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Martedì 23 APRILE 2019
Dat, eppur si muovono...



Gentile Direttore,
vorrei rispondere ad alcune delle affermazioni contenute nella lettera a firma Marco Alfredo Arcidiacono dal titolo “Dat, fatta la legge ma in ospedale non se ne è accorto nessuno” e che riguardano la legge 219 del 2017 di cui sono stata relatrice alla Camera, tralasciando i giudizi squisitamente politici, ognuno infatti è libero di avere le proprie opinioni e ne ho il massimo rispetto.
 
La legge 219 si intitola “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ed è il consenso del paziente come regolato dall’articolo 1 il pilastro portante di tutta la legge.influenzando anche la norma sulle Dat. L’articolo 1 chiarisce e attua l’articolo 32 della Costituzione, e dice, nella sostanza, che il medico e il professionista sanitario non curano una patologia, ma una persona affetta da una patologia.
 
Persona che ha un proprio carattere, i propri convincimenti, la propria religione che può non coincidere con quella del curante, una personale esperienza di vita, una personale capacità di sopportare il dolore, una personale visione di cosa sia dignitoso o non dignitoso. Nel novanta per cento dei casi il malato si affida ai medici e a chi lo ha in cura e in questi casi la costruzione del consenso è un percorso di informazione e di comunicazione che fa pienamente parte del processo di cura, e può essere di grande aiuto al paziente, e ai familiari, nell’affrontare la malattia, inoltre una buona relazione di cura diminuisce significativamente il conflitto e il ricorso alla magistratura.

A volte però i convincimenti del paziente lo portano a rifiutare la proposta terapeutica. Le ragioni possono essere le più diverse: dall’adesione ad una religione alla sfiducia verso la medicina ufficiale, dall’età avanzata o dalla peculiare modalità di come affrontare la malattia o altre ragioni ancora. In questi casi la legge dice che, fatti tutti i tentativi per fare cambiare idea, la volontà del paziente prevale, il medico deve astenersi dal proseguire, può se non se la sente in base all’articolo 22 del codice deontologico, farsi sostituire. (commi 5 e 6 dell’articolo 1).

Le Dat sono lo strumento giuridico offerto a coloro che, tanti o pochi che siano, vogliono che la propria visione del mondo prevalga anche nel caso in cui non siano più in grado di esprimere la propria volontà.

Scrive Arcidiacono” il legislatore, riguardo al Dat, non ha chiarito se alimentazione e idratazione devono o possono essere inserite nelle Dat.”. Non è esatto. Al comma 5 dell’articolo 1 si dice: “ Ai fini della presente legge sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale in quanto somministrazione su prescrizione medica di nutrienti mediante dispositivi medici” e all’articolo 4 “ogni persona maggiorenne...può attraverso le Dat, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari..”
 
Quindi nelle Dat può essere scritto che si rinuncia alla nutrizione artificiale, come può essere scritto che non si vuole essere rianimati o si rifiuta la trasfusione di sangue. Tutte situazioni nelle quali ricordo, la decisione non è automatica ma assunta insieme al fiduciario che a tutti gli effetti fa le veci del paziente e in caso di disaccordo tra medici e fiduciario la legge prevede il ricorso di urgenza al giudice tutelare. Comprendo che le situazioni sono dolorose, tutte diverse tra di loro, e pongono delicati problemi etici, quello che la legge fa è ribadire che le decisioni su se stessi e la propria salute sono in primo luogo responsabilità di ognuno di noi.

Arcidiacono poi fa riferimento alla cartella clinica e al fascicolo sanitario elettronico e si chiede chi se ne deve occupare dentro la struttura. La legge al comma 7 dell’articolo 4, assegna a alle regioni la possibilità di creare appositi sistemi informatici almeno fino alla nascita del registro nazionale, ( dati i precedenti registri come per esempio i trapianti non sono molto ottimista su tempi celeri per un registro nazionale) e ovviamente, come da loro competenza, tutte le decisioni organizzative.
 
Non si tratta infatti solo di creare un registro informatico ma anche di sostenere i processi formativi e organizzativi dentro le aziende. Facile ora scaricare al legislatore nazionale l’obbligo di organizzare l’applicazione concreta della norma quando veniamo da anni di perenne conflitto sulle competenze regionali/nazionali! Invece di invocare circolari le regioni hanno la possibilità, per espressa previsione di legge di organizzare i servizi anche in questo campo.Arcidiacono solleva infatti un problema vero ed è quello dell’ignavia delle regioni a fronte di un possibile e auspicabile loro intervento nel momento in cui per altro invocano maggiori poteri.

Sia che decidano di provvedere a un proprio registro magari prevedendo la presentazione delle Dat presso sportelli dell’ausl, possibilità prevista dalla legge, sia che decidano di aspettare un futuro registro nazionale organizzazione informazione e formazione del personale sono competenze regionali e molto si può fare per aiutare l’attuazione della legge.

Ricordo inoltre che il fascicolo sanitario elettronico è uno strumento nelle mani del cittadino paziente che già ora potrebbe, a mero scopo informativo, inserire le proprie Dat e dare la possibilità al fiduciario di accedere al fascicolo (ricordo che la legge prevede espressamente che il fiduciario abbia copia delle Dat).

Diverso il caso della pianificazione anticipata delle cure prevista all’articolo 5 , si tratta infatti di un atto che per propria natura essendo inserito in un percorso di cura già delineato deve essere inserita in cartella come allegato.
 
A chi tocca informare sulla nuova legge? Dice il comma 9 dell’articolo 1 “ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi della presente legge assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale“.
 
Arcidiacono lamenta la inapplicazione nella propria struttura ospedaliera, per fortuna invece sono stata testimone in questo anno appena trascorso di quante attività formative siano state messe in campo e proprio recentemente nel convegno annuale del Fadoi e di A.N.I.M.O ho avuto occasione di ascoltare le testimonianze di chi comincia ad applicare la legge e vede quanto questo stia cambiando anche il modo di lavorare.

Quindi per fortuna in molti ospedali della 219/2017 se ne sono accorti e ne parlerò il 18 maggio in provincia di Parma a Borgo Val di Taro dove spero di poter interloquire con Arcidiacono per meglio rispondere alle sue osservazioni.

Donata Lenzi
Già relatrice legge 218/2017

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