quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 05 APRILE 2019
L’Aquila a dieci anni dal terremoto. Cosa è cambiato per la sanità della città martoriata dal sisma: dall’Ospedale San Salvatore, agli studi dei medici e le farmacie

Il San Salvatore è tornato a lavorare a pieno ritmo diventando nuovamente un polo di attrazione per i pazienti extra regione. Ma la mensa continua a rimanere nei vecchi container e la struttura prefabbricata del G8 campeggia ancora nell’area ospedaliera. L'assistenza territoriale mostra invece ancora profondi segni di sofferenza: non è stata ancora raggiunta una percentuale di ricostruzione accettabile. Quasi tutte le farmacie sono tornate ad avere sede propria. Ma la situazione resta psicologicamente difficile

Sono passati 10 anni dalla notte del 6 aprile 2009 che ha cancellato il cuore de L’Aquila dalla mappa dell’Abruzzo. Nel corso di questo decennio Quotidiano Sanità non ha mai dimenticato e ha cercato di capire come stessero le cose sul fronte dell’assistenza sanitaria per evidenziare carenze e testimoniare passi in avanti.
 
La prima volta siamo andati nel capoluogo abruzzese dopo 15 mesi da quel fatidico giorno di aprile, verificando di persona quali fossero le ferite riportate dall’ospedale San Salvatore, uno dei simboli negativi della tragedia, specchio del malaffare negli appalti. Inaugurato nel 2000, dopo ben 28 anni dalla posa della prima pietra e tanti soldi spesi, il terremoto mise a nudo le molte, moltissime dolose negligenze: il cemento con cui era stato realizzato era “disarmato”. Una falla che fece letteralmente crollare gran parte della struttura. L’ospedale, nel luglio del 2010, aveva riaperto i battenti cercando, grazie allo sforzo immenso di medici e operatori sanitari, di dare assistenza nonostante i gravi disagi causati dal crollo. Ma non ci siamo fermati al San Salvatore, abbiamo anche ascoltato la voce dei medici di medicina generale, degli specialisti ambulatoriali aquilani e dei farmacisti che avevano assistito allo smembramento violento del loro territorio: i primi continuavano a lavorare in sedi vacanti, mentre le farmacie restavano nei container. Il loro destino agganciato a quello del recupero del “centro storico”.
 
Siamo tornati a parlare de L’Aquila a due e poi ancora a sei anni dal sisma. Nel 2011 la situazione era migliorata, ma il ritorno alla normalità appariva ancora lontano. L’ospedale cittadino funzionava al 70% delle sue potenzialità, le farmacie del centro erano ancora confinate nei container e le strutture territoriali erano ancora quelle provvisorie messe su all’indomani del terremoto. Lo scenario era cambiato poco anche nel 2015. Il completamento dell’ospedale San Salvatore segnava ancora il passo e il delta chirurgico che avrebbe dovuto aprire i battenti da un anno e mezzo aspettava di essere inaugurato. Soprattutto, la struttura prefabbricata realizzata in occasione del G8 e “prestata” all’ospedale continuava ad ospitare i pazienti.
 
E ora, a distanza di dieci anni cosa è cambiato? Il San Salvatore è tornato a lavorare a pieno ritmo diventando nuovamente un polo di attrazione per i pazienti extra regione. Tutti i reparti sono operativi e quelli di area medica stanno per tornare nella loro sede originaria prima del sisma. Ma nonostante le operazioni di “maquillage” non tutte le ferite si riescono a nascondere: e così, il locale mensa continua ad essere ospitato nei vecchi container e la struttura prefabbricata del G8 rimane ancora lì, vuota e in attesa di essere smantellata.
 
“L’ospedale ha recuperato completamente tutte le sue attività, soprattutto grazie allo spirito di abnegazione di medici e operatori sanitari che pervicacemente hanno lavorato e consentito la riapertura di tutti i reparti – ha spiegato Alessandro Grimaldi, Segretario regionale Anaao Assomed Abruzzo e Direttore dell Uoc di malattie infettive all’Ospedale San Salvatore – attualmente sono attivi circa 420 posti letto e abbiamo anche recuperato la mobilità attiva persa negli anni immeditatamente successivi al terremoto. Ora, i reparti di area medica dovrebbero essere spostati nell’area originaria abbandonata dopo i crolli, quindi dal Delta 6 stanno per tornare al vecchio Delta medico. Unico neo rimane il locale mensa, collocato ancora nei vecchi container”.
 
Il programma era di costruire un’ala nuova, ha aggiunto Grimaldi, ma ora l’idea è quella di pensare a un nuovo ospedale antisismico più piccolo e anche più economico. “Il San Salvatore è infatti un ospedale esteso strutturato su due piani, cosa che ha permesso di salvarci la vita, e con costi di gestione altissimi: si spendono dai 13 ai 15 mln di euro ogni anno. Ecco perché – ha concluso – L’Aquila avrebbe bisogno di un ospedale più funzionale. Certo ci sono voluti 10 anni per arrivare a capirlo. Erano anche stati promessi 40 mln di euro per partire. Ma chissà che fine hanno fatto”.
 
Il territorio, invece, continua a leccarsi le ferite. La macchina si è sicuramente rimessa messa in moto, ma non è stata ancora raggiunta una percentuale di ricostruzione accettabile. Mancano le strutture private e pubbliche nel Centro storico cittadino, indispensabili per consentire la ripopolazione della “zona rossa”, cuore pulsante della città spazzato via in soli 23 secondi. Ma anche nelle periferie la fatica è tanta e in alcuni paesi del cratere la ricostruzione è ancora più lenta.
 
A descriverne gli sforzi è Domenico Barbati, Medico di medicina generale della Fimmg e Presidente nazionale dell’Associazione medici di famiglia volontari per le emergenze, una delle 45 associazioni che fanno parte della consulta del volontariato della protezione civile nazionale.
 
“La ricostruzione del territorio è ripartita, ma non in maniera accettabile – ha raccontato –  la stragrande maggioranza degli studi dei medici di famiglia un tempo dislocati nel Centro, ricordo che quella notte del 6 aprila circa 50 Mmg rimasero senza ambulatorio, sono ora nella periferia de L’Aquila. Grazie al lavoro di molti medici in aggregazione abbiamo potuto ricostruire il tessuto della medicina di famiglia: abbiamo lavorato inizialmente nelle tendopoli della città, poi siamo passati nei moduli provvisori, negli schelter, per quattro cinque anni e quando sono stati costruiti i nuovi insediamenti, i Mmg si sono spostati in ambulatori, ma sempre decentrati. ma fino a quando i medici di famiglia non si reinsedieranno nel centro storico sarà difficile pensare di far ripartire la città”.

Ma dal dramma del terremoto, ha aggiunto Barbati è scaturito anche qualcosa di positivo: L’Aquila ha rappresentato un nuovo modo di considerare i Mmg, entrati ora a pieno titolo nella protezione civile. “Il terremoto de L’aquila è stato uno spartiacque – ha aggiunto – prima non c’era una vera organizzazione post urgenza dedicata al ripristino dell’assistenza alla popolazione. Da allora sono nati i Posti di assistenza socio sanitaria (Pass), strutture poliambulatori con assistenza medica, pediatrica, infermieristica, psicologica e sociale”. E ancora, dovrebbe partire a breve un progetto finanziato dopo terremoto dell’Emilia Romagna e dalla regione Abruzzo che prevedeva la costruzione della nuova centrale 118, con nuovo eliporto parcheggio e una sala congressi.
 
Ha fatto passi in avanti la specialistica ambulatoriale, anche se si segnalano ritardi nella nascita del poliambulatorio distrettuale della città. “In questi anni c’è stato un grande un grande impegno da parte di tutti i Colleghi nel portare avanti l’attività specialistica pur nelle difficoltà legate all’evento sismico – ha detto Giuliana Troiani Segretario provinciale Sumai L’Aquila – la nostra Azienda si è attivata nel reperire strutture idonee allo svolgimento delle attività mediche e ad oggi sono funzionanti gli ambulatori periferici distrettuali. Bisogna inoltre evidenziare l’impegno dei vertici aziendali nell’attivazione dei nuovi modelli organizzativi territoriali delle cure primarie (Aft) in un momento di difficile ripresa delle attività mediche sul territorio. Purtroppo tarda a rinascere il poliambulatorio distrettuale della città di L’Aquila, tanto caro non solo a noi specialisti ma a tutti i medici convenzionati Mmg e Pls ed ai cittadini aquilani. L’augurio ora è che questo polo di fondamentale importanza per il cittadino malato possa rinascere al più presto”.

Parla di “situazione psicologicamente ancora molto difficile” Angela Pellacchi, presidente dell’Ordine dei Farmacisti de L’Aquila. “La vita è ripresa, ma non è più la stessa. Non solo il terremoto ha aperto una ferita che non si è ancora rimarginata, ma ha causato l’abbandono della città. Tra i morti e chi se ne è andato, L’Aquila si è svuotata.  È cambiato tutto e lo vedi anche nelle persone che incontri: sono spaesate, disorientate. C’è un velo di tristezza che non li abbandona mai”. Un sentimento che non risparmia i farmacisti. “Anche se – ha evidenziato Pellacchi – come professionisti non ci siamo mai fermati. Grazie all’aiuto ricevuto dai farmacisti di tutta Italia e dai grossisti, siamo stati in grado fin da subito di garantire la continuità del servizio. Oggi tutte le farmacie hanno ripreso la propria attività, anche se molte sono dislocate in posizioni diverse da dove si trovavano prima del sisma. Alcuni colleghi operano ancora nei container, la sede di una farmacia è ancora in un camper, ma la maggior parte è tornata in strutture fisse”.
 
Una particolare situazione di criticità, per quanto riguarda le farmacie, permane a Campotosto, piccolo centro abitato di 500 abitanti a 1400 metri di altitudine, dove “da due anni combattiamo con la burocrazia per attivare una struttura realizzata grazie ai fondi raccolti con la generosità di tutti i farmacisti. La collega continua a garantire il servizio in un camper, a lei va il nostro più profondo ringraziamento, perché sta svolgendo la sua missione di farmacista in condizioni davvero estreme”.
 
“La tragedia dell’Aquila – ricorda il presidente della Fofi, Andrea Mandelli – ha scavato un segno profondo in tutti noi: per l’entità della catastrofe ma anche per le splendide dimostrazioni di solidarietà che sono giunte da tutto il paese. Quando, a pochi giorni dal sisma, mi sono recato all’Aquila ho visto le devastazioni arrecate dal terremoto, ma anche l’azione instancabile della Protezione Civile, la risolutezza di una popolazione che, malgrado la ferita inferta alla sua terra, non aveva perso né la capacità di reagire né la speranza. Fu anche la prima occasione in cui entrarono in azione i Farmacisti volontari. Infatti, a poche ore dal sisma, nel campo allestito a Tempera, era già presente il camper farmacia dei volontari di Cuneo, guidati dall’allora presidente dell’Ordine della Provincia e membro del Comitato centrale della Fofi, Ernesto Cornaglia. Una prima importante struttura affiancata poco dopo dal container farmacia allestito dalla Federazione, che ha sopperito alle funzioni della farmacia dell’Ospedale dell’Aquila divenuta inagibile”.

“Voglio ricordare – prosegue Mandelli – l’opera a tutto tondo che i ‘nostri’ hanno svolto in Abruzzo, perché consentì di mettere a punto uno schema di intervento che si è rivelato efficace ed efficiente anche in occasione delle altre calamità che purtroppo hanno colpito il nostro paese, fino al recente terremoto nel Centro-Italia. Si è dunque manifestato, ed è cresciuto sul campo, un patrimonio di competenze e capacità non indifferente e, sempre sul campo, si sono creati vincoli umani e professionali che il tempo non potrà̀ intaccare. La Federazione aveva il dovere di valorizzare questo patrimonio, e di dare continuità̀ e un’organizzazione su scala nazionale all’attività̀ dei colleghi impegnati nella Protezione Civile”.

“Ed è per questo – conclude il Presidente della Fofi – che, sempre nel 2009, è stata fondata l’Associazione nnazionale farmacisti volontari per la Protezione Civile, che oggi è un fiore all’occhiello del volontariato sotto la guida della presidente Enrica Bianchi. Ringrazio, dunque, quei primi volontari, così come i colleghi farmacisti dell’Aquila e di tutto l’Abruzzo, a cominciare dalla presidente dell’Ordine aquilano Angela Pellacchi, che si sono adoperati in tutti i modi per poter continuare ad assistere i ‘loro’ cittadini. Hanno dato, un momento così buio, una luminosa testimonianza dello spirito della nostra professione”.

Ester Maragò e Lucia Conti

© RIPRODUZIONE RISERVATA