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Mercoledì 24 APRILE 2019
Veneto. Psichiatria. La Sip contro l’introduzione del Pronto Soccorso ad accesso diretto nei reparti

Per la sezione Veneta della Società Italiana di Psichiatria la decisione della Regione comporterà “enormi problemi operativi”, esporrà a “errori diagnostici” e risulta anche “discriminatoria” nei confronti di chi soffre di un disturbo mentale. La Sip punta il dito anche contro la riduzione di posti letto pubblici nelle nuove schede ospedaliere: “Da 511 a 458, accorpando i reparti di degenza e mettendo in difficoltà pazienti e famiglie. Nessuna riduzione invece nelle 5 case di cura private convenzionate. Si penalizza solo la sanità pubblica”.

“Non solo vi saranno enormi problemi operativi da risolvere senza alcuna indicazione e con meno risorse, ma anche maggiori rischi clinici e riduzione delle garanzie di tutela della salute del paziente, un preoccupante passo indietro anche culturale rispetto alle buone pratiche cliniche, un aumento della discriminazione sociale delle persone con disturbi mentali. Soprattutto non vi sarà alcun vantaggio in termini di sicurezza e di protezione da possibili atti di violenza (tema non reale ma, a ben guardare, nascosto tra le righe della proposta) e di servizio al paziente. Tutto questo senza distinguere quale sia il problema alla base di comportamenti disturbati, dal momento che molti degli accessi al PS per questo motivo hanno poco o nulla a che vedere con i disturbi mentali, essendo per lo più determinati da stati di intossicazione da sostanze stupefacenti o da alcool”.
 
Sono questi i punti chiave con cui la sezione veneta della Società Italiana di Psichiatria – con l’appoggio della Società nazionale SIP – contesta il DGR n.22/CR del 13.3.2019 riguardante la revisione delle schede di dotazione ospedaliera con il quale la Giunta Regionale del Veneto ha proposto l’istituzione del cosiddetto "Pronto Soccorso ad accesso diretto" presso i reparti di psichiatria.

Una contestazione tecnica ed etica che punta a bloccare sul nascere un provvedimento ritenuto “pericoloso e discriminatorio” nei confronti di chi soffre di un disturbo mentale, e che, a parere della Sip, “mira oltretutto a ridurre i posti letto pubblici (di oltre il 10%, da 511 a 458), accorpando i reparti di degenza e mettendo in difficoltà pazienti e famiglie. Nessuna riduzione invece nelle 5 case di cura private convenzionate (369). Insomma, si penalizza solo la sanità pubblica”.

Secondo i dati presentati dalla Sip Veneto, i Dipartimenti di Salute Mentale del Veneto garantiscono 15 mila consulenze all’anno presso i Pronto Soccorso, “solo lo 0,26% sul volume totale delle 5,5 milioni di prestazioni erogate annualmente dai Pronto Soccorso veneti (dati – gli ultimi disponibili – del Servizio Epidemiologico Regionale, 2013). Un sistema che ha permesso fino ad oggi un’ottimale gestione sia dell’emergenza che dei circa 9500 ricoveri annui, molti gestiti direttamente dai Centri di Salute Mentale. Fra questi anche la maggioranza dei 403 Trattamenti Sanitari Obbligatori. Dato, quest’ultimo, che parametrato alla popolazione residente è tra i più bassi a livello nazionale (Sistema Informativo Salute Mentale, 2015). Con l’assetto attuale tutti i pazienti ricevono supporto sanitario e giungono al ricovero, quando necessario, dopo adeguata valutazione di tutte le loro necessità assistenziali”.  
 
“Indipendentemente da cosa la Regione intenda quando parla di introduzione di un ‘Pronto Soccorso Psichiatrico ad accesso diretto’ – spiega Lodovico Cappellari, presidente della Sezione Veneta della Società Italiana di Psichiatria (Psi.Ve) e già Direttore del Dipartimento di Salute Mentale ex ULSS 15 Alta Padovana – questa misura finirebbe per introdurre numerosi rischi sul piano clinico per i pazienti, andrebbe a minare le garanzie di tutela della salute e contribuirebbe ad aumentare lo stigma delle persone con disturbi mentali. Insomma finirebbe con il peggiorare la situazione attuale”.
 
Innanzitutto si rischierebbe di compiere errori diagnostici. “Molte emergenze di tipo internistico (disturbi cardiovascolari, embolie, scompensi metabolici, infezioni del SNC, intossicazioni da sostanze esogene, etc.) – dichiarano gli psichiatri veneti – presentano, infatti, quadri di agitazione psicomotoria o di confusione che si prestano ad essere facilmente (ed erroneamente) confusi con un disturbo psichiatrico. È pertanto assai pericoloso che nei casi di agitazione/aggressività non venga effettuata una preliminare valutazione delle condizioni generali di salute del paziente e un attento inquadramento diagnostico volto ad escludere tutte le possibili cause organiche sottostanti. Deve insomma avvenire esattamente il contrario di quanto paventato dal DGR n. 22/CR”.

Inoltre, molte persone con problemi reali di salute mentale si rivolgono al Pronto Soccorso per disturbi di natura somatica. “Tali disturbi, però – continuano gli psichiatri della Psi.Ve – molte, troppe, volte vengono sbrigativamente ed erroneamente ricondotti al problema psichiatrico di fondo, con il rischio di trascurare gravi problemi organici che, se non individuati o sottovalutati, possono mettere a serio repentaglio la salute e la vita stessa del paziente. Inoltre, le persone con problemi psichiatrici presentano livelli complessivi di salute fisica peggiori della popolazione generale, a causa - tra l’altro - di un difficoltoso accesso alle cure. Anche in questo caro il DGR otterrebbe l’effetto contrario rispetto a quanto propone”.

Infine, la Sip Veneto fa notale come “non risulta che modalità di gestione delle emergenze psichiatriche ‘ad accesso diretto’ siano state adottate da altre Regioni italiane: laddove provvedimenti di tal genere sono stati proposti, questi non hanno mai trovato applicazione per ferma e motivata opposizione dei tecnici, sulla base del presupposto che per la psichiatria lavorare in stretta integrazione con il Pronto Soccorso e le altre discipline sanitarie che su questo convergono, rappresenta un prerequisito essenziale per poter operare su un'urgenza operativamente complessa e con molte sfaccettature”.
 
L'accesso al Pronto Soccorso, evidenzia la Sip Veneto, “rappresenta un diritto di ogni cittadino, indipendentemente dal problema si salute per il quale riceve assistenza. A partite dalla istituzione del SSN questo diritto è detenuto a pieno titolo anche dalle persone con problemi di salute mentale”. “L'istituzione di un percorso separato, quindi – sostiene il presidente della Psi.Ve – rappresenterebbe un notevole passo indietro rispetto alla salvaguardia dei diritti di inclusione dovuto a tutti i cittadini”.
 
“Il secondo problema, gravissimo – denuncia il Direttivo della Psi.Ve – riguarda, contraddicendo peraltro in toto tutta la presunta ‘controriforma’ del pronto soccorso psichiatrico, anche una significativa riduzione dei posti letto in psichiatria e una loro collocazione in ospedali di zona, non coerente con la normativa nazionale (Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70: Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera) in cui è prescritto che i reparti psichiatrici debbono essere ubicati in strutture ospedaliere almeno di 1° livello (cioè ospedali ‘spoke’) e non negli ‘ospedali di base’, dove invece il documento della Giunta Regionale colloca la maggior parte degli SPDC veneti. Per questo chiediamo che il testo della DGR riguardante le schede di dotazione ospedaliera sia emendato alla luce delle considerazioni svolte sopra e che l’ipotizzata introduzione del ‘Pronto Soccorso ad accesso diretto’ presso i reparti di psichiatria venga eliminata nella nuova versione del documento di programmazione regionale”.

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