le conseguenze pratiche che discendono da questi valori, si confrontano quotidianamente gli uomini e le donne che fanno i medici.
Rispetto a tanti valori è, poi, da capire se si danno valori perenni e trans-storici o se i valori sono il frutto evoluzionistico di anni di cultura intesa come civiltà.
I valori, come non bastasse, possono essere gerarchizzati diversamente in luoghi ed epoche diverse. Al mutar delle epoche mutano i costumi, cioè mutano le sensibilità e lo “spirito dei tempi”, e al mutar dei costumi mutano le attribuzioni valoriali alle varie scelte che guidano i comportamenti e che li rendono socialmente preferibili o sanzionabili.
 
Per complicare, in una società “liquida” come l’attuale, i valori non sono più ancorati a un orizzonte di senso condiviso che omogeneizza i comportamenti di tutti e stabilisce regole uguali per tutti. Il soggettivismo che sta dietro all’autonomia e all’autodeterminazione, riconosciute come nuovi valori dal comune sentire e recepiti e tutelati come tali dal codice deontologico e dalla legge, prevede e prescrive scelte individuali virtualmente non sindacabili e fondate su criteri personali che identificano, per ognuno, quel che è il bene per sé. Così, in un mondo diventato plurale si confrontano e si oppongono tanti diverse preferenze per valori soggettivi che hanno la caratteristica di essere sempre meno assoluti ma gradati con scale di giudizio altrettanto soggettive e contestuali. Ci si apre al situazionismo e al caso per caso!
 
In ultimo, si assiste ad una deriva linguistica: lo scorrere delle idee e le contaminazioni culturali lasciano inalterate le parole ma ne cambiano i contenuti concettuali. Quando attori morali diversi perché formatisi su riferimenti culturali diversi, usano le stesse parole per significati diversi, succede che il linguaggio, nonostante vocaboli condivisi, amplia i fraintendimenti reciproci.
 
Ecco perché è difficile decidere in medicina, specie se confrontati su scelte che chiamano in causa i valori. Per superare alcune di queste difficoltà e muoversi con una sicurezza autoritatevole nelle decisioni che riguardano salute e malattia, si potrebbe essere tentati ad una scorciatoia. Poiché ciò che ha unito il mondo e lo ha reso globale è la scienza, si potrebbe essere tentati di usare la conoscenza scientifica come leva delle decisioni medico-sanitarie che, ancor più se applicate su scala di popolazione, diventano decisioni politiche.
 
Soccorre però la logica che insegna che non è possibile far derivare da conoscenze scientifiche una prescrizione valoriale. Ciò significa che la scienza non ha il potere di imporre le proprie visioni nelle scelte etico-valoriali e politiche delle persone, anche se, nella visione scientistica del mondo o in quel “feticismo che conferisce un valore assoluto alla tecnoscienza” come lo ha chiamato Luigi Vero Tarca su questo giornale[5], questa scelta sarebbe auspicabile per quello che si ritiene l’interesse collettivo. Accogliamo, però, in positivo questa limitazione che demanda la decisione di cura alla libertà di coscienza in quanto uomini e alla guida del metodo in quanto uomini di scienza.
 
Queste sono alcune difficoltà che il medico incontra e che trasmette agli studenti di oggi, medici di domani, insieme alle vie per risolverle che sono la guida del metodo e la libertà di coscienza ma che chiedono dedizione e assunzione di responsabilità. Sono entrambe questioni di formazione. E di uomini e donne che danno corpo alla pedagogia medica, disciplina che ha come orizzonte il futuro delle persone nella loro maturazione scientifica e deontologica, metodologica e valoriale.
 
Giacomo Delvecchio
ATS Bergamo, socio della Società Italiana di Pedagogia Medica e membro della Fondazione Pietro Paci
 

[1] Panti A., Stati Generali della professione medica.Due condizioni per il loro successo,quotidianosanita.it 18 febbraio 2019

[2] Benato M., Il medico e il fine vita. La questione resta aperta, quotidianosanita.it 22 febbraio 2019

[3] Muzzetto P., E’ cambiata solo la medicina o anche il medico sta “cambiando pelle”?, quotidianosanita.it 5 marzo 2019

[4] Panti A., La colpa medica andrebbe cancellata dal codice penale, quotidianosanita.it 6 marzo 2019

[5] Vero Tarca L., Il concetto di “positivo” e “negativo” in medicina, quotidianosanita.it 11 marzo 2019

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